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PMI europei sotto attese, in accelerazione quelli US


E al  settimo giorno  Wall Street si riposò. Dopo 6 sedute consecutive di recupero,  l’S&P 500 ieri sera,  dopo aver gentilmente aspettato  la chiusura europea, ha mollato  gli ormeggi, accumulando un mezzo punto abbondante di ribasso. A zavorrare il mercato, i Consumer  staples,  affossati dal  crollo di Walmart (-10% post earnings). Pesanti anche i bond proxies (telecom e utilities),  mentre tech e financials hanno sostanzialmente tenuto.

Contrariamente alla  seduta precedente, l’Asia non si è fatta  spaventare degli  umori di  Wall  Street,  e dalla  perdurante forza del  $.
Il  ritorno delle “H” shares, dopo la  pausa festiva ha visto l’indice inaugurare l’anno nuovo con robusti guadagni (2.3%), almeno in parte dovuti ad un catch up con gli indici globali durante il periodo di chiusura. Comunque sia, la  forza dello HSCEI, che eventualmente anticipa  un eguale  reazione degli indici locali, in riapertura domani, ha offerto supporto al resto dell’area, con Taiwan addirittura +2.8% e Hong Kong su dell’1.8%. Meno arrembanti, ma pur sempre positive, Seul,  Mumbai, Sydney e  Tokyo, qiuest’ultima ancora intenta a digerire il rimbalzo messo a segno tra la seconda metà della scorsa settimana e lunedi.

Gli indici europei avevano chiuso ieri nel momento migliore di Wall Street, e un apertura in calo era immaginabile. Decisamente meno prevedibile  era la  complessiva sottoperformance dei PMI Eurozone flash di Febbraio, usciti generalmente sotto attese.
A livello europeo  il calo risulta più o meno equamente diviso tra il settore  manifatturiero  (58.5 da 59.6 e vs attese per 59.2) e Servizi (56.7 da 58 e vs attese per 57.6). Coerente il calo del dato  composite (57.5 da 58.8 e vs attese per 58.4).
Generale  omogeneità  anche a livello regionale, con cali simili per Francia e Germania (la prima più sul manifatturiero, la seconda più sui servizi) e il resto d’Europa a sua volta in rallentamento, sebbene il paragone tra i dati complessivi e i Flash delle 2 principali economie mostri forse un deterioramento di livelli meno marcato per la  periferia europea.
La prima considerazione che campeggia nel report di Markit è che il livello di attività resta eccellente, coerente con una crescita nel primo trimestre dell’anno (aggregando i dati di gennaio) dello 0.9% trimestrale.
Peraltro, il dubbio legittimo sulla sorpresa negativa odierna,  è  se  questa costituisca un calo fisiologico da  livelli insostenibili degli ultimi 2 mesi, o non sia invece l’inizio di un rallentamento ciclico.  In questo senso, alcuni dettagli risultano confortanti. I New orders sono sui minimi da 5 mesi, ma restano su livelli storicamente assai elevati. L’ottimismo delle aziende per l’anno è salito per il terzo mese a fila (ai massimi da inizio serie nel 2012) e i carichi di lavoro da smaltire sono ulteriormente incrementati, a dimostrazione della fatica degli operatori a tenere dietro alle commesse. Per il momento vi sono pochi indizi che il calo di oggi rappresenti qualcosa di più di un assestamento di breve.
Tutto vero, ma  gli operatori erano disabituati a delusioni sul  fronte macro, e così  l’azionario continentale ha accentuato il ribasso, arrivando a cancellare interamente, a  fine mattinata, il progresso di ieri.

Altra musica in US, dove il PMI flash composite di febbraio ha mostrato un cospicuo guadagno (55.9 da 53.8) principalmente grazie all’accelerazione dei servizi (55.9 da 53.3 e vs attese per 53.7) settore preponderante nell’economia US, mentre il manifatturiero ha mostrato maggiore stabilità (55.9 da 55.5). I numeri di Markit risultano coerenti con una crescita intorno al 3% annualizzato, mentre il  livello dei new orders, ai massimi da 3 anni, indica un elevata probabilità di un ulteriore accelerazione nei mesi a venire, secondo il capo economista di Markit, Williamson. Si accentuano le pressioni sui prezzi, rilevate ai massimi da 4 anni e mezzo.
Tra 10 giorni potremo vedere se gli ISM (che non dispongono di rilevazione flash ma solo di quella finale) confermano questo quadro. Nell’attesa, sorprende poco che l’azionario US abbia gradito, mettendo su un discreto progresso, e trainando quello europeo ad una chiusura solo marginalmente negativa. Reazione opposta da parte dei treasuries, che sono andati incontro all’asta sul 5 anni e alle minute FOMC con rendimenti in rialzo.
Marginale recupero per il biglietto verde, che resta in generale denaro sulla maggioranza dei cross, ma sente l’appuntamento con le  minute, e la numerosa schiera di Fed speakers di Domani (Kashkari, Quarles, Bostic, Kaplan domani, seguiti da Dudley e Williams venerdi.