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Nuova sconfitta per la May, stasera si dovrebbe decidere sull’estensione dell’articolo 50.

Non c’è fine per gli smacchi incamerati dalla May al Parlamento inglese sulla Brexit. Ieri sera alla fine l’emendamento che chiedeva di escludere una Brexit senza accordo in qualunque circostanza è stato effettivamente presentato. Poichè cosi strutturata, la mozione depotenziava completamente l’arma di ricatto della Premier per far approvare il suo accordo (“o votate il mio, o si esce senza accordo”), Theresa ha ordinato ai Conservatori di bocciarlo. Ma invece la mozione è stata approvata, grazie al supporto dei Conservatori ribelli, e ad astensioni degli stessi ministri del suo Governo.
Dimissioni della May quindi? Macchè.
La mossa successiva della Premier è stata di far mettere al voto, oggi, una mozione che chiede al Parlamento di mettere nuovamente al voto un accordo entro il 20 Marzo (in tempo per il Summit EU del 21/22). Se questo viene approvato, il Governo chiederà all’EU un estensione fino al 30 di Giugno, per metterlo in pratica. Viceversa, l’estensione richiesta sarà assai lunga, per permettere l’elaborazione di un nuovo accordo, oppure elezioni anticipate o un referendum. Il ricatto ai Conservatori euroscettici è evidente. O votate il mio piano, oppure mettetevi comodi, perchè il rinvio sarà lungo, col rischio di uscire con un accordo ancora più morbido, oppure non uscire affatto.
Difficile dire, dopo tanti ricatti falliti, se quest’ultimo può riuscire. In più, c’è il problema di cosa fare se anche questa mozione governativa viene bocciata. In teoria, il Governo è costretto a chiedere un estensione. Ma gli emendamenti non sono legalmente vincolanti, anche se il Governo non può ignorarli.
A complicare ulteriormente le cose, ci sono i nuovi emendamenti approvati per il voto di stasera:
** Wollaston : richiede un estensione per indire un secondo referendum. Nota che ne è stato rigettato uno che vietava un nuovo referendum, il che ha irritato gli euroscettici
** Benn : la seduta parlamentare di mercoledi 20 va dedicata a dibattere la possibilità di assegnare al Parlamento il potere di ricercare alternative tramite una serie di voti
** Labour : Estensione, ma per ricercare un altro tipo di accordo.
** Bryant : Divieto, per il Governo, di mettere nuovamente al voto il piano della May.
A naso, ne il nuovo referendum, ne il Labour dovrebbero avere i voti. Il Benn dovrebbe passare e quindi dare al Parlamento il potere, in caso di una nuova bocciatura del piano May. Il Bryant eliminerebbe di scena il deal della May. In teoria non dovrebbe avere i voti, ma visto che il deal è stato già bocciato 2 volte, potrebbe anche passare.
Personalmente, continuo a puntare al rinvio lungo. Ma la situazione resta complicata. E’ però un fatto che le probabilità di una “no deal Brexit” sono ormai minime. Solo un incidente o la volontà del Governo di disattendere la mozione presentata ieri potrebbero causarla.
Naturalmente, la Sterlina si è impennata ieri, superando 1.33 vs $, per poi consolidare un po’ oggi, rincorrendo il caotico newsflow (dimissioni della May in cambio di un approvazione del suo accordo?).

Il sentiment spumeggiante a Wall Street si è un po’ attenuato, nella parte finale della seduta di ieri sera, a causa di nuove dichiarazioni caute da parte di Trump sulla possibilità di un accordo con la Cina. Il Presidente ha detto che non c’è fretta di chiudere l’accordo e che l’incontro con Xi potrebbe impilcare ulteriori negoziazioni sui punti finali. C’è sempre la possibilità che lui abbandoni il meeting in caso di assenza di accordo.

Queste news hanno favorito nuovamente un clima incerto stamattina in Asia. Anche i dati macro cinesi di Febbraio, pubblicati stanotte, non hanno offerto, a prima vista, una lettura univoca. Le serie sono chiaramente impattate dalla caduta del Capodanno Cinese. Fatto sta che la produzione industriale ha rallentato più delle attese (+5.3% anno su anno da +6.2% e vs stime di +5.6%), mentre le retail sales sono risultate in linea (+8.2% da +9%). Bene gli investimenti fissi (+6.1% YoY da prec 5.9%).
Come noto, io sono piuttosto scettico sull’affidabilità di queste serie, e vi leggo più un messaggio da parte delle Autorità che l’economia si sta stabilizzando, ma resta dipendente da easing fiscale e monetario. Diciamo che a Marzo, con l’eliminazione dell’effetto distorsivo delle festività, dovremmo ottenere risposte più chiare sulla consistenza del rimbalzo congiunturale. Gli indizi per il momento sono positivi. Detto ieri delle dichiarazioni del capo delle dogane, oggi il capo dell’Ufficio Statistico Ning Jizhe ha dichiarato che la produzione di elettricità è salita nei primi giorni di marzo dell’11% anno su anno.
L’azionario locale cinese ha continuato il consolidamento di ieri, ancora zavorrato dalla correzione delle small caps. Meglio le “H” shares, e gli altri indici dell’area, ad eccezione di Tokyo, ancora in marginale calo. E’ interessante notare che le reazioni negative del FTSE 100 a fronte dei recuperi della Sterlina si stanno attenuando. Oggi l’indice UK ha mantenuto progressi in giornata nonostante il cambio abbia girato costantemente sopra i livelli prevalenti ieri. Il fatto è che il premio al rischio sull’azionario inglese è assai elevato, mentre i multipli sono piuttosto bassi. Bloomberg ha notato che il ratio tra il Price/earning del FTSE 100 e quello dello Stoxx 600 è ai minimi da 5 anni.

L’apertura europea ha avuto un andamento simile a quello di ieri, con gli indici che hanno esordito con un marginale calo, per poi prendere rapidamente la via del rialzo, senza altro motivo che l’ottimismo sulla Brexit scaturito dalle news di ieri.
Il tempo di accumulare un discreto progresso, e nuove headlines sul trade sono intervenute a guastare la festa. Il meeting tra Trump e Xi sarebbe rinviato ad aprile “al più presto”, secondo fonti anonime raggiunte da Bloomberg.
Non è che ci sia molto da stupirsi, onestamente. A fine marzo mancano poco più di 2 settimane, ed era già noto che Xi aveva rinviato i piani di viaggio in Florida di fine mese. Il mercato però vi ha letto l’insorgere di ostacoli al raggiungimento di un accordo, e cosi il rally si è rapidamente sgonfiato in Europa.
Personalmente, dubito che queste indiscrezioni cambino di parecchio il quadro, che resta favorevole ad una sorta di tregua/accordo parziale tra le parti nei prossimi mesi. La materia è sempre stata complessa e, trattandosi di una negoziazione, è normale che le parti a tratti cerchino di guadagnare terreno flettendo un po’ i muscoli. Ciò detto, da parte cinese c’è tutto l’interesse a stipulare una tregua, che permetta alle Autorità di concentrarsi sul consolidamento della ripresa, che per il momento è presente solo a livello di indizi. Anche a Trump però fa comodo un accordo. Come si vede dagli ultimi dati sul manifatturiero, e dall’andamento della bilancia commerciale bilaterale, l’economia USA ha cominciato a risentire parecchio delle frizioni (Vedi Lampi del 1 marzo per un grafico dimostrativo del crollo delle importazioni cinesi di beni americani). E un rallentamento macro è l’ultima cosa che serve a Trump, a poco più di un anno e mezzo dalle presidenziali.
Per cui continuo ad attendermi una soluzione positiva, almeno temporanea, anche se il rischio di un intoppo non è trascurabile.
Un ragionamento che deve aver fatto anche il mercato, se è vero che lo storno è stato recuperato in gran parte entro il primo pomeriggio.
Sul fronte macro, assenti report di rilevo in Eurozone, abbiamo avuto un altro dato deludente in US, con le new home sales di gennaio assai sotto attese (-6.9% vs -0.2% stimato) anche se una massiccia revisione al rialzo dei mesi precedenti ha alzato di parecchio la base.
Sta di fatto che Wall Street non ha condiviso il buon tono degli indici europei a metà seduta oscilla attorno alla parità. Questa divergenza può essere una commistione dei seguenti fattori:
** La Brexit riguarda più l’EU che gli USA
** Il tono dei dati, rispetto alle attese, è migliore in Eurozone che in US, come mostrano i rispettivi surprise indexes (Vedi Lampi di ieri)
** La resistenza a 2800-820 di S&P 500 continua ad essere un osso duro.
La chiusura europea vede l’Eurostoxx segnare i massimi dal 5 ottobre scorso, mentre il risk appetite esercita leggere pressioni al rialzo sui tassi tedeschi, e invece il BTP performa assai bene, trainato da un brusco calo dei rendimenti sulla parte breve, i quali, forti delle attese sulla TLTRO, si stanno quasi normalizzando (il 2 anni chiude a 14 bps, anche se il giorno dopo il meeting ECB aveva segnato 0.08%).
A breve, nuove sorprese a Westminster.