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Aumentano i segnali di impatto del virus sull’attività, e l’azionario corregge.

Ieri sera, la  tranquillità  del  President Day è stata inaspettatamnte  rotta dal “revenue warning” di Apple. Il  colosso degli smartphone  e dei tablet ha dichiarato che ” l’attività in Cina sta normalizzandosi più lentamente delle attese” e come conseguenza la  produzione di iphone sarà “temporaneamente limitata”. Per questo motivo Apple non raggiungerà il  suo obiettivo di fatturato per il trimestre in corso. Inoltre, l’azienda ha osservato che la domanda dei suoi prodotti sul territorio cinese è  stata impattata dalla chiusura degli store  e in generale dal ridotto afflusso di clienti.
Chi l’avrebbe mai detto?
Non tutti, a quanto pare, visto che i futures USA alla riapertura hanno ceduto terreno (il Nasdaq in primis) pur senza crollare.
Personalmente ho trovato significativo  il commento breve di un analista, laddove ha dichiarato di “essere sorpreso” dall’annuncio di questo tipo, visto che “siamo ancora a metà trimestre”,  e  la guidance sul fatturato di Apple aveva “tenuto conto” dell’effetto Coronavirus.
Il punto è  questo:  la situazione in termini di blocco dell’attività  si sta  dimostrando peggiore delle attese ma le aziende non hanno alcuna fretta di adeguare le  stime, e tanto meno di scendere nei dettagli, visto che la reporting season è ancora lontana e comunque la visibilità è poca.
Lo fanno solo se costrette. E, nella fattispecie, a  costringere Apple è stata la circostanza che in tempi brevi si troverà a corto di prodotto da  vendere, un problema esposto anche da alcune case automobilistiche i giorni scorsi (Hyunday, FCA).
Sembra sensato attendersi che nelle prossime settimane saranno in parecchi a dover dare update del genere, anche senza un materiale  peggioramento della situazione, che non sembra nelle carte, ma non si può  escludere.
Nel frattempo, insieme con Apple, un paio dei principali fornitori (TDK e Tokyo electron) hanno mostrato significativi cali, contribuendo a dare alla seduta asiatica un tono opaco e consolidativo. Anche la  trimestrale di HSBC, contenente rilevanti svalutazioni e un nuovo piano di ristrutturazione con rifocalizzazione sull’Asia, è stato  accolto abbastanza freddamente.
Particolarmente pesanti (per i tempi) sono risultati Tokyo, Seul, Hong Kong e le “H” shares. Incredibilmente, Shanghai ha chiuso in pari e l’ineffabile  Chinext ha aggiunto un altro punto percentuale al  suo record. Performance decisamente sganciate dalla realtà, a mio modo di vedere.

La  seduta  europea  è quindi iniziata con un tono consolidativo, gli indici in moderato calo, i tassi in ritirata, e i beni rifugio in domanda.
A scompigliare un po’ le carte è intervenuta l’offerta pubblica di acquisto di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, con un premio di circa il 28% sul prezzo di venerdì scorso. L’operazione, totalmente inattesa (anche se in verità sulle banche italiane e su UBI si notava parecchio  interesse i giorni scorsi) , accende un improvviso faro sul  settore  bancario italiano, che negli ultimi anni aveva visto solo salvataggi, e  costringe gli operatori a riesaminarlo: vedi mai che ci sia del valore da estrarre?
Così, oltre alle interessate, anche gli altri istituti hanno mostrato buoni rialzi, e ciò ha offerto supporto al FTSE Mib, rimasto in controtendenza per l’intera giornata, e, inizialmente, all’ indice bancario EU.

In mattinata c’era la pubblicazione dello Zew tedesco, e abbiamo assistito ad un raro scostamento di quest’indice dalla performance dei mercati azionari continentali. Infatti la “current situation” si è deteriorata (-1.5.7 da prec -9.5 e vs attese per -10) assai più di quando previsto dal consenso, e le expectations hanno fatto peggio, cedendo 16 punti a 8.7 vs attese per 21.5. Evidentemente gli umori degli operatori non sono in linea con i prezzi dell’azionario. Vedremo se anche i PMI e l’IFO, survey condotte su aziende e non su operatori finanziari, risulteranno così impattate.

In tarda mattinata si è fatto sentire il  Presidente Cinese Xi, che ha ribadito che la  Cina centrerà gli obiettivi economici dell’anno nonostante l’epidemia.
CHINA’S PRESIDENT XI SAYS CHINA STILL ABLE TO MEET 2020 ECONOMIC TARGET DESPITE VIRUS IMPACT -STATE MEDIA
Questa sorta di “whatever it takes” viene letta dai mercati come “enorme stimolo fiscale  e monetario in arrivo” e forse contribuisce a spiegare la  resilienza dell’azionario cinese. Personalmente,  avendo aspettato la miglior parte di questi anni ad  attendere che lo stimolo erogato dalle Autorità  avesse effetto (nel 2015-2016, e poi ancora nel 2018-19) non sono così convinto dell’automaticità degli effetti.

Su queste basi, gli indici Eurozone hanno concluso la mattinata con perdite moderate (tranne Milano) ed in generale un mood opaco.
Nel  primo pomeriggio, l’Empire NY manufacturing di Febbraio ha offerto una robusta sorpresa positiva (12.9 da prec 4.8 e vs attese per 5) marcando il massimo da 7 mesi. Se questo doveva essere tra i primi indici a dare una misura dell’impatto del Coronavirus, direi che in US possono dormire sonni tranquilli. Uno sguardo ai sottoindici da un idea di quella che potrebbe essere una spiegazione di questo balzo (o almeno di parte di esso). Infatti i new orders sono balzati di quasi 16 punti a 22.1,  massimo dal 2006. Ma le attese a 6 mesi per il medesimo sottoindice sono invece calate di 4 punti, anche se il livello resta elevato (27.7). L’impressione che se ne ricava è che ci possa essere un po di anticipo di ordinativi, allo scopo di accumulare scorte in vista di scarsità di materiale e semilavorati. Questa viene registrata come forza dalla survey, ma in realtà è dettata da cautela. Ricordo che Apple circa un mese fa annunciò pomposamente di aver chiesto ai fornitori di predisporsi ad un aumento del  10% della produzione. Col senno di poi, quella mossa assume un altro significato.

L’apertura di Wall Street ha visto  l’ennesimo tentativo degli investitori di comprare la  debolezza degli indici, con l’S&P in grado di portarsi a pochi decimali dalla parità. Successivamente,  il tentativo è rientrato, e anche in US l’azionario ha accumulato perdite moderate.
Così l’Europa mette giù una seduta negativa, coi principali indici in calo (Milano esclusa per i noti fatti) e  il settore auto a guidare il ribasso,  anche perchè, nel pomeriggio, Jaguar land Rover si è  unita al  coro rivelando di avere pezzi per altre 2 settimane, dopodichè la produzione, in assenza di ripresa  dell’attività  in Cina dovrà fermarsi. E le vendite in Cina sono ferme: zero.
Anche le banche EU hanno smarrito il supporto riveniente dall’Italia, chiudendo peggio dell’indice generale (ma avevano corso tanto i giorni scorsi).
Sul fronte tassi, i cali di rendimento realizzati in mattinata si sono attenuati nel pomeriggio sui bond Eurozone core,mentre i bonds periferici, in particolare Italia e Grecia, hanno visto flussi di prese di beneficio e terminano la seduta con rendimenti in rialzo.
La citata pubblicazione dell’Empire Manufacturing ha prodotto un temporaneo test del supporto a quota 1.08 da  parte dell’€/$, ma per il momento la rottura non è  avvenuta. La divisa unica in questo Febbraio ha avuto 10 sedute in perdita su 12 totali e risulta alquanto ipervenduta. E’ sorprendente che la tenue inversione del sentiment oggi non gli dia sollievo.
Una speciale menzione merita l’oro, che ha guadagnato quasi 20$ oggi e sta testando con forza il livello di 1.600 $, che  aveva già  contenuto il rialzo in occasione dell’uccisione del leader iraniano Soleimani. E pensare che il  $ forte in teoria dovrebbe danneggiarlo. Un eventuale incremento della risk aversion potrebbe fornirgli la spinta giusta.
Vediamo dove chiude Wall Street stasera.