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Le prime sedute dell’anno riportano qualche soldo nelle tasche degli investitori.

Al momento, il 2019 è iniziato sui mercati in maniera assai migliore rispetto a come era finito il 2018. La cosa non stupisce più di tanto, visti li livelli di ipervenduto e di sentiment raggiunti da una serie di indicatori (vedi ultimo Lampi del 2018). Durante il periodo festivo, l’assenza dal mercato dei principali operatori ha lasciato gli assets preda degli algoritmi e degli altri short term players, con il risultato che la price action a scavalco d’anno è stata selvaggia. Abbiamo assistito a perdite sequenziali del 2% a Wall Street, intervallate da violenti rimbalzi. Solo recentemente, col ritorno a pieno regime del parterre degli investitori, le oscillazioni si sono un po’ calmate.

Sul fronte macro, non sono mancati i colpi di scena. Le survey sul manifatturiero hanno continuato a deludere più o meno ovunque, con i 2 principali “acuti” nel PMI ufficiale cinese (49.7 da 50.2 e vs attese per 50.2) e nell’ISM manufacturing di dicembre (-5.2 punti a 54.1 e vs attese per 57.5). Il primo è passato sotto la soglia di contrazione per la prima volta da oltre 2 anni, mentre il secondo, pur restando su livelli coerenti con un espansione decente del settore, ha mostrato il peggior crollo dal 2008 . Un altro colpo al sentiment è venuto dal pesante profit warning di Apple, che ha ulteriormente minato la confidence nel ciclo cinese (Cook ha citato distintamente un calo di fatturato in Cina). Anche qui, c’è poco da stupirsi: al di la del deterioramento del quadro macro in Cina, di cui vi sono diverse evidenze, non si vede perchè un cinese debba continuare a preferire Apple, quando il paese è oggetto di un aggressione commerciale da parte degli USA (giustificata o meno che sia), il principale produttore nazionale di smartphone (Huawei) sta subendo a sua volta un attacco su più fronti, e la concorrenza offre prodotti dalle caratteristiche sempre più simili a prezzi più competitivi. Diciamo che Corporate America sta iniziando a subire qualche contraccolpo dalla trade war, e probabilmente altre aziende citeranno i dazi come fattore negativo nelle trimestrali la cui pubblicazione inizia a breve. Non a caso lamentele in questo senso sono comparse tra le dichiarazioni raccolte a latere di entrambi gli ISM.
Per contro, il labour market report USA di dicembre è stato un blockbuster. Nuovi occupati alle stelle (312.000) e salari orari in brusco aumento, mentre la disoccupazione è salita grazie ad un robusto aumento della partecipazione al mercato del lavoro. Non proprio un report “recessionario”, insomma.

A soccorso dei mercati, poi, sono arrivati i banchieri centrali. La PBOC ha annunciato tagli alla riserva obbligatoria per altri 100 basi points, mentre Powell ha approfittato di un panel Con la Yellen e Bernanke ad Atlanta per addolcire significativamente il suo messaggio. Il Presidente ha dichiarato che la Fed è pronta ad adeguare “rapidamente e flessibilmente ” la politica monetaria, e sarà “paziente” nel giudicare le evoluzioni macro. Inoltre ha aggiunto che il Committee “sta ascoltando con attenzione il messaggio dei mercati”. Wall Street, che aveva accelerato al ribasso in seguito al FOMC del 19 dicembre, vi ha visto una maggiore attenzione alla price action e al tightening delle condizioni finanziarie (attenzione che, a parer mio non è mai stata in discussione) e ha mostrato parecchio sollievo. Domani, con le minute FOMC, avremo ulteriori dettagli su questa presunta svolta dovish della FED. Inoltre, tra domani e giovedì avremo una batteria di discorsi di Presidenti FED (5 tra cui ancora Powell).

Sul fronte politico, continua lo shutdown governativo in US, dovuto allo scontro sul finanziamento del muro col Messico. Trump ha annunciato un discorso stasera alle 21 (3 A.M. italiane) sull’argomento, sul quale è difficile crearsi aspettative precise.
A Pechino sono in corso 2 giorni di colloqui tra delegazioni USA e cinese, e la partecipazione a sorpresa del Vicepremier Liu He, a quello che doveva essere un meeting di sherpa, depone bene per la direzione delle trattative, al di la del tambureggiante ottimismo di Trump (*TRUMP SAYS TALKS WITH CHINA ARE GOING VERY WELL). Sul fronte Brexit, la May sembra intenzionata ad andare avanti con il voto martedi prossimo. In bocca al lupo.

Se la giornata di ieri ha visto performance generalmente positive sui mercati asiatici, in alcuni casi in maniera significativa (Tokyo), oggi il tono è stato più contrastato, con la trimestrale deludente di Samsung a pesare su Seul e sui mercati cinesi, per via dell’indotto. Meglio Mumbai, Sydney e Tokyo.

Migliore la partenza dell’Europa, l’unica area che ieri aveva mostrato performance deludenti, anche perchè intenta in gran parte a digerire il balzo di quasi il 3% di venerdì. Il Dax ha incassato, anche con una certa nonchalance, una pessima produzione industriale tedesca di dicembre (-1.9% da prec -0.8% e vs attese per +0.3%), che mette seriamente a rischio l’atteso rimbalzo congiunturale del quarto trimestre, dopo il flop nel terzo.
Anche le Consumer, Business, Industrial, e Services Confidence Eurozone di dicembre hanno in generale mostrato un ulteriore deterioramento. La serie di dati ha causato un moderato arretramento dell’€ dai livelli raggiunti ieri sulla scorta di un ISM non manufacturing US di dicembre in calo (57.6 da prec 60.7 e vs attese per 58.5) anche se decisamente migliore di quello manifatturiero. In entrambi le survey, un aspetto positivo è rappresentato dall’accelerazione dei sottoindici dei new export orders, che finora avevano sottoperformato. Se ne ricava l’impressione che, a fronte di un marcato impatto sulla confidence delle aziende del crash azionario, la domanda globale stia dando modesti segnali di ripresa.
Sul fronte cambi, al momento la musica sembra leggermente cambiata, con il dollaro insensibile alle notizie positive (vedi il labour market report) e vulnerabile a quelle negative (ISMS & Fed), ed un comportamento simmetrico della divisa unica. Il fatto è che, a prescindere dal credito che si voglia dare a questa “growth scare” americana, sembra che la divergenza tra l’economia US e quella globale abbia raggiunto la sua massima estensione della seconda metà del 2018 e sia destinata a rientrare nei prossimi mesi. Inoltre, la Fed sembra farsi più prudente, mentre in Eurozone comunque vada, al momento l’espansione del bilancio ECB si è interrotta, e con essa l’aumento della base monetaria. Con queste premesse, il deflusso di risparmi  dall’EU dovrebbe attenuarsi (per quanto i ritorni restano più attraenti all’estero rispetto all’Eurozone), mentre rimane l’avanzo commerciale. Così, anche il 2019 parte con attese di calo del biglietto verde, attese che quest’anno mi trovano più concorde, in particolare se i timori di rallentamento globale dovessero recedere.

A metà giornata, l’indice NFIB small business optimism ha mostrato un calo inferiore alle attese (104.4 da prec 104.8 e vs attese per 103), mentre le piccole aziende continuano a indicare il reperimento di manodopera qualificata come il principale problema. Inoltre su Bloomberg sono comparse indiscrezioni di incentivi da parte della Cina a supporto delle vendite d’auto, che hanno supportato i relativi settori in Europa e US (China to Boost Auto Purchases in 2019: CCTV Cites NDRC Official)

Su queste basi, il sentiment ha ulteriormente accelerato nel primo pomeriggio , culminando poco dopo l’apertura di Wall Street. Ci ha pensato una headline sul fronte trade (*U.S., CHINA STILL NOT READY TO CONCLUDE A TRADE DEAL: DJ) a produrre il catalyst per un po’ di prese di beneficio, dopo 2 sedute di rialzo più o meno continuo. In realtà, le dichiarazioni seguite ai 2 giorni di colloqui mantengono un tono costruttivo. Sono stati fatti progressi, le divergenze tra le parti sono diminuite e nelle prossime settimane seguiranno colloqui a livello più elevato. Ma tant’è, l’S&P tra venerdi e lunedi si era fatto oltre il 4% e un po’ di consolidamento ci stava, anche alla luce dell’incombere del discorso di Trump stanotte.

Gli indici europei hanno comunque conservato un intonazione positiva, terminando con discreti progressi, pur ad una certa distanza dai massimi di seduta. Rendimenti in generale rialzo su Treasuries e Bund tedeschi, ma l’annuncio di un emissione di 10 anni Portogallo a sorpresa via sindacato, l’incombere delle aste italiane (fino a 6.5 bln su 3 linee) e indiscrezioni di un 15 anni BTP via sindacato hanno pesato sugli spread periferici oggi. Dopo la chiusura Wall Street ha ripreso un po’ di tono.