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Scarsi progressi tra EU e UK sul fronte Brexit… PMI Europei ai massimi

Lampi di Colore 801

L’annuncio di nuove sanzioni alla NordCorea da parte di Trump ha sortito l’effetto consueto. Il regime ha risposto minacciando reazioni di portata “storica” tra cui eventualmente un test di bomba all’idrogeno nell’oceano pacifico.
La nuova escalation verbale ha diffuso una moderata risk aversion sulla seduta asiatica, coi principali indici in rosso, ad eccezione di Sydney. Il bad mood impattato anche sul $, in particolare vs Yen ma in varia misura contro i principali cross, a  dimostrazione che il biglietto verde recentemente gode di una correlazione negativa con la risk aversion, principalmente per l’impatto sui tassi e  sulle  aspettative FED.
In generale una reazione modesta, visti i rischi connessi col week end. Ma non è un mistero che i mercati hanno fatto il callo al  rischio geopolitico di recente. Ieri sera il Vix ha chiuso a 9.76 nonostanteil chiaro richio di rappresaglie da parte  di Pyongyang .

A stemperare la moderata negatività  con cui ha aperto la  seduta europea hanno pensato i PMI flash di Settembre, usciti parecchio sopra attese, producendo una serie di record.
Il PMI Eurozone composite è  salito a 56.7, a un pelo  dal  massimo dell’anno,  vs attese  di  un marginale calo da 55.7 a 55.6. Fortissimo il manifatturiero Eurozone, a 58.2 da 57.4 e vs attese per 57.2,  e nuovo massimo dal 2011. Stessa performance da parte del PMi servizi (55.6 da 54.7 e vs attese per 54.8) a  sua volta  ai nuovi massimi da 6 anni. Dal  punto di vista geografico boom del manifatturiero tedesco (60.6 da 59.3 vs attese per 59) e marcato erimbalzo del  settore servizi (55.6 da 53.5 vs attese per 53.7). L’indice aggregato passa a 57.8 da 55.8 vs attese di marginale calo. Quadro simile in Francia dove i servizi (57.1 da 54.9) accelerano più del manifatturiero (56 da 55.8) e  il  composite stacca un brillante 57.2 da 55.2 vs attese per 55.
Si tratta di dati coerenti con una crescita di 0.7% trimestre su trimestre.  Lievemente meno brillante il resto dell’Eurozona, che non ha mostrato accelerazione in aggregato, ma la cui attività resta su livelli di espansione lusinghieri. La forza dell’€ è stata citata a livello di preoccupazione da alcune aziende manifatturiere, ma è evidente che l’impatto è per ora impercettibile.

Naturalmente, delle good news si è avvantaggiata soprattutto la divisa unica,  che è  arrivata, con la collaborazione di Pyongyang, a superare a tratti 1.20 vs $, cancellando praticamente la discesa post FOMC. Puntuale  è arrivata l’azione di contenimento (*ECB’S DRAGHI: WE AREN’T THERE ON INFLATION) anche se non saprei dire se sia stata provocata dal movimento, fosse già  prevista o si sia trattasto di un mero fenomeno mediatico (frase estrapolata dal contesto).
Anche l’azionario continentale  però ne ha beneficiato,  con i principali indici in grado di recuperare le  perdite del  primo mattino.
Per il resto, la  mattina è  stata vissuta nell’attesa del discorso della May nel  pomeriggio a Firenze.

Nel pomeriggio, i PMI flash US hanno riservato poche emozioni.  In linea con le attese e poco variato  il manifatturiero  (53 da 52.8), in calo ma sempre su livelli decenti i servizi (55.1 da 56 vs attese per 55.8).

Delusione, da  parte dell’EU e dei mercati per l’atteso discorso della May. La  premier UK ha offerto formalmente di pagare 20 miliardi per la  permanenza nel mercato unico durante il periodo di transizione e ha tenuto un tono conciliatorio. Ma ha richiesto che un accordo per  la  transizione avvenga in tempi brevi per limitare l’incertezza per i business, il che contrasta con la  posizione formale  EU, secondo cui l’accordo sulla transizione deve venire dopo quelli per l’uscita e la  delineazione dei nuovi trattati. Il negoziatore EU Barnier ha lodato  lo spirito,  ma ha preso tempo, indicando che servono maggiori dettagli per  poter decidere. La Sterlina ha tenuto un andamento schizofrenico ma alla fine sta confermando la tendenza all’indebolimento tenuta in mattinata.

Sul  fronte Fed, il  primo a parlare dopo il Black out è stato Williams.  Il Presidente della Fed di San Francisco ha fondamentalmente ribadito i concetti emerdi al  FOMC, dichiarando di attendersi un ultimo rialzo dei tassi a dicembre e graduali rialzi dei tassi nei prossimi 2 anni. I Fed Funds daranno il principale strumento di politica monetaria e il new normal si collocherebbe intorno al 2.5%.
Riguardo l’inflazione,  un po’ di attenzione ha ottenuto l’aggiornamento di un indice dei prezzi calcolato dalla Fed di New York, che indica che considerando solo i prezzi il CPI sarebbe al  2.17% mentre allargando il  campo ad una vasta gamma di indicatori dsaremmo al 2.7%. Entrambi gli indici sarebbero in trend rialzista da un paio di mesi.

La chiusura europea vede i principali indici tra lo  stabile e il marginale progresso, il che non è  male in considerazione del livello assoluto (per l’Eurostoxx è  la chiusura più elevata da giugno, e le  incognite del  week end (bomba H nel pacifico?).  Come al solito sono i tassi a risentire di più della tensione:  quelli Eurozone sono grossomodo stabili nonostante i dati stellari, e quelli US scendono moderatamente.
Meno ispirata Wall Street, che continua a mostrare la scarsa vena delle ultime sedute,  zavorrata dal Nasdaq.
Il Dollaro ha messo in scena un recupero,  del  quale  è difficile intuire il  driver. Forse il mercato inizia a guardare a lunedi,  quando l’amministrazione US dovrebbe provare per l’ennesima volta a illustrare le linee guida della riforma fiscale. Vedi mai che stavolta  si vada oltre i vuoti proclami. Nel frattempo,  occhio alla NordCorea.