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La FED ignora l'inflazione in ribasso e alza i tassi come promesso

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La fiammata di volatilità che è seguita al FOMC può sorprendere qualcuno. In fin dei conti, La FED ha effettivamente alzato i tassi ma la mossa era ampiamente prezzata, lo scenario è stato mantenuto grossomodo  invariato, la Yellen si è mostrata ottimista, mentre le indicazioni sulla  riduzione del bilancio sono risultate più o meno in linea con quanto anticipato dalle minute dello scorso FOMC.
Peraltro, l’aspetto sorprendente della mossa di ieri è che la Yellen, contrariamente al passato, ha scelto di ignorare dei dati che avrebbero potuto giustificare un atteggiamento cauto – in questo caso un recente trend di ribasso dell’inflazione culminato con una lettura particolarmente debole a maggio – e confermare la stance precedente, eventualmente soffondendola di considerazioni “hawkish”.
E’ questo improvviso atteggiamento aggressivo da parte della Chairwoman a sollevare perplessità (e qualche critica eccellente) e infastidire il mercato, causando quest’ abbozzo di reazione da “policy error” : azionario in calo e curve dei tassi in appiattimento, come a dire che tightening ora genererà easing in futuro.

Personalmente, non sono mai stato un fan acceso di Janet, della quale non ho gradito la stance erratica e incerta tenuta in alcuni frangenti. Detto questo, ritengo che, come Presidente FOMC, il destino le abbia servito una mano povera, rispetto ad alcuni suoi predecessori, con l’obbligo di normalizzare la politica monetaria dopo uno dei più grandi esperimenti finanziari della storia.
E, in particolare, ritengo che allo stato attuale lei abbia a disposizione solo opzioni di bassa lega. Il quadro inflattivo in deterioramento (e la price action delle commodities non promette alcun aiuto), e l’incertezza sulle politiche economiche dell’esecutivo US rendono difficile mantenere un percorso di rialzi stabile e/o minimamente aggressivo. D’altro canto, un atteggiamento eccessivamente cauto rischia di rallentare troppo la normalizzazione dei tassi, correndo il rischio di giungere a fine ciclo con un livello troppo basso che non garantisce alla Fed margine di manovra. E, in secondo luogo una politica monetaria troppo accomodante incoraggia l’assunzione di rischi finanziari, producendo eccessiva asset inflation e bolle che possono minacciare nuovamente la stabilità finanziaria.

Su queste basi, l’impressione è che ieri abbiamo assistito a una modifica di atteggiamento da parte del FOMC, con un lieve allontanamento dall’ortodossia del perseguimento dei 2 pilastri del mandato e una maggiore attenzione alla necessità di ripristino di condizioni finanziarie “normali”, per evitare guai in futuro.
Naturalmente la prima reazione del mercato è quella di dispetto per un (modesto) inasprimento della stance a fronte di un quadro che a bocce ferme avrebbe prodotto cautela.

A parte ciò, empiricamente parlando, forse non c’è troppo da stupirsi della modesta correzione dell’azionario US. I tre  rialzi precedenti (tutti regolarmente segnalati al mercato) hanno prodotto  tutti una fase correttiva (vedi grafico).

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Non è forse un caso le  la correzione sui tech sia  partita a cavallo del rialzo più prezzato del recente passato.

Venendo alla giornata odierna, naturalmente l’Asia ha risentito del cambio di mood. Se Tokyo si consola con lo scampato pericolo sul $/yen, per le  piazze emergenti è un piccolo risveglio dal sogno di una FED cauta e un dollaro in ulteriore forte calo. In ogni caso le variazioni sono state modeste. Peggio Hong Kong, dove le autorità hanno seguito la Fed per mantenere il peg, che non Shanghai, dove la PBOC non ha fatto nulla.

In quadro si è un po’ incupito dopo l’apertura europea, con gli indici che hanno rapidamente accumulato dei discreti passivi. A gravare sui listini, oltre al sentiment, i materials, vista la  pesantezza del comparto commodities e la perdurante presa di beneficio sulla tecnologia. Debole per gran parte della giornata anche il settore bancario, a causa della compressione dei rendimenti. La pressione si è allentata nel finale quando il modesto ritracciamento dei bonds core si è trasformato in qualcosa di più serio.

Sul fronte cambi la musica è radicalmente cambiata, ovviamente. Il dollar index ha messo a segno una delle sedute migliori del recente passato (+0.6%, oltre +1% dai minimi pre Fed di ieri sera). Il movimento si è accentuato (in particolare contro yen) a metà giornata quando si è appreso che la Bank of England è arrivata ad un passo da alzare i tassi anche lei ( la stabilità ha vinto 5 a 3 ai voti), quasi a indicare un contagio da parte della Fed.
L’idea è che il contagio si fermi, e che la BOJ domattina si allinei invece con l’ECB, aumentando la divergenza di politica monetaria con la FED. Vedremo se Kuroda domani è in vena di scherzi. Vedere lo yen indebolirsi di oltre un punto in una giornata di “risk off” la dice lunga sulla sorpresa dei mercati. Meno insolito, nell’ultimo periodo, è la discesa in tandem di € e azionario europeo. Recentemente, la correlazione era diventata positiva per via dei flussi di investimento esteri “unhedged”.

Infatti l’€ condivide con l’azionario continentale un posto tra le posizioni più lunghe rispetto alla media, segnalate dalla survey Merril Lynch

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Lo scetticismo dei gestori segnalato nella medesima survey nei confronti dell’azionario US in generale (non il Nasdaq, che è indicato tra i principali trade di consenso in un altra sezione) spiega perchè quest’ultimo stia mostrando maggiore resilience. Su queste basi sembra che difficilmente l’Europa potrà outperformare gli USA in particolare al ribasso, dovesse la correzione continuare. A meno di una forte accelerazione del $.

La seduta europea chiude con azionario in calo, sebbene un recupero di Wall Street abbia concesso agli indici di distanziarsi dai minimi di seduta. Sul fronte tecnico, mentre il Nasdaq continua a indicare correzione, almeno finchè la resistenza in area 5750 non lascia strada (vedi Lampi di martedi) il quadro sull’Eurostoxx, con il progetto di uscita dal consolidamento delle ultime settimane, non è dei migliori, anche se pende conferma e quindi non c’è ancora un segnale. La seduta di domani, ultima della settimana, dovrebbe chiarire.

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