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Mercati nervosi in attesa del FOMC

Le  acque continuano ad essere agitate sui mercati, nel run up verso il  FOMC, a causa del tambureggiare delle headlines sul fronte Sino-US trade, dell’allargarsi del  caso Facebook, a cui oggi si è aggiunto il  profit warning di Deutsche Bank.

Ieri Wall Street ha prodotto il  minimo sindacale in termini di rimbalzo, supportata dall’ Energy (grazie al  rimbalzo dell’oil) e da  altri settori ciclici,  mentre i bonds proxi (telecom e utilities), hanno ceduto.
La notizia che la  US Federal Trade Commission avrebbe messo sotto  inchiesta Facebook ha pesato ulteriormente sul nome, con contagio al  settore social network (Twitter -10%). L’impatto di questo  scandalo  sulla redditività  e influenza del settore è difficile  da  valutare. Di certo non è trascurabile  nel breve, ma si fatica a  credere che la diffusione e le  revenues subiscano danni permanenti a causa di un fattore,  l’utilizzo  illecito delle informazioni raccolte, di cui pochi possono dichiararsi veramente sorpresi. Tutto sta a vedere quanto può  essere circoscritto lo  scandalo. A mio parere il  worst case scenario dovrebbe comunque rivelarsi di entità significativamente inferiore al Dieselgate,  ma è  sicuramente presto  per  pronunciarsi in maniera più precisa.

Il  tono incerto è comunque proseguito  in Asia stanotte,  con i principali indici a mostrare cali, ad eccezione di Sydney e Mumbai.
L’azionario cinese ha corretto un sentiment inizialmente positivo, trainata al  ribasso dal  settore assicurativo e finanziario.  Apparentemente, il catalyst è stato la  pubblicazione di uno studio di Moody’s secondo cui la  profittabilità del  settore assicurativo si  dimezzerà  per effetto  della regulation. Naturalmente,  l’attesa  per  le decisioni di Trump  sui dazi continua a esercitare pressioni sugli  asset cinesi.
Tokyo, che aveva continuato a pagare ieri la crisi politica legata  agli scadali,  oggi era chiusa  per  festività.

Col FOMC stasera, l’azionario europeo ha aperto  con un tono nervoso, infastidito anche dal recupero dell’€ (legato al  medesimo nervosismo). Abbiamo poi l’incombere dei PMI flash di marzo in pubblicazione domani,  con gli investitori che si chiedono se proseguirà il  ridimensionamento osservato a Febbraio.  In questo senso, il  calo  della  componente attese dello  ZEW tedesco uscito  ieri ha fatto alzare più di un sopracciglio. Ma  lo  Zew è una survey di analisti e come tale  risente del sentiment sui mercati assai più più di quelle basate su interviste alle aziende.
Nell’attesa, dati sul mercato  del  lavoro   UK migliori delle  attese (in particolare disoccupazione e inflazione salariale) a febbraio hanno ottenuto il consueto  effetto,  sterlina su, e azionario UK giù.

Piccolo scossone in tarda mattinata europea, quando il Wall Street Journal ha riportato indiscrezioni secondo cui i cinesi starebbero predisponendo una rappresaglia contro i Dazi di Trump. Le misure sarebbero disegnate per colpire i settori e gli stati US che hanno maggiormente supportato  il  Presidente, per  infliggergli, quindi, il  maggior danno politico possibile.
In realtà  il  tono del  pezzo non è affatto  aggressivo  come il  titolo. Si parla  del  fatto che la reazione sarà “misurata e proporzionale” e che Pechino sta valutando anche concessioni tra cui l’apertura dei mercati agli  investimenti US.
In generale il  pezzo suona più  come un avvertimento agli USA.  Il  messaggio sarebbe che in una trade war ci perdono tutti e che il  protezionismo potrebbe non portare sull’elettorato  di Trump e su Corporate America gli effetti sperati.

Ma  l’effetto più negativo sul  sentiment l’ha avuto  il profit warning di Deutsche bank,  comparso intorno alle  13. Il  CFO ha dichiarato che i ricavi dell’   Investment Banking Dept subiranno,  nel  primo trimestre, una decurtazione di 300 milioni di €  ” a causa dell’apprezzamento del cambio” più  altri 150 mln per un aumento del costo di finanziamento l’anno scorso.
Comprensibile l’impatto delle notizie sull’intero  settore  bancario europeo visto, la  caratterizzazione generica del  principale motivo citato: il  cambio riguarda tutti gli istituti  europei, seppure in misura legata  alla propria vocazione internazionale. Anzi,  il research dept di Deutsche Bank era da trimestri tra i più positivi sulle prospettive della divisa unica. Una raccomandazione che,  se osservata a livello di gestione aziendale, avrebbe dovuto contenerne gli impatti sul bilancio. Oltretutto, se ne desume che ulteriori rivalutazioni potrebbero ipotecare la  redditività dei prossimi quarti.
Cosi’ il  settore bancario ha preso progressivamente la via del  ribasso, zavorrando gli indici generali.

Sembravamo diretti verso una seduta da dimenticare per  l’Eurozone,  quando una Wall Street in vena discreta,  grazie  ad  un rimbalzo dei social e alla forza dell’energy, ha permesso  agli indici europei di limitare i danni. Naturalmente il  settore bancario è  rimasto attardato. I dati UK e la  correlazione con i treasury,  in tensione per il FOMC,  hanno prodotto  una moderata salita dei  rendimenti Eurozone Core,  mentre le voci di accordo tra Centrodestra e 5 Stelle hanno accentuato le  pressioni sul BTP e gli altri periferici,  che hanno visto moderati allargamenti degli spreads.

A mezz’ora dal  FOMC, e  con un rialzo di 25 bps dato  per scontato, il  mercato  attende spasmodicamente di sapere in che misura si modificherà  lo  scenario FED.  Il  consenso sembra propendere per un aumento a 4 rialzi nel  2018 della  mediana della Dot  Plot,  dai 3 indicati a  Dicembre.
Ricordo che, nel terzo trimestre del 2017, con il mercato  totalmente scettico circa l’abilità  della  FED  di tenere fede al  proprio scenario, uno dei motivi portati per dubitare era che difficilmente un Presidente neoeletto avrebbe osato  muovere i tassi al  primo meeting. Adesso, la  vdominante sostiene che potrebbe,  oltre muoverli, sancire l’upgrade di uno scenario che già ne prevede 3 (quanti l’anno scorso).  Personalmente ritengo che Powell si rivelerà  un po’  più prudente,  pur riconoscendo i miglioramenti del  quadro macro e inflattivo. E ritengo che la  reazione potrebbe essere comunque meno violenta di quel che si attendono i mercati.