La giornata del CPI US di novembre e del FOMC è iniziata con un tono costruttivo in Asia. Intanto, i Repubblicani hanno perso l’Alabama e assottigliato il loro margine al Senato a 2 seggi. Moore ha perso di misura contro il candidato democratico Jones. L’evento rende ancora più fondamentale che la riforma fiscale venga approvata entro il 2018, perchè l’elezione di Jones avrà effetto da Gennaio, e al Senato ogni voto è prezioso.
Al momento pare che le scadenze potrebbero essere rispettate. Peraltro, da gennaio in poi l’esecutivo Trump avrà a che fare con la maggioranza più risicata, il che potrà ostacolarne di più l’operatività. Così il Dollaro ha perso un po’ di terreno, il che non è dispiaciuto alla parte emergente dell’area asiatica (ma forse un po’ al Nikkei). Una volta di più a guidare il sentiment sono stati gli indici cinesi, soprattutto le “H” shares, trainate da un vigoroso rimbalzo delle banche.
La seduta europea è iniziata con il consueto tono incerto. Tra i motivi, ancora volatilità sui tassi di interesse, alla vigilia dei meeting FED ed ECB. L’annuncio dello scioglimento delle Camere a Capodanno, con data per le elezioni politiche italiane fissata al 4 di marzo, ha apparentemente avuto un impatto assai robusto sui BTP, e su azionario e banche italiane.
Onestamente, mi pare pretestuoso, visto che da tempo si sapeva di questa possibilità, e che comunque le elezioni si sarebbero tenute, al più tardi, entro la primavera. Ma tant’è, l’impatto specifico sugli asset italiani è evidente a fine giornata, con lo spread BTP che allarga di 9 bps contro i 3/4 di Spagna e Portogallo, Milano che perde l’1.4% a fronte delle frazioni di punto perse dagli altri indici e l’indice bancario italiano che perde quasi il 3% vs lo 0.9% di quello europeo (seppure possono aver pesato issue specifiche di alcuni istituti).
Con bonds pesanti, e equity e divisa in attesa, si è approdati al primo appuntamento della giornata.
Il CPI US di novembre, una volta di più ha deluso. Il dato headline, trainato dai costi di energia, ha sostanzialmente rispettato le attese a 0.4% da precedente 0.1%. Le dolenti note sono venute dal dato core, (0.1% da prec 0.2% e vs attese per 0.2%), trattenuto da cali in vestiario, e stabilità in rents e medicare. Il dato, in se, non invalida il trend di modesto recupero visto da dopo l’estate (sia il dato trimestrale che il semestrale annualizzati si collocano a 1.9% contro l’1.7% del dato anno su anno). E comunque il PPI uscito ieri si aggiunge al novero dei segnali che i prezzi si stanno riprendendo (novero che comprende la NY FED inflation gauge, gli indici dei prezzi negli ISM, i sottoindici relativi all’occupazione nello Small Business optimism etc).
Ma proprio questi indizi lasciavano intravedere la possibilità di una sorpresa positiva, e quindi l’ennesimo dato deludente lascia un po’ di tracce sul mercato: correzione dei rendimenti in US e in minor misura per i bonds core europe, e Dollaro in marginale ritracciamento nonostante il buon newsflow da Washington (*TRUMP SAYS `VERY, VERY CLOSE’ TO TAX LEGISLATION DEAL, *HOUSE, SENATE LEADERS REACH TAX PACKAGE DEAL, AP REPORTS).
Naturalmente il movimento sui tassi ha amplificato l’allargamento dello spread (sul quale ha gravato anche l’annuncio di un concambio da parte del Tesoro Italiano) e riproposto la divergenza tra una Wall Street che vede l’inasprimento della politica monetaria allontanarsi lievemente, e un Europa che soffre il rimbalzo della divisa e la debolezza del settore bancario.
Stasera la Fed alzerà i tassi come previsto, e non è da escludere che il miglioramento del quadro macro e l’incrementata prospettiva di un qualche stimolo fiscale producano un upgrade delle projections e dei Dots da parte del FOMC, ma il dato odierno non arma la mano dei falchi come era lecito attendersi in base al recente newsflow.
Vedremo.
E poi domani abbiamo dati macro cinesi di novembre e l’ECB, interessante per capire se e quanto terreno ha guadagnato il fronte dei falchi in seno al Governing Council. Il percorso fino a ottobre è tracciato, ed è presto per anticipare le mosse successive, ma eventuali indicazioni che la ripresa sta guadagnando in autosufficienza verranno letti come segnali che a ottobre scende il sipario sul QE.