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Prosegue il consolidamento sul “Trump Trade”, rimbalza l’azionario Europeo

NB: LAMPI SALTA 3 USCITE E TORNA MERCOLEDI’ 20 NOVEMBRE 

Ancora moderato consolidamento ieri sera (mercoledì)  a Wall Street con l’S&P 500 in progresso dello 0.02% e il Nasdaq 100 in calo dello 0.16% (terzo calo consecutivo, ma per un totale inferiore allo 0.5%). Peggio il Russell 2.000 Small Cap, rappresentante, tra gli indici, del Trump Trade, che ha ceduto lo 0.94, e un 2.8% in 2 sedute, a sottolineare le prese di beneficio sul trade. Il ragionamento è noto: ci si attende che Trump sia positivo per l’economia domestica, e le Small Caps sono più sensibili all’economia interna rispetto alle grosse aziende con business globali. Inoltre Trump dovrebbe tagliare la corporate tax, e loro ne pagano (quando fanno utili) più delle varie Google Apple etc, come aliquota, si intende. Per cui sorprende poco che l’elezione di Trump, con Congresso repubblicano, abbia portato un bel po’ di flussi in entrata sul comparto. La Fund Manager Survey di Bank of America ha rilevato che la larga vittoria di Trump si è tradotta in un balzo degli intervistati che si attendono che le Small Caps outperformeranno, dal 3% sulla base delle risposte raccolte per l’intero mese, al 35% netto per il 22% che ha risposto dopo le Presidenziali.

Evidentemente il comparto sta digerendo i recenti guadagni. Sembra sensato attendersi che, dopo un consolidamento, iniziato tra l’altro quando l’indice ha raggiunto i massimi storici, marcati esattamente 3 anni fa, l’outperformance riprenda.
A tale proposito, è interessante uno studio compilato da Sentimentrader.com, in cui si nota che il giorno dopo l’elezione, in seguito al massiccio rally del Russell 2.0000 (+5.8%) il 25% delle azioni dell’indice ha fatto nuovi massimi, la maggior percentuale da 3 anni e il terzo picco più alto degli ultimi 25. Questa “grandinata” di nuovi massimi è avvenuta con meno del 70% delle azioni dell’indice che scambia sopra la media mobile a 200 giorni. Quest’ultima caratteristica rende il movimento del 6 Novembre unico negli ultimi 45 anni, nel senso che quando in passato il numero di nuovi massimi in un giorno solo ha superato il 20%, la percentuale media di azioni sopra la media mobile a 200 giorni era di oltre 80%.

In linea assolutamente teorica, questa dovrebbe essere considerata una divergenza: un rally con partecipazione sotto la media. Ma il backtest dice tutt’altro. Le (poche) volte che questo fenomeno si è verificato, ovvero vi sono stati più del 20% di nuovi massimi in un giorno ma con livelli di azioni sopra la media a 200 giorni ai minimi, i ritorni successivi sono stati eccezionali, sia per il Russell 2000 (vedi figura sotto) che per l’S&P 500.

Quindi, anche la statistica (a campione ridotto, per la verità) ci dice che questo tipo di movimenti mostra prognosi positiva per la performance futura. In effetti, l’interpretazione più sensata di questo quadro è che vi sia un evento scatenante che produce il rally di grandi dimensioni ( e la grandinata di massimi nel gruppo di outperformers dell’indice), e questo evento scatenante arriva in una fase in cui il quadro non era particolarmente positivo o euforico, da cui l’elevato numero di  azioni sotto la media mobile a 200 giorni. Una situazione migliore, per produrre un rally duraturo, rispetto a quella in cui lo shock positivo arriva in un momento in cui sono già tutti euforici e ultra esposti. Non a caso Sentimentrader.com ha osservato che nel caso opposto (oltre 20% di nuovi massimi con percentuale di azioni che scambiano sopra la media mobile a 200 giorni storicamente elevata), le performance successive sono assai più scarse.

Vedremo come andrà nei prossimi mesi.
Intanto, Trump si è visto conferire infine anche la House of Representatives, nel senso che i seggi che sono stati ufficialmente assegnati ai Repubblicani hanno raggiunto il numero di 218, che garantisce la maggioranza. Ne mancano 9 da assegnare, di cui apparentemente da uno a 4 dovrebbero andare ai Repubblicani, a giudicare dal parziale. Una maggioranza quindi non enorme, che eventualmente potrebbe implicare qualche difficoltà per l’amministrazione a passare i provvedimenti più contestati internamente. Infatti già  nel 2023, quando alle Midterm i repubblicani si aggiudicarono una maggioranza di 9 seggi, ci vollero 15 ballottaggi per eleggere McCarty a capogruppo (speaker) e quando fu deposto in ottobre, ci vollero 22 giorni per eleggerne uno nuovo. Successivamente il nuovo speaker Johnsonn ha dovuto ricorrere più volte al supporto dei Democratici per passare provvedimenti. Una maggioranza assai litigiosa quindi.
Certo, ora i Repubblicani non sono più all’opposizione, il che potrebbe compattarli. Ma Trump è divisivo anche all’interno del Partito, e forse non sarà facile passare alcune parti del suo programma. Già si nota un bel malcontento interno per alcune delle sue nomine più clamorose.

La seduta asiatica ha avuto nuovamente un decorso negativo, con solo Seul e Sydney in grado di tenere la testa fuori dall’acqua. Male Tokyo, Taiwan, Vietnam e Mumbai, malissimo il China  complex. Chiaramente preoccupa sempre di più l’aspetto politica commerciale USA, vista la tornata di falchi anti Cina che sta aggiudicandosi le nomine, vedi Rubio ( link Rubio Pick Signals a Trump China Policy That Could Go Beyond Tariffs). In generale, tutta l’area asiatica ha da temere su questo aspetto. E poi, domattina presto escono i dati macro cinesi di ottobre (produzione industriale, retail sales etc), e chiaramente la tensione è alta.

Per contro, la seduta europea è iniziata all’insegna del rimbalzo. Proprio ieri avevo scritto che, a giudicare dal grafico, una correzione del trend di divergenza tra azionario Eurozone e USA non doveva essere troppo lontana. Avrei dovuto essere meno timido. Proprio oggi gli indici sono partiti al rialzo e hanno accumulato importanti progressi in poco tempo. Se i rendimenti sono partiti in rialzo, anche sui bonds eurozone non hanno tardato a comparire ricoperture. L’unico asset EU rimasto indietro è l’€ che in mattinata, incurante dei recuperi messi a segno da azionario e bonds, ha messo il naso sotto 1.05 vs $, prima di ingegnare un recupero.
Nel primo pomeriggio l’attesa pubblicazione dei prezzi alla produzione USA di ottobre.

Il dato core è uscito leggermente sopra attese, un altro segnale che l’inflazione in US non è più così benigna. Questi numeri comportano una revisione al rialzo delle stime del PCE core, in pubblicazione a fine mese. Questo ora è visto arrivare con maggior probabilità vicino a 0.3% sul mese, rispetto a 0.2 che stimava prima il consenso.  Tra le componenti che vi entrano, a salire di più sono stati i financial services. Questa categoria è correlata con la performance dell’azionario, attraverso le performance fees, e quindi non è propriamente una componente rappresentativa di pressioni inflazionistiche.
I sussidi di disoccupazione sono usciti bassi, in linea col consenso. A giudicare da questi numeri, il rilassamento del mercato del lavoro di primavera estate è ormai un ricordo.
I bonds li per li hanno un po’ accusati, ma poi le ricoperture sono ripartite.
Wall Street è partita marginalmente positiva, ma rapidamente sono partite altre prese di beneficio e gli indici sono scivolati in negativo, con il Russell 2.000, coerentemente, a guidare il movimento. Il consolidamento del Trump trade si nota ovunque, con i rendimenti in discesa, nonostante i dati forti, l’azionario Eurozone sugli scudi, l’oro in recupero, dopo una mattinata pesante, Bitcoin che non riesce ad avere ragione di quota 90.000 $, con cui sta lottando da 3 giorni, e Tesla in ulteriore calo. A proposito di quest’ultimo tema, Trump apparentemente mostra da subito il suo amore per l’ecologia, e per il big tech, anche se probabilmente non mancherà di ricompensare altrimenti il suo primo sponsor. Tra le prime idee apparentemente vi è quella di togliere i sussidi ai veicoli elettrici (*TRUMP TEAM PLANS TO KILL $7,500 EV TAX CREDIT: REUTERS) cosa che ha pesato alla grande sul comparto, e aggravato il passivo di Tesla. Anche il Dollaro ha visto i suoi progressi scemare, anche se in negativo, il Dollari Index, ci è stato solo qualche decina di minuti attorno alla chiusura europea.
Gli indici Eurozone chiudono una seduta brillante, la prima da parecchio tempo, con progressi in generale ben sopra l’1% e per Eurostoxx 50 e FTSE Mib vicini al 2%. Il tech è il miglior settore, seguito da energy e industrials, 2 comparti che sicuramente avevano sofferto parecchio. Il calo dei rendimenti è generoso e diffuso. Solo l’€, pur avendo recuperato dai minimi della mattinata, resta su livelli inferiori a ieri.