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Lampi di colore

Lampi di colore 63

 

NB: Lampi va in vacanza 2 giorni e torna lunedi 14 – oggi nota sintetica 

Ieri sera, Wall Street ha nuovamente trovato la forza di recuperare, nella parte finale di seduta, contenendo perdite che erano assai più rilevanti appena 2 ora prima. Sicuramente la news apparsa su FT secondo cui Deutsche Bank starebbe considerando il riacquisto di “miliardi dei propri bonds” alle attuali valutazioni scontate, allo scopo di mostrare la propria solidità e nello stesso tempo assicurarsi un guadagno in conto capitale, ha avuto un ruolo in questo rimbalzo, anche se a mio parere non ha costituito l’unico fattore. Eventualmente l’incombere della testimonianza al Congresso della Yellen può aver alimentato un po’ di ricoperture. La brusca discesa dell’oil, tornato non troppo distante dai minimi, non ha causato il consueto scompiglio.

La seduta asiatica, nuovamente a scartamento ridotto, ha prodotto pochi temi. Tokyo continua a soffrire la forza dello Yen e la brusca perdita di credibilità delle recenti politiche monetarie. I media locali stanno dando spazio alla recente volatilità, con le  implicazioni per il quadro macro, e la  popolarità degli Abenomics è ai minimi. I pochi altri mercati aperti hanno chiuso in negativo, mostrando scarso interesse per le news su DB.

Il quadro è repentinamente cambiato poco dopo l’apertura europea, quando, presumibilmente, la citata news ha potuto impattare sui mercati interessati, ovvero il credito e i bonds bancari europei, e le azioni bancarie. La comparsa di importanti flussi di ricopertura ha rapidamente trascinato gli indici al rialzo, guidati dai settori più penalizzati nei giorni scorsi, vale a dire le banche (in particolare italiane) e ovviamente la piazza di Milano.
Se il recupero dei subordinati bancari e degli indici del credito ha rapidamente incontrato prese di beneficio, l’azionario ha tenuto meglio il movimento, andando incontro alla Yellen con progressi robusti.
Sul fronte macro, i dati continuano ad indicare che l’economia europea ha chiuso il 2015 con una nota di debolezza. Entrambi le produzioni industriali italiana e francese di dicembre hanno deluso. Stesso discorso per quella inglese.

Alle 14.30, è comparso sul sito FED il discorso preparato dalla Yellen. In generale, il tono è risultato simile a quello dell’ultimo FOMC statement. La Presidente ha ribadito che il mercato del lavoro è assai migliorato nel 2015, ma che esistono ancora sacche di debolezza. Lo scenario macro resta quello di una “crescita moderata” anche se nell’ultimo trimestre alcuni fattori (scorte, export) hanno prodotto un rilassamento.
La Yellen ha riconosciuto che le financial conditions si sono deteriorate, accennando all’azionario, al credito, alla divisa e al quadro internazionale (e cinese) . Se questi sviluppi dovessero protrarsi, potrebbero costituire un rischio per lo scenario macro.  Ma ha sottolineato anche gli elementi a supporto (occupazione, crescita dei salari) e quelli che potrebbero produrre sorprese positive (impatto dell’oil sui consumi). L’inflazione poi resterà bassa a lungo a causa di fattori transitori come oil e commodities.
Sulla politica monetaria, la Yellen ha giustificato il rialzo di dicembre, e chiarito che il percorso dei tassi resta dipendente dagli sviluppi futuri, e non è in alcun modo predefinito. Si è però astenuta totalmente dal prendere impegni di breve, lasciandosi aperte tutte le opzioni.
In soldoni, la Yellen ha riconosciuto in parte il mutamento di quadro globale occorso nelle ultime settimane, e parzialmente abbracciato lo scenario del mercato (almeno quello di qualche tempo fa) circa la normalizzazione (ricordo che l’ultima dot plot proiettava 4 rialzi dei tassi entro il 2016 mentre al momento il mercato ne prezza mezzo). Si è però sforzata di mantenere un bilancio dei rischi equilibrato, limitandosi a dichiarare che la situazione viene attentamente monitorata, ma nessuna decisione è stata presa.
Personalmente, mi attendevo un atteggiamento più accomodante, che lasciasse intendere una posizione di “wait and see” sui tassi, e non un “business as usual” con qualche caveat. Questo perchè, comunque vadano le cose, mi pare difficile che tra 5 settimane si producano le condizioni per un nuovo rialzo, e non vedo l’utilità di tenere sulla corda investitori cosi stressati. Ma forse ha ragione chi mi fa notare che  modifiche della stance in fasi di panico sui mercati corrono il rischio di alimentarlo anzichè spegnerlo, e che forse conviene far calare il polverone prima di agire. Certo che la Yellen odierna non risulta molto in linea con il coordinamento tra banche centrali che mi auguravo ieri. Si spera che Draghi sia più ispirato, a marzo.

Difficile valutare l’impatto  sui mercati del discorso. Tassi e divisa hanno reagito al tono meno accomodante delle attese, anche se il modesto rialzo dei fed fund futures e il rimbalzo del dollaro si stanno attenuando mentre scrivo. Stesso discorso per l’azionario, che ha perso brillantezza, ma la confusione è tale che è difficile distribuire i meriti. Diciamo che una tenuta degli indici, senza un aiuto particolare da parte della Yellen, è un segnale positivo, in un quadro che resta pericolante.

Infatti, se il robusto rimbalzo dell’azionario continentale e delle banche è un segnale di vita importante, uno sguardo alle chiusure mostra che una parvenza di normalizzazione della price action è lontana. L’Eurostoxx Banks rimbalza del 6.9% e all’interno dell’indice 4 importanti istituti recuperano più del 10% (Intesa Sanpaolo +14.4%). Perchè il settore torni terreno di investimento per gli investitori istituzionali, la volatilità deve scendere parecchio. Al momento, il campo rimane ai momentum players. Non a caso, a fine giornata i  progressi sul fronte spreads corporate risultano assai ridimensionati.
Peraltro, il movimento odierno migliora un po’ il quadro tecnico (anche se bisogna vedere come chiude Wall Street), ponendo il primo mattone di un eventuale fase di bottoming.