Trump incalza la Cina ma i mercati incassano senza panico. Settore servizi debole in periferia Eurozone.

Doveva essere un inizio settimana tranquillo, con UK e ancora il Giappone chiusi per festività. Ci ha pensato Trump, ieri sera, a movimentare l’apertura odierna, cambiando bruscamente toni riguardo le trattative con la Cina. Appena sabato i media avevano riportato le ennesime dichiarazioni costruttive del Presidente (“siamo molto vicini ad un accordo storico”), e nulla lasciava intendere la svolta. E invece ieri, nel tardo pomeriggio europeo, sono comparsi 2 tweet in cui Trump ha annunciato l’aumento dei dazi su 200 bln di merci importate dalla Cina dal 10% al 25%, e la possibile imposizione di dazi sul resto delle importazioni. Il problema sarebbe che le trattative procedono a rilento e i Cinesi starebbero cercando di rinegoziare quanto già definito. Trump ha aggiunto che i dazi imposti finora sono in parte alla base degli “ottimi risultati macroeconomici”. Chissà cosa ne pensano i farmers?

Difficile farsi un idea precisa su cosa abbia scatenato il cambio di atteggiamento. E’ possibile, come ipotizzano alcuni, che effettivamente i Cinesi, confortati dai recenti toni positivi, abbiano fatto marcia indietro su alcune questioni. Oppure siamo di fronte a uno dei soliti “coup de theatre” del Presidente.
L’impressione personale, è che si tratti di una tattica per dare un giro di vite alla faccenda, e nel contempo restituire un po’ di drammaticità ad una questione che stava lentamente scivolando in secondo piano, in modo da ricavare un maggior vantaggio in termini di consenso da una soluzione. Di fatto, è nello stile di Trump di mettere pressione alle controparti nelle parti finali di una negoziazione. Inoltre, recentemente la Casa Bianca era sembrata un po’ troppo ansiosa di chiudere, e la mossa di ieri potrebbe avere in parte il compito di rintuzzare le recenti critiche di “mollezza” giunte da alcuni ambienti. La forza di Wall Street e alcuni recenti dati macro devono aver fatto pensare al Presidente che economia e mercati fossero in grado di sopportare un po’ di stress sul fronte trade. Su questo punto, a mio modo di vedere, Trump ha preso un po’ troppo alla lettera il GDP del primo trimestre, e i payrolls di aprile. In realtà il messaggio che arriva da indicatori con maggiori capacità previsive, come gli ISM, è meno confortante.
Da parte cinese, la reazione è stata composta. Le autorità hanno considerato se cancellare il viaggio a Washington del Vice premier Liu He, per poi decidere, a quanto pare, di confermarlo, ma con una durata ridotta a 1 solo giorno. La PBOC ha rapidamente annunciato un nuovo taglio della riserva obbligatoria bancaria per i piccoli istituti (non si sa se già previsto) accompagnato da un irrigidimento delle condizioni per l’identificazione dei non performing loans.

I mercati hanno accusato, ovviamente, aprendo pesanti oggi. Ma al di la degli asset cinesi, polverizzati dalla notizia, il resto degli indici per il momento ha avuto reazioni composte, segno che gli investitori condividono nella sostanza l’interpretazione secondo la quale si tratta di una tattica e non di un autentico irrigidimento.

Purtroppo, ho l’impressione che questo non sia sufficiente a permettere ai mercati una rapida archiviazione del problema. I motivi, a mio modo di vedere, sono i seguenti:
** Le autorità sono riuscite a produrre in Cina una qualche stabilizzazione ciclica, e quindi l’economia è meno vulnerabile ad un ritorno di fiamma delle frizioni commerciali. Negli USA, per contro, il settore manifatturiero ha iniziato a soffrire (l’ISM manufacturing ha segnato ad aprile i minimi da Ottobre 2016) anche a causa dell’impatto indiretto dei dazi. Su queste basi, le autorità cinesi saranno probabilmente (ancora) meno inclini a rincorrere gli USA sul loro terreno.
** Trump ha dichiarato che i dazi verranno aumentati venerdi, e assente una riconciliazione lampo (improbabile), o un passo indietro del Presidente (idem), questi aumenti avranno luogo. Ciò avrà ricadute macroeconomiche, e, presumibilmente, rinvierà di mesi il raggiungimento di un accordo che fino a sabato il mercato riteneva possibile entro venerdi questo, e probabile entro giugno.
** Questa improvvisa escalation coglie i mercati impreparati. La questione trade era da tempo considerata pressochè risolta. L’azionario globale ha messo a segno un robusto recupero, e nel breve è iperesteso e tratta su livelli di valutazione non più cosi cheap come a inizio anno. E i fattori di disturbo non mancano, dalla qualità “a macchia di leopardo” dei dati macro, ai focolai di crisi in alcuni emergenti.

Personalmente, già trovavo gli attuali livelli poco attraenti per investire, nel breve. Dopo queste news mi pare che una fase correttiva ci stia tutta. Vedremo.

Gli improvvisi sviluppi sul trade hanno coperto la pubblicazione dei PMI servizi e Composite di aprile in Asia ed Eurozone. Il dato cinese è stato un non-event: servizi +0.1 a 54.5, composite in calo a 52.7 per effetto del manifatturiero uscito scorsa settimana.
In Eurozone le revisioni hanno comportato un miglioramento delle letture aggregate (Composite EZ +0.2 a 51.5, servizi +0.3 a 52.8). Moderate revisioni al rialzo per la Germania e sostanziale stabilità per la Francia.
In generale un report che ha poco da aggiungere a quanto già osservato in sede flash: il settore manifatturiero Eurozone resta in contrazione, in particolare zavorrato da quello tedesco, mentre i servizi mantengono un po’ di verve grazie alla resilienza della domanda interna, e finora riescono ad evitare una contrazione dell’attività economica nel vecchio continente.

Le dolenti note, come anticipato implicitamente dai dati flash (la spiegazione a questo link) , hanno riguardato Spagna e Italia. La prima ha visto un brusco calo del settore servizi (da 56.8 di marzo a 53.1 di aprile) con robusto impatto sul composite (52.9 da 55.4). Il Belpaese ha a sua volta visto il settore servizi rallentare fin quasi allo stallo (50.4 da 53.1 e vs attese per 51.8) cosa che ha riportato il dato composite in territorio di contrazione (49.5 da 51.5 e vs attese per 50.6). Il commento di Markit sottolinea il marcato rallentamento dei new orders, nonostante il ritorno alla crescita di quelli provenienti dall’estero (dopo 9 mesi di contrazione). in sostanza, viene confermato quanto già intuito dal PMI manifatturiero: ad aprile la domanda interna si è indebolita mentre quella estera si è rafforzata, il che spiega perchè il manifatturiero, più sensibile alla prima, ha accelerato sensibilmente (pur restando in contrazione), mentre i servizi hanno rallentato, riportando in contrazione l’attività economica in aggregato. Un quadro che rende il paese vulnerabile ad un rallentamento della domanda globale, in particolare dovesse questa soffrire di un ritorno di fiamma delle frizioni commerciali USA – Cina.
E’ forse per questi motivi che gli asset italiani hanno aperto peggio del resto d’Europa (sia piazza Affari che BTP) e pur partecipando al parziale recupero dei risk assets, hanno mantenuto una sottoperformance fino alla chiusura. Al malumore può aver contribuito il persistente circolare di indiscrezioni che la Commissione Europea domani taglierà le stime di crescita italiane e aumenterà a 2.6% la proiezione del deficit, con la possibilità che venga richiesta una robusta manovra correttiva, oppure venga elevata una procedura di infrazione (la decisione non sarebbe ancora stata presa).

La chiusura di Londra ha comunque levato spessore all’operatività, e un atteggiamento composto da parte di Wall Street dall’apertura in poi ha favorito per l’azionario continentale chiusure negative, si, ma ad una certa distanza dai minimi di seduta. Discorso analogo sui tassi, dove la tendenza dei rendimenti core a scendere si è attenuata nel corso della seduta, così come la tendenza dello spread ad allargare. Sui cambi, poi, il trambusto era stato scarso fin dall’inizio (a parte sullo yuan) e a fine seduta solo lo Yen e la sterlina mostrano movimenti apprezzabili (il primo in rialzo grazie alla risk aversion la seconda a restituire parte dei guadagni di venerdi in seguito alle aperture di Corbyn).
Domani riaprono Tokyo e Londra e avremo un segnale più affidabile di come gli investitori affrontano questa nuova incertezza. A parte le trattative USA – Cina a Washington (ridotte a misere 24 ore nella seconda metà della settimana) i prossimi giorni propongono poco. Abbiamo, presumibilmente, un incontro finale tra la May e Corbyn domani, per tentare un accordo in extremis. La May ha scritto un editoriale per invitare il leader laburista  ad ascoltare quanto gli elettori hanno chiesto col loro voto amministrativo della scorsa settimana: ottenere un accordo di uscita.
Per il resto sul fronte macro abbiamo domani i factory orders tedeschi di marzo, e le previsioni economiche della Commissione. Mercoledi la produzione industriale tedesca di marzo, e venerdi quella francese e italiana.