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Draghi evita commenti sul'euro… Ciclo globale forte, buoni dati PMI

Lampi di Colore 772

Il sentiment spumeggiante di ieri ha lasciato il posto, stanotte in Asia, a un mood più  incerto. Il principale motivo è stato un altra uscita “alla Trump” del Presidente US, in un discorso in Arizona.
“The Donald” ha dichiarato in sostanza che è disposto a rischiare uno shutdown governativo pur di ottenere, nel prossimo budget, le risorse  finanziarie necessarie ad iniziare la costruzione del muro col Messico. A ciò il  presidente ha aggiunto che intende abolire il NAFTA più qualche altra dichiarazione ad effetto sulla riforma fiscale.
Le dichiarazioni vanno valutate nel loro contesto, vale a  dire un’assemblea con i suoi elettori in uno stato confinante col Messico.  Detto questo, sembra che Trump abbia confermato questa stance ai suoi assistenti. Inoltre, l’adozione di una strategia di ricatto e  bluff è  tipica del Presidente US .  Ricordiamo tutti il “sign the bill or loose your seat” con cui Donald cerco di piegare i Congressmen dissenzienti al  primo tentativo con Obamacare. Lo scarso successo di questa strategia in quella e altre occasioni non sembra portare consiglio al Presidente.

Come noto, in Settembre al suo rientro, il Congresso si troverà alle  prese con la negoziazione del nuovo budget, l’elevazione del debt ceiling ed eventualmente la  composizione della riforma fiscale. E’ evidente che un approccio all’insegna del muro contro muro su questi temi non può non preoccupare i mercati (e, presumibilmente, la FED).

Detto questo, la  seduta  asiatica ha conservato un tono marginalmente positivo, principalmente grazie a un parziale catch up con le performance dei mercati occidentali ieri. Anche i cambi sono rimasti composti, in attesa del discorso di Draghi a Lindau, previsto per le 9.25 europee.
Sul fronte macro data, oggi era la giornata dei PMI flash di agosto, e  il  Giappone ha esordito decentemente con un 52.8 da prec 52.1.
Notizie piuttosto buone anche in Eurozone, dove il  settore manifatturiero (57.4 da prec 56.6 e vs attese per 56.3) ha trainato il PMI composite (55.8 da prec 55.7 e vs attese per 55.5) a fronte di un settore servizi che ha ceduto qualcosa a  livello aggregato (54.9 da 55.4 e vs attese per 55.4). Con buona pace dell’€ forte, gli export orders sul  manifatturiero hanno registrato il dato più forte da 6 anni e mezzo. Ironicamente, è stata la componente dei servizi, di natura più domestica, a rallentare.  Dal punto di vista geografico la Francia ha mostrato attività  stabile mentre la Germania ha accelerato grazie a un dato spettacolare di manifatturiero. Confrontando i dati,  si evince che il resto d’Eurozone deve aver marginalmente rallentato.

Venendo a Draghi, il discorso di Lindau ha toccato argomenti accademici e si è tenuto ben lontano da temi di attualità come la  stance monetaria e la forza della divisa. Come noto, il Presidente ECB pronuncerà  un altro discorso Venerdi sera. La domanda è: Draghi ha scelto quell’occasione per gestire i temi di politica monetaria, o si terrà sul vago anche in quel caso, riducendo Jacson Hole a un non-event? Vedremo. Personalmente, sarei sorpreso che Draghi avesse scelto di tornare a Jackson Hole dopo 3 anni, solo per trattare temi accademici. Ma è vero che recentemente le delusioni si sono accumulate, e che in fin dei conti al momento l’economia europea non sembra bisognosa di aiuti.

Liberato, nell’immediato, dalla pressione dell’intervento di Draghi, l’€ ha preso a salire progressivamente, attenuando, sull’azionario europeo, gli effetti benefici dei dati macro.  Gli indici sono passati in negativo, la  risk aversion ha cominciato a premere sui rendimenti, e gli spreads hanno ripreso ad allargarsi. I mercati non sembrano bersi la teoria che l’€ forte non impatta sul ciclo, per il momento.

A metà giornata,  l’arrivo degli USA ha rafforzato il tema del “settembre caldo” dell’amministrazione americana. Il Dollaro ha continuato ad indebolirsi, Wall Street ha aperto in calo, e l’azionario Eurozone ha mostrato di patire entrambe le cose,  aumentando le perdite.

Per la cronaca, i PMI flash in US hanno dato un segnale opposto rispetto all’Eurozone, nel senso che la robusta accelerzione dell’attività registrata dal dato composiute (56da prec 54.6) è stata causata dalla forza del settore servizi (56.9 da 54.7 e vs attese per 55) mentre il manifatturiero, che qui in US conta meno del 20% dell’attività  totale, ha deluso (52.5 da prec 53.3 e vs attese per 53.5).  Meno buoni i dati sulle new home sales di luglio (-9.4%).

In ogni caso il mercato non vi ha granchè guardato. Gli occhi sono rimasti puntati a Washington e  il clima ha continuato ad essere risk adverse, con azionario in calo (soprattutto in Eurozone per via del cambio), dollaro in ritirata e tassi in calo. Nel finale di seduta europea Wall Street ha messo a segno uno dei suoi famosi recuperi, il dollaro si è  un po’ rianimato e gli indici europei hanno messo un po di spazio tra i livelli di chiusura e i minimi di seduta. Quasi nullo il rimbalzo dei rendimenti, nonostante i quadro macro generalmente positivo.

La riluttanza dei bonds globali a prendere atto del quadro macro, e  della  stance di alcune banche centrali (la FED su tutte)  è assolutamente rappresentativa del dilemma in cui si dibattono i mercati in questa fase. Sulla carta, il ciclo globale è solido, quello US sembra in fase di moderata accelerazione, la FED ha chiaramente indicato la necessità di iniziare la normalizzazione del bilancio, e l’intenzione di tenere fede al proprio scenario. E ci avviciniamo ad appuntamenti importanti, come Jackson Hole,  un opportunità per gestire le  aspettative, e il  FOMC di settembre, palcoscenico ideale per l’annuncio di della balance sheet reduction,come indicato nelle Minute FOMC. Avrebbe quindi assolutamente senso che il mercato facesse qualche passo in direzione dello scenario FED e il $ reagisse di conseguenza.

Purtroppo, a inquinare lo scenario interviene Washington, con tutte le sue incognite, a  cominciare dai rischi Debt Ceiling e Shutdown. Per entrambi la deadline è posizionata più  o meno a ottobre ed è evidente che un muro contro muro a metà  settembre innervosirebbe i mercati e potrebbe fermare la mano alla FED, al di la di tutti i sofismi utilizzati per salvaguardarne l’indipendenza e la credibilità  (Dudley ha dichiarato che una discussione sul debt ceiling non impedirebbe un annuncio sul bilancio a settembre ma potrebbe rinvarne l’inizio).
Su queste basi, sembra che la volatilità  sugli assets sia destinata ad aumentare nelle prossime settimane.