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Lampi di Colore

Lampi di Colore 50

Ieri mattina sembra distante settimane.
In tarda mattinata, il petrolio aveva messo il naso sopra 30$, e un recupero del  sentiment sembrava alla portata. L’azionario europeo mostrava un progresso di oltre 2 punti percentuali, mentre i future di Wall Street salivano dell’ 1.5%.
Da li, l’oil ha iniziato una discesa che lo ha portato a perdere il 9% nelle 20 ore successive, a cui si è aggiunto un altro 4% oggi in giornata, per un totale di un 13% circa mentre scrivo.
Questo movimento, da solo, sembra spiegare il massacro sui mercati globali iniziato ieri sera. Basta uno sguardo ai grafici intraday dei future sull’ oil e sull S&P 500 per rendersene conto: si assomigliano come 2 gocce d’acqua.

Lampi di Colore 49

I motivi dell’ impatto negativo dell’oil sul sentiment e sugli asset sono ormai noti:

** Il crollo dell’oil sta devastando i bilanci del settore energy US, il che impatta sul mercato High Yield, dove questi emittenti rappresentano il 16/18% degli emittenti. E impatta marginalmente anche sui bilanci bancari, con le banche US costrette ad accantonare somme a fronte dei loans erogati a questi emittenti
** Oltre a ciò deprime gli utili, investimenti e l’occupazione nel settore, con le prime 2 voci impattate anche a livello generale in US e globalmente.
** Infine devasta i bilanci pubblici dei paesi produttori, i quali, per far fronte ai deficit liquidano asset sui mercati globali, direttamente oppure via i propri sovereign national funds, alimentando la volatilità globale.

Il 25% (abbondante) perso dall’oil da inizio anno lo ha apparentemente portato su livelli per i quali lo stress cresce esponenzialmente. Una permanenza sotto 30 $ mette fuori mercato una larga parte dei produttori.
Se questo è un passo fondamentale per il riequilibrio domanda offerta (a questi prezzi la ricerca di nuovi pozzi, e la messa in funzione di quelli trovati recentemente, si ferma, mentre la domanda sale) è chiaro che gli effetti negativi si dispiegano con violenza, mentre quelli positivi ci mettono tempo. Per fare un esempio schematico, un Sovereign Wealth Fund che vende asset per 100 milioni di $ sul mercato per far fronte ad un uguale deficit di entrate, ha un impatto rapido e diretto, mentre i milioni di consumatori che si appropriano di un eguale risparmio, modificano la loro funzione di spesa in tempi molto più lunghi.

Detto questo, la correlazione perfetta tra l’oil e gli asset evidenziata dal grafico mostra il livello di isteria a cui è giunto il mercato su questo tema, e il circolo vizioso di creazione di volatilità in cui ci siamo inseriti.
Una discesa dell’oil su questi ritmi mi pare francamente insostenibile. Un – 13% tra le 12.30 di ieri e le 19 di oggi mi pare una capitulation di tutto rispetto. Ritengo che una stabilizzazione dovrebbe essere vicina (anche perchè ormai sono in pochi ad attendersela) e quindi almeno questa fonte di volatilità dovrebbe esaurirsi a breve. Certo, ormai il crollo dell’oil ha prodotto danni tali che non potranno essere riparati da un rimbalzo, ammesso che questo si verifichi. Ma se  non altro, una stabilizzazione dovrebbe permettere anche agli effetti positivi di dispiegarsi.
A parte ciò, la speranza è che una price action meno estrema riduca l’isteria e con essa la correlazione perfetta tra i mercati.

Venendo alla questione italiana, la tempesta perfetta costituita da:
** bail in dei creditori subordinati delle piccole banche smembrate
** Spostamento arbitrario in Portogallo di alcune emissioni dalla “good bank” del banco Espirito Santo (Novobanco) alla bad bank
** lo scontro Italia – EU sulle regole informanti la costituzione della Bad Bank italiana
** la goffa richiesta di informazioni da parte dell’ECB ad alcuni istituti sui non performing loans di alcuni istituti
** l’ondata di risk adversion che si è abbattuta sui mercati in quest’inizio 2016

ha demolito il settore bancario italiano e causato panico tra gli investitori e il retail, creando i presupposti per una corsa agli sportelli, se il problema non verrà affrontato in tempi stretti. A questo punto, calcoli sull’effettiva copertura delle sofferenze nei vari istituti hanno una rilevanza decrescente, a fronte del deterioramento derivante dalla potenziale crisi di fiducia.

Quel che serve, a mio modo di vedere è:
1) un rapido chiarimento sui termini a cui le banche che lo necessitano potranno sgravarsi dei non performing loans. Questi termini non debbono essere troppo premianti per gli istituti, ma nemmeno possono essere determinati da quello che il mercato valuta – ora – questi asset.
Una bad bank che valuta gli asset a mercato aggiunge solo un intermediario, con i relativi costi, al loro approdo agli investitori dedicati. O la rende un entità dedita al profitto, cosa che non dovrebbe essere
2) Una volta definito il punto uno, serve una seria strategia di aggregazione di questi istituti, in modo da renderli più efficienti, e stoppare un eventuale inizio di corsa agli sportelli. Un compito assai più facile, una volta che i bilanci sono stati ripuliti, ad un costo, dagli asset.
Vediamo se il panico di questi giorni produrrà, come successo più volte in passato, il miracolo di stimolare progressi su questo importante fronte.

Sul fronte tecnico, i movimento odierni hanno prodotto la violazione dei supporti più o meno ovunque. Peraltro, i mercati vi arrivano estremamente iperestesi, il che normalmente aumenta il rischio di false rotture (le rotture più pericolose sono quelle che seguono lunghi movimenti laterali come agosto scorso sull’S&P 500 o graduali perdite di momentum).

Chiudo con 2 parole sull’ECB di domani.
Il compito per Draghi è particolarmente difficile. Un mese e mezzo fa l’ECB ha incrementato le misure di easing. Purtroppo, si è spesa male queste risorse, creando delle attese che per motivi sui cui è lecito fare solo delle ipotesi, poi ha deluso. Il destino le ha congiurato contro, e l’effetto negativo di questa delusione sulle variabili che la Banca Centrale usa per misurare le condizioni monetarie, è stato enormemente esaltato dagli eventi illustrati sopra.
E’ evidente che servono ulteriori misure per mantenere il livello di stimolo monetario desiderato. Ma una mossa a distanza di un meeting solo dalla precedente risulta imbarazzante. A parte segnalare urgenza, costituisce un ammissione che allo scorso meeting si è sottovalutata la situazione.
Draghi potrebbe segnalare interventi al prossimo meeting di marzo, come già fatto più volte in passato. Ma dopo la gaffe di dicembre, la mera retorica rischia di essere un arma spuntata.

A mio modo di vedere, il Governing Council dovrebbe prendere atto della modifica del quadro e rimettere mano al policy mix in maniera decisa. E visto la situazione in cui versano le banche europee, suggerirei acquisti, non tassi negativi. Visto che le attese su questo meeting sono modeste, per i motivi sopra citati, Draghi avrebbe dalla sua anche l’effetto sorpresa.
Diversamente, il presidente ECB dovrà trovare il modo di rassicurare i mercati, o anche l’unica variabile che finora è rimasta composta, l’€, rischia di decollare.
Certo, un recupero marcato dell’oil potrebbe cambiare la situazione e riportare in traiettoria le variabili. Ma non si sa quando questo possa avvenire, e attendere che l’oil levi le castagne dal fuoco all’Europa non mi pare una grande strategia.
In soldoni, non escludo che domani Draghi riesca a trovare il consenso per un azione.