La fretta di vendere dollari su ogni pezzo di news ha apparentemente giocato un brutto scherzo ai traders ieri sera. Poco dopo la chiusura europea, il biglietto verde ha preso a perdere contro tutti i cross in maniera aggressiva. Driver del movimento, secondo alcuni report, la lettura frettolosa di una headline a proposito di 38 bln di rimpatrio di utili da parte di Apple, una cifra modesta, rispetto agli oltre 250 bln di cash che il colosso di Cupertino detiene all’estero. Il successivo chiarimento (i 38 bln sono solo le tasse che l’azienda pagherà per un rimpatrio molto più cospicuo) oltre a mettere le ali ai piedi al titolo, ha generato ricoperture frenetiche, producendo una brusca inversione di tendenza per il biglietto verde. La notizia che al rimpatrio sono abbinati un robusto piano di investimenti (30 bln e 20.000 posti di lavoro) e uno di bonus ai dipendenti ha fornito ulteriore carburante all’azionario US permettendo agli indici di riportarsi in chiusura nei pressi dei massimi di ieri mattina. Impercettibile l’impatto delle frizioni di Washington, almeno ieri.
La tendenza del mercato a leggere in chiave negativa per il dollaro qualunque headline è un sintomo di quanto depresso sia il sentiment nei confronti del biglietto verde.
Inizialmente galvanizzata dal rimbalzo del Dollaro, Tokyo ha avuto una reazione assai simile a quella dei Wall Street martedi: il Nikkey ha superato per la prima volta dal ’91 i 24.000 punti, per poi invertire la marcia e chiudere con una perdita (-0.44%), senza un motivo apparente. Alcuni hanno citato, come driver del movimento, imprecisate indiscrezioni raccolte da Bloomberg secondo cui all’interno della BOJ il fronte favorevole alla normalizzazione sta guadagnando terreno. Peccato che il primo interessato, ovvero lo Yen, non abbia fatto una piega, al di la della citata reazione del dollaro nella serata di ieri. In assenza di spiegazioni migliori, direi che l’approccio alla soglia psicologica (anche il Topix ha toccato 1.900) ha prodotto prese di beneficio, anche se in verità l’iperestensione con cui Tokyo è giunta al traguardo non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella dell’S&P 500, il che getta una luce un po’ più sinistra sul reversal.
In ogni caso, il sentiment negativo è rimasto confinato in Giappone, con il resto degli indici asiatici più o meno in grado di mettere a segno progressi, al traino delle “H”shares cinesi, che non perdono un colpo (+1.5% anche oggi). D’altronde, oggi era prevista la pubblicazione del GDP del quarto trimestre, con indicazione del dato per l’intero anno 2017, e la notizia della prima accelerazione da parte del GDP cinese per la prima volta dal 2010 (+6.9%, grazie a un 6.8% anno su anno nel quarto trimestre, sopra le attese per un 6.7%) ha letteralmente invaso i media locali. La sorpresa positiva si deve, ancora una volta, all’immobiliare, che ha accelerato nel quarto trimestre insieme ai servizi, mentre il manifatturiero ha rallentato. La chiusura d’anno ha messo in secondo piano i dati di dicembre, dove a retail sales sorprendentemente deboli hanno fatto da contraltare produzione industriale e investimenti fissi marginalmente sopra attese.
La seduta europea è iniziata con un tono leggermente rinfrancato dal ritracciamento dell’€, mentre, privi da 12 ore del supporto della retorica ECB, i rendimenti europei hanno ripreso quello che secondo me dovrebbe essere il loro percorso naturale, ovvero il rialzo. Il sollievo per il settore bancario europeo è stato però attenuato dalla notizia che la Nouy, nell’incontro con Bankitalia e le prime linee delle banche italiane, ha mantenuto la linea dura sulla rimozione dei non performing loans dai bilanci.
In ogni caso l’azionario continentale ha dato dimostrazione di un tono in miglioramento, tenendo nonostante la ripresa dell’apprezzamento dell’€, trainato da un Dax supportato dal comparto chimico.
Nel pomeriggio, dati misti in US: i nuovi cantieri di dicembre hanno deluso, presumibilmente subendo in parte il clima eccessivamente rigido. Minimo record (da 45 anni), per contro, per i jobless claims settimanali, che forse risultano un po’ distorti in questo periodo, ma certo danno un messaggio inequivocabile sullo stato del mercato del lavoro US. Il Philly Fed di gennaio ha a sua volta un po’ deluso (22.2 da prec 27.9 e vs attese per 25), e nei sottoindici spicca il brusco calo dei news orders. Ma anche qui probabilmente le tempeste hanno avuto un impatto, mentre sul fronte prezzi si fa notare l’ulteriore incremento sia sul sottoindice di quelli pagati che di quelli ricevuti. Non a caso, coperti dal glamour di Wall Street, i breakeven infaltionUS a 10 anni hanno accelerato il recupero, e a 2.09% hanno superato il picco di inizio 2017 (prima che l’inflazione core rallentasse) e segnano i massimi da 3 anni e passa. Food for thought per la FED.
Ma oggi è ancora Washington a tenere banco, e l’ingarbugliarsi della questione estensione della Continuing Resolution sta riuscendo nell’impresa di preoccupare un po’ Wall Street.
Le ultime news sono che i Democratici sono inamovibili sulla necessità che il provvedimento contenga una soluzione per la DACA e un estensione del Children’s Health Insurance Program , mentre Trump non solo è contrario, ma sta nuovamente irrigidendo le posizioni su immigrazione, muro, etc, il che non fa che alienargli le simpatie dell’opposizione. Poichè al Senato servono almeno 9 voti democratici per passare la Continuing resolution, e il termine scade domani, la probabilità di uno shutdown sta crescendo nelle ultime ore. La sospensione delle attività in alcune aree governative per mancanza di finanziamento non è un evento non cosi raro negli ultimi anni, e i precedenti episodi mostrano che, se non si protrae a lungo, i suoi effetti sulla crescita sono ridotti ed effimeri. Ma può ben costituire il driver per una presa di beneficio, su un mercato azionario che ha fatto cosi tanto, mentre può nuocere ovviamente al cambio, che in questo momento reagisce a qualsiasi catalyst negativo.
Cosi il Dollaro ha continuato a perdere terreno, e Wall Street ha sostituito il mood esuberante di ieri con un tono un po’ più incerto. La notizia è che, diversamente dai giorni scorsi, l’azionario europeo non ha fatto immediatamente sue le incertezze US, e ha chiuso in marginale progresso, con l’Eurostoxx nuovamente a contatto con la resistenza in area 3620. Gli ottimisti, come il sottoscritto, possono vederci un tenue segnale che l’ossessione per il livello della divisa e il dogma della sottoperformance rispetto a Wall Street stanno mollando un po’ la presa.
In serata, l’ipotesi di un accordo per una proroga di pochi giorni, coerente con la linea Trumpiana di provvedimenti sempre più provvisori, per moltiplicare il numero delle deadline sulle quali misurare il proprio valore, ha ridato un minimo di supporto a azionario e divisa. Vedremo cosa ci porterà domani.
Riguardo il quadro tecnico, detto dell’Eurostoxx, il segnale di inversione di breve messo a segno ieri dal Dollar Index non è confermato da un ulteriore recupero, ma nemmeno per negato da una ripresa della discesa.
• U.S. SENATORS SAY THEY ARE CONSIDERING VERY SHORT GOVERNMENT SPENDING BILL TO LAST POSSIBLY FOR A FEW DAYS, IF MONTH-LONG FUNDING BILL SPUTTERS IN SENATE
– SENATORS SAY SHORTER-TERM SPENDING BILLS COULD ENCOURAGE NEGOTIATIONS OVER SPENDING CAPS, IMMIGRATION DEAL