![](https://financialconsulting.anthilia.it/wp-content/uploads/sites/5/2017/06/inflazione-europea-pesa-il-petrolio-ma-sale-linflazione-core-2.jpg)
NB: Lampi salta un giorno e torna martedi 17 ottobre
La giornata del CPI US di Settembre è iniziata con un tono generalmente costruttivo. Analogamente a ieri, i principali mercati asiatici hanno ben figurato. Il run up verso i dati US di oggi è stato quanto mai tranquillo, con dollaro e tassi US in lieve ritirata, e ciò, insieme con uno stato di grazia delle economie asiatiche continua a supportare l’azionario locale.
Tokyo continua il suo rally elettorale. A questo punto mi pare di poter dire che il mercato prezza un outcome assai positivo per Abe.
In Cina, è stata pubblicata la bilancia commerciale di settembre, con surplus in contrazione ben superiore alle attese, a causa di esportazioni fiacche, mentre le importazioni hanno accelerato bruscamente. Un perfetto esempio della personale teoria che l’accelerazione ciclica cinese (ottenuta grazie a massicce dosi di stimolo monetario e fiscale) è uno dei principali driver della forza economica in Asia e di quella globale. Non a caso le esportazioni di Sud Corea, Taiwan e Giappone hanno segnato i massimi il mese scorso.
In generale gli altri indici dell’area hanno mostrato marginali incrementi compresi tra p0.7% di Mumbay e 0.0% di Seul.
L’apertura europea ha visto l’impatto sui mercati di indiscrezioni raccolte da Bloomberg secondo cui l’ECB sarebbe orientata ad annunciare, il 26 ottobre un dimezzamento del ritmo mensile di acquisti, per una durata di 9 mesi. La mossa verrebbe accompagnata dal mantenimento di una robusta guidance sui tassi. Nulla di particolarmente nuovo, ma l’accento sulla durata del periodo e sulla guidance ha spostato il focus sul fatto che un estensione del genere rinvia nel tempo il prossimo rialzo. Anche l’intenzione di gestire in anticipo le aspettative del mercato implicita nella recente retorica ha indotto i mercati ad attribuire un significato dovish alle indiscrezioni. Cosi i bonds europei hanno preso la via del rialzo, e l’€ ha perso terreno in mattinata. Tono cautamente costruttivo sulle borse.
Venendo ai dati US, è evidente che qualcosa non ha funzionato nel ragionamento in base al quale mi attendevo un dato forte. Il CPI headline ha si accelerato, ma meno delle attese (+0.5% da 0.4% e vs attese per +0.6%) mentre il dato core ha a sua volta deluso (+0.1% da prec +0.2% vs attese per +0.2%). L’effetto uragani si nota bene nel comparto transportation, ma alcuni componenti hanno mostrato tassi contenuti o negativi (abbigliamento, Medicare, autoveicoli), mentre gli affitti hanno di nuovo rallentato.
Come accennavo ieri, il singolo dato può essere soggetto a distorsioni e non va sopravvalutato. Ad esempio tra i componenti core spicca la debolezza dei prezzi dei veicoli nuovi (-0.4%) e usati (-0.2%). Una lettura un po’ strana in considerazione che a settembre si è materializzata la domanda per sostituzione nelle aree colpite dagli uragani. Infatti il tasso annualizzato di vendita di nuovi veicoli è balzato da 16 milioni di pezzi a 18.5 milioni, vs attese per 17.15 mln. E Manheim sostiene che l’indice di auto usate è salito a settembre di circa il 3%. Con un milione di auto distrutte, perchè i prezzi delle auto usate in US dovrebbero scendere? Anche l’azzeramento delle spese per health insurance è un po’ sospetto.
Meglio è andata con le retail sales di Settembre, dove a un dato headline leggermente sotto attese, anche se comunque forte (+1.6% vs 1.7% atteso) , hanno fatto da contraltare letture superiori alle attese per i dati depurati dalle componenti volatili, e revisioni al rialzo dei dati di agosto. Il dato control group, che comprende tutte le poste che entranio nel GDP, è uscito a +0.4% in linea, ma agosto è stato elevato da -0.2% a 0.0%. Il dato headline è ovviamente distorto dall’aumento del costo dei carburanti e dall’incremento delle vendite d’auto per effetto sostituzione.
Ma oggi la scena era presa dall’inflazione US, e quindi la reazione del mercato è coerente: dollaro in calo, tassi in discesa ovunque, azionario sostenuto in particolare negli emergenti, i primi fruitori di crescita senza inflazione, e in US, che fattorizza il $ in calo. Le retail sales contengono un po’ la reazione sulla divisa e sui tassi, forse, visto che è dura immaginare una FED che faccia meno di quanto prezzato dal mercato, con un economia cosi in forma. Le probabilità di un rialzo a dicembre sono scese solo marginalmente. Ma dopo l’incepparsi del piano di taglio delle tasse, questa del CPI deludente è la seconda tegola per il duo $-tassi.
A mio modo di vedere, il quadro generale sull’inflazione resta quello di una graduale ripresa, favorita da un economia in accelerazione negli ultimi mesi (l’inflazione è lagging) e un mercato del lavoro alla piena occupazione. Ma adesso si torna a leggere i fondi di caffè per un altro mese, sui prezzi. Nel frattempo, abbiamo la cacofonia al Congresso (che dovrebbe varare il budget coi tagli alle tasse) e l’incertezza sulla nomina alla FED (oggi leggevo che riprende quota Taylor, ma Powell resta in pole). Il quadro resta opaco quindi nel breve su tassi e divise, sebbene il macro lasci sempre propendere per rialzi dei rendimenti, e un graduale recupero del $.