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Il settore manifatturiero US entra in contrazione

Ieri sera, indiscrezioni su Bloomberg secondo cui la Cina e gli USA faticherebbero ad accordarsi su un agenda per gli incontri di settembre hanno accentuato un po’ la moderata risk aversion generata dall’imposizione dei nuovi dazi nel week end. Due sono stati gli ostacoli, secondo la fonte: gli USA si sono rifiutati di rinviare i dazi, e la Cina non ha voluto fornire una serie di imprecisati parametri per il prossimo round di colloqui. Tra le parti vi è un elevata diffidenza, oserei dire giustificata.
Stamattina in Asia le ricadute sono state contenute, se si esclude il tonfo di Mumbai (-2%) attribuito a preoccupazioni macro (GDP 2 trimestre 5% da 5.8% e vs 5.7% atteso) e dell’impatto della riforma bancaria sugli stock dei non performing loans nelle banche. Hong kong e le “H” shares continuano a patire la situazione politica, ma Shanghai e Shenzen hanno aggiunto ai progressi di ieri, sempre supportate dalla percezione che Pechino bilancerà l’impatto delle frizioni con gli USA con erogazioni di stimolo monetario e fiscale, ora che è evidente che i contrasti sono di difficile soluzione, e che le tregue non valgono nemmeno la carta sui cui sono scritti relativi i comunicati.
Per il resto, variazioni modeste degli altri indici.

L’apertura europea ha visto un tono generalmente consolidativo.
Sul fronte brexit lo showdown si avvicina sempre di più. Stasera in Parlamento UK è prevista la presentazione e il voto di una mozione volta al controllo dell’agenda parlamentare. Un eventuale approvazione porterebbe domani alla presentazione di un progetto di legge per costringere il Governo, in assenza di un accordo entro il 19 ottobre, a richiedere un estensione dell’articolo 50 fino a fine gennaio (o qualunque altra data stia bene all’EU). Una ventina di Conservatori sarebbero disposti a votare a favore, nonostante la minaccia di espulsione fatta da Johnson, che sostiene che così si mina la “strategia di negoziato con Bruxelles”.
Naturalmente la mossa potrebbe fallire, lasciando come unica possibilità, per evitare il No Deal, una mozione di sfiducia, e quindi nuove elezioni, la cui collocazione però non eviterebbe per forza l’uscita al 31 Ottobre. Viceversa, se la legge viene approvata, allora a Johnson non resta che indire nuove elezioni (sui media circolano indiscrezioni che una possibile data potrebbe essere il 14 ottobre), ma il Parlamento potrebbe negargliele, come successo in Italia. Negli ultimi poll i Conservatori superano i laburisti di 8/10 punti e insieme con il Brexit Party raggiungono un 42/45%, quindi sembra che sulla brexit il paese sia nuovamente spaccato a metà. Un altra opzione per Johnson, in caso di passaggio della legge, potrebbe essere di sfidare il Parlamento ignorandola. Ma questo viene considerato improbabile.
Sta di fatto che la Sterlina ha aperto debolissima, ben sotto 1.20 vs $ per la prima volta dal 2017, per poi recuperare gradualmente in giornata, accelerando al rialzo nel pomeriggio, quando è emerso che, grazie al passaggio del Parlamentare Phillip Lee dai Tories ai Libdem, Johnson ha perso la maggioranza alla Camera dei Comuni.

Il resto degli avvenimento della giornata era concentrato nella seconda metà della giornata e quindi i mercati azionari hanno conservato un tono consolidativo, i rendimenti hanno continuato a scendere, e il Dollaro ha continuato a guadagnare terreno, in particolare contro l’€, che ha fatto nuovi minimi relativi.

Il primo modesto colpo di scena lo hanno fornito le solite fonti anonume ECB che compaiono puntualmente qualche giorno prima del meeting, per gestire le aspettative. Questa volta la gestione è iniziata
in anticipo, 9 giorni prima, probabilmente perchè la faccenda risulta particolarmente ingarbugliata.

** [RTRS] – ECB POLICYMAKERS LEANING TOWARD RATE CUT, TIERING, REINFORCED GUIDANCE IN SEPT 12 STIMULUS PACKAGE – FIVE SOURCES
** [RTRS] – NEW ECB GUIDANCE WILL EMPHASIZE CONDITIONS NEEDED FOR RATE LIFT-OFF, DE-EMPHASIZE DATE COMPONENT: SOURCES
** [RTRS] – DISCUSSION ABOUT ECB’S STIMULUS PACKAGE OPEN, ONGOING, NO DECISION MADE – SOURCES
** [RTRS] – MANY ALSO SUPPORT QE, BUT OPPOSITION FROM SOME NORTHERN STATES COMPLICATES DISCUSSION – SOURCES

Sulla base delle headline, sembra che ci possiamo attendere un bel pacchetto di misure, comprendente un ulteriore taglio dei tassi, con tiering (ovvero sistema per evitare impatti negativi sulle banche), una guidance rafforzata che indichi le condizioni per eventuali rialzi, ed eventualmente un nuovo round di QE, anche se su questo c’è ancora dibattito, e nulla è ancora deciso.
L’impatto sul mercato è stato modesto, perchè le indiscrezioni sono più o meno in linea con quanto atteso. Un modesto cedimento del Bund, che su questi livelli sconta una bella ripartenza del QE, e un modesto ed effimero rimbalzo dell’€. Questo è stato tutto.

Di diverso spessore, lo show dei dati USA. Se la revisione del PMI manifatturiero di agosto ha riportato il numero sopra 50 (50.3 da 49.9) confermando però il livello minimo da settembre 2009, il botto lo ha fatto il più seguito ISM manufacturing uscito a 49.1 da 51.2 e vs attese per un marginale recupero (51.3). Si tratta, nell’ordine, della prima discesa sotto il livello di contrazione da agosto 2016, del quinto calo a fila, e del livello minimo dal gennaio del 2016.
La debolezza è degnamente riflessa nei sottoindici, con i new orders a 47.2 e i new export orders crollati a 43.3, tanto per indicare da dove viene la debolezza. Bloomberg riporta che la percentuale di aziende che hanno riportato un calo degli ordini dall’estero è ai massimi dalla grande crisi. In contrazione anche produzione (49.) e Employment (47.4).

Alla fine, anche il manifatturiero USA è terminato in contrazione, come quello globale. E l’entità della sorpresa negativa, oltre 2 punti, lascia poco tranquilli in vista del numero di dopodomani, sull’ ISM non manufacturing. Anche perchè il PMI services non ha figurato molto meglio di quello manifatturiero, in sede flash.
La reazione dei mercati c’è stata, ma non è stata violenta come uno potrebbe aspettarsi. Il settore manifatturiero in US conta per il 15% dell’economia (ecco perchè un brutto numero giovedì sarebbe più grave). Inoltre, tra 15 giorni abbiamo il FOMC e l’idea dominante è che Powell prenda atto e agisca. Al momento il mercato prezza 100% di probabilità di un taglio e 22% che sia di 50 bps, mentre l’ammontare di calo dei fed funds nei prossimi 12 mesi è di 110 bps. Wow.
Infine, c’è sempre la possibilità che questi numeri inducano Trump a più miti consigli, in vista dei colloqui di settembre, non ancora fissati, ma nemmeno cancellati.

Così, il mercato dei tassi ha restituito frettolosamente i modesti rialzi maturati in giornata  e i rendimenti calano su tutta la curva, con preferenza per le scadenze più brevi. L’azionario ha ceduto terreno, ma, finora, non è che la  seduta abbia cambiato radicalmente volto. Il Dollaro ha restituito i guadagni contro € e yen, e accumulato ma non è andato oltre. In particolare, la fatica della divisa unica a issarsi in positivo a fronte di numeri del genere deve far riflettere sulle sue prospettive di breve. Sembra che l’esplosione di bonds con rendimenti negativi stia davvero minandone le capacità di reazione.
A festeggiare, soprattutto i metalli preziosi, che si sono riportati sui massimi di periodo. Pesante, per contro, il petrolio.

Su queste basi, l’azionario Eurozone ha chiuso con perdite modeste, e appena superiori a quanto mostrato nel primo pomeriggio, a dimostrazione di una certa resilience. I rendimenti core, che avevano risentito delle indiscrezioni sull’ECB, hanno accusato poco l’inversione di marcia di quelli US. In attesa dei risultati del voto sulla piattaforma Russeau, lo spread è considerevolmente calato anche oggi, terminando a 158, minimo da maggio 2018. Robusto calo anche del differenziale di rendimento con Spagna e Portogallo, in entrambi i casi sotto 80 bps. Una confidence dei mercati risultata ben riposta, visto che, alle 19.30 in ritardo di un ora rispetto a quanto annunciato, e a future BTP ormai chiuso, sul blog delle Stelle è comparsa la notizia che il “Si” ha vinto con larga maggioranza (79%). Il prossimo scoglio per l’esecutivo sarà la fiducia in Parlamento. Ma al momento i rischi sembrano contenuti. Vedremo.

L’esito della votazione sulla mozione al Parlamento UK arriverà invece in serata. e comunque, ammesso e non concesso che passi, lo show sarà domani sera con la legge.

Dal punto di vista tecnico, l’S&P 500 resta ben chiuso tra il supporto in area 2850 che lo ha recentemente contenuto al ribasso, e la resistenza in area 2950, testata più volte ad agosto.

Il movimento laterale, alquanto stretto, riflette bene un mercato chiuso tra fondamentali macro alquanto deteriorati (lo abbiamo visto oggi) aggravati dalla trade war, e un contesto tecnico supportivo, creato dal una politica monetaria sempre più accomodativa e sentiment e positioning assai difensivi. Per dirne una il CNN fear/greed index è posizionato su “extreme fear”, un livello un po’ strano, a 45 dai massimi storici.
Domani se riesco elaboro un po’ sull’argomento.