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Niente pace tra Cina e USA. Draghi spaventa il mercato dei tassi.

Vari sviluppi nel week end e nella giornata odierna hanno contribuito ad un inizio settimana alquanto movimentata sui mercati. E uno sguardo ad alcuni degli avvenimenti previsti in settimana lascia intendere che il  l’agitazione potrebbe continuare (FOMC mercoledi, bozza nota aggiornamento DEF e aste BTP  giovedi, CPI EU flash venerdi).

Andiamo con ordine.
Sul  fronte trade, oggi era prevista l’entrata in vigore del  secondo round di dazi USA su import cinese (e relativa rappresaglia). Quel che non era previsto, era che la  Cina nel week end annunciasse il  ritiro della propria delegazione ai colloqui previsti in settimana, e cancellasse anche quelli previsti tra il Vice-premier Liu e Mnuchin la  prossima. Le autorità cinesi hanno inoltre pubblicato un “white Paper” ( i cui contenuti sono sommariamente riassunti qui ) in cui riassumono la situazione, e accusano gli USA di tenere di un atteggiamento incoerente e irrispettoso, con grave danno di relazioni che si erano sviluppate nel corso di decenni.
Questi ultimi sviluppi sembrano mettere una pietra tombale sulla mia idea che le  parti potessero addivenire ad un accordo prima delle Midterm elections. Evidentemente,  alla luce dello  stato di grazia  dell’economia USA, la Casa Bianca è scarsamente preoccupata dell’impatto macroeconomico (ed elettorale) dei dazi, mentre a Trump fa comodo di avere un nemico sul cui attacco basare la  propria campagna elettorale. Intuito questo, i Cinesi hanno deciso che non vi è alcuno costrutto a mostrare ramoscelli d’ulivo a chi ha interesse a  cercare lo scontro, ed hanno quindi indurito la loro posizione, pur lasciando  una porta aperta al dialogo.  Su queste basi, eventuali nuove trattative sono da collocare dopo le elezioni.
Dovesse essere questo lo scenario,  prepariamoci ad una retorica decisamente  aggressiva da  parte dell’amministrazione US,  condita eventualmente con il varo  di altre misure (avvio del  processo di elevazione di dazi su parte o su tutte le restanti importazioni cinesi).

Se non altro, alla luce delle reazioni ai recenti  annunci, sembra di poter dire che i mercati prezzano almeno in parte quest’escalation.  Oltre a ciò, si intensificano, da  parte cinese, le  misure per offrire supporto  al  ciclo (vedi le  indicazioni alle banche sul finanziamento dei progetti di infrastrutture).
In ogni caso, la reazione si è notata stamattina sin dalla seduta asiatica,  anche se le numerose chiusure per la  festività dell’equinozio d’autunno (Tokyo, Shanghai, Taiwan, Seul) rendono arduo farsi un’idea concreta dell’entità  del danno. Hong Kong e HSCEI hanno perso rispettivamente l’1.6% e l’1.8%, cosi come Mumbai (-1.8%) mentre Sydney ha chiuso praticamente invariata.
Moderata, fin li, la reazione dei future sull’azionario USA, che però venerdi aveva annullato  i guadagni, chiudendo piatto.

L’apertura europea ha visto gli indici cedere un po’ di terreno in reazione alle news. Ad alimentare un po’ di nervosismo, anche il vertice di maggioranza stamattina a Roma, per decidere sui numeri del DEF, dopo che nel week end le pressioni del Movimento per andare oltre il  2% hanno trovato  spazio su tutti i media. Qualunque numero verrà  deciso giovedi, è  improbabile che sia quello definitivo.  Ma la  sua collocazione sarà comunque rilevante, come punto di partenza  per la trattativa tra Tria, Salvini e Di Maio, e l’EU. Non a caso i BTP hanno esordito coi corsi in calo e  lo  spread in allargamento nei confronti di un bund a sua  volta cedente.
Alle 10.00 l’IFO tedesco di settembre (103.7 da 103.9 e vs attese per 103.2) ha corretto un po’  il messaggio dato dal PMI flash, confermandosi sostanzialmente sui buoni livelli di agosto, quando aveva recuperato 2.2 punti, segnando il massimo da febbraio. Anche questa survey mostra una robusta domanda interna e un canale estero ancora in rallentamento, ma in generale  il quadro offerto è di un economia solida. Il buon dato ha offerto un po’  di supporto all’€  e ai rendimenti core,  mentre l’azionario vi ha fatto  poco caso.

Ma il vero market mover per i tassi e i cambi è arrivato nel primo pomeriggio, quando Draghi ha pronunciato il suo  discorso al Parlamento Europeo. Il  Presidente ECB ha confermato il quadro di espansione diffusa (=broad based) dell’economia Eurozone, sottolineando la crescita dell’utilizzazione della capacità  produttiva, e il  miglioramento del mercato del lavoro. Draghi ha rimarcato la crescita dei salari, e il  suo  impatto  sui consumi, e quello delle financial conditions accomodanti sugli investimenti. Ma soprattutto, nel commentare il quadro inflattivo, ha dichiarato che una moderazione delle componenti “non core” (i.e. energy) verrà bilanciata da una “relativamente vigorosa” accelerazione dell’inflazione core (libera traduzione personale di “underlying inflation”).
La  parola “vigoroso”, associata dal Presidente ECB, solitamente assai prudente, al trend inflattivo, ha avuto l’effetto di una scossa su tassi e cambi. Il rendimento del bund è balzato di 5 bps superando marginalmente quota 0.5%, mentre l’€ ha superato 1.18 vs $. Meno immediata la reazione del BTP, che però successivamente ha finito con il  sommare alle preoccupazioni per il deficit quelle di un ECB meno accomodante delle attese (anche se in realtà nulla della testimonianza di Draghi lascia intendere un programma diverso da quello illustrato il 13 settembre). E,  in settimana abbiamo anche le aste di fine mese (BTP 5 e 10 anni e CCT per 3.75-5.25  bln €). Cosi, i rendimenti della carta italiana sono cresciuti il doppio di quelli del Bund. In salita,  in simpatia con quelli EU,  anche i rendimenti dei treasury.

Troppe novità,  per un mercato che in settimana attende anche il FOMC, Il CPI Eurozone flash di settembre e il PCE USA.  E cosi l’azionario ha accentuato la tendenza correttiva su entrambe le  sponde dell’oceano. Nulla di esagerato,  ma quanto basta per imporre agli indici europei un mezzo punto di calo in media. Se i rendimenti sono rimasti sui massimi di seduta, con il Treasury a 3 bps dai massimi dell’anno (3.11% segnato ad aprile). La risk aversion ha ridato un po’ di forza al  $, con il risultato che l’€ è tornato ben sotto 1.18%. A 2  ore dalla chiusura Wall Street recupera qualcisa,  supportata dal  rimbalzo del Nasdaq.