![](https://financialconsulting.anthilia.it/wp-content/uploads/sites/5/2017/03/olanda-massiccia-partecipazione-a-sostegno-dellunione-festeggiano-i-mercati.jpg)
L’annuncio di nuove sanzioni alla NordCorea da parte di Trump ha sortito l’effetto consueto. Il regime ha risposto minacciando reazioni di portata “storica” tra cui eventualmente un test di bomba all’idrogeno nell’oceano pacifico.
La nuova escalation verbale ha diffuso una moderata risk aversion sulla seduta asiatica, coi principali indici in rosso, ad eccezione di Sydney. Il bad mood impattato anche sul $, in particolare vs Yen ma in varia misura contro i principali cross, a dimostrazione che il biglietto verde recentemente gode di una correlazione negativa con la risk aversion, principalmente per l’impatto sui tassi e sulle aspettative FED.
In generale una reazione modesta, visti i rischi connessi col week end. Ma non è un mistero che i mercati hanno fatto il callo al rischio geopolitico di recente. Ieri sera il Vix ha chiuso a 9.76 nonostanteil chiaro richio di rappresaglie da parte di Pyongyang .
A stemperare la moderata negatività con cui ha aperto la seduta europea hanno pensato i PMI flash di Settembre, usciti parecchio sopra attese, producendo una serie di record.
Il PMI Eurozone composite è salito a 56.7, a un pelo dal massimo dell’anno, vs attese di un marginale calo da 55.7 a 55.6. Fortissimo il manifatturiero Eurozone, a 58.2 da 57.4 e vs attese per 57.2, e nuovo massimo dal 2011. Stessa performance da parte del PMi servizi (55.6 da 54.7 e vs attese per 54.8) a sua volta ai nuovi massimi da 6 anni. Dal punto di vista geografico boom del manifatturiero tedesco (60.6 da 59.3 vs attese per 59) e marcato erimbalzo del settore servizi (55.6 da 53.5 vs attese per 53.7). L’indice aggregato passa a 57.8 da 55.8 vs attese di marginale calo. Quadro simile in Francia dove i servizi (57.1 da 54.9) accelerano più del manifatturiero (56 da 55.8) e il composite stacca un brillante 57.2 da 55.2 vs attese per 55.
Si tratta di dati coerenti con una crescita di 0.7% trimestre su trimestre. Lievemente meno brillante il resto dell’Eurozona, che non ha mostrato accelerazione in aggregato, ma la cui attività resta su livelli di espansione lusinghieri. La forza dell’€ è stata citata a livello di preoccupazione da alcune aziende manifatturiere, ma è evidente che l’impatto è per ora impercettibile.
Naturalmente, delle good news si è avvantaggiata soprattutto la divisa unica, che è arrivata, con la collaborazione di Pyongyang, a superare a tratti 1.20 vs $, cancellando praticamente la discesa post FOMC. Puntuale è arrivata l’azione di contenimento (*ECB’S DRAGHI: WE AREN’T THERE ON INFLATION) anche se non saprei dire se sia stata provocata dal movimento, fosse già prevista o si sia trattasto di un mero fenomeno mediatico (frase estrapolata dal contesto).
Anche l’azionario continentale però ne ha beneficiato, con i principali indici in grado di recuperare le perdite del primo mattino.
Per il resto, la mattina è stata vissuta nell’attesa del discorso della May nel pomeriggio a Firenze.
Nel pomeriggio, i PMI flash US hanno riservato poche emozioni. In linea con le attese e poco variato il manifatturiero (53 da 52.8), in calo ma sempre su livelli decenti i servizi (55.1 da 56 vs attese per 55.8).
Delusione, da parte dell’EU e dei mercati per l’atteso discorso della May. La premier UK ha offerto formalmente di pagare 20 miliardi per la permanenza nel mercato unico durante il periodo di transizione e ha tenuto un tono conciliatorio. Ma ha richiesto che un accordo per la transizione avvenga in tempi brevi per limitare l’incertezza per i business, il che contrasta con la posizione formale EU, secondo cui l’accordo sulla transizione deve venire dopo quelli per l’uscita e la delineazione dei nuovi trattati. Il negoziatore EU Barnier ha lodato lo spirito, ma ha preso tempo, indicando che servono maggiori dettagli per poter decidere. La Sterlina ha tenuto un andamento schizofrenico ma alla fine sta confermando la tendenza all’indebolimento tenuta in mattinata.
Sul fronte Fed, il primo a parlare dopo il Black out è stato Williams. Il Presidente della Fed di San Francisco ha fondamentalmente ribadito i concetti emerdi al FOMC, dichiarando di attendersi un ultimo rialzo dei tassi a dicembre e graduali rialzi dei tassi nei prossimi 2 anni. I Fed Funds daranno il principale strumento di politica monetaria e il new normal si collocherebbe intorno al 2.5%.
Riguardo l’inflazione, un po’ di attenzione ha ottenuto l’aggiornamento di un indice dei prezzi calcolato dalla Fed di New York, che indica che considerando solo i prezzi il CPI sarebbe al 2.17% mentre allargando il campo ad una vasta gamma di indicatori dsaremmo al 2.7%. Entrambi gli indici sarebbero in trend rialzista da un paio di mesi.
La chiusura europea vede i principali indici tra lo stabile e il marginale progresso, il che non è male in considerazione del livello assoluto (per l’Eurostoxx è la chiusura più elevata da giugno, e le incognite del week end (bomba H nel pacifico?). Come al solito sono i tassi a risentire di più della tensione: quelli Eurozone sono grossomodo stabili nonostante i dati stellari, e quelli US scendono moderatamente.
Meno ispirata Wall Street, che continua a mostrare la scarsa vena delle ultime sedute, zavorrata dal Nasdaq.
Il Dollaro ha messo in scena un recupero, del quale è difficile intuire il driver. Forse il mercato inizia a guardare a lunedi, quando l’amministrazione US dovrebbe provare per l’ennesima volta a illustrare le linee guida della riforma fiscale. Vedi mai che stavolta si vada oltre i vuoti proclami. Nel frattempo, occhio alla NordCorea.