Fed come da previsioni… Trump alla prova dell’Obamacare…

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Quelle surprise! Il FOMC ha definito “probabilmente transitoria” la debolezza della crescita nel primo trimestre, e dichiarato che i consumi sono stati deboli, ma i fondamentali che ne supportano la crescita restano solidi. In uno statement generalmente improntato all’ottimismo, la Fed ha aggiunto che il mercato del lavoro ha continuato a rafforzarsi nonostante il rallentamento dell’attività economica, e i rischi per lo scenario centrale restano bilanciati. Nessuna parola, come da attese, sul bilancio FED, la cui trattazione è probabilmente rinviata a giugno, o alle minute di questo FOMC.
Il mercato ha obbedito, aumentando fino a oltre il 90% (monitor di Bloomberg) la probabilità di una mossa a giugno e portando quasi al 50% quelle di un altro rialzo entro fine anno.
Evidentemente gli investitori non sono scaramantici, e non temono un altro episodio come quello dell’anno scorso, quando un Payroll di maggio abnorme (e dati in generale mediocri) costrinsero la FED a rinviare un rialzo ampiamente segnalato per giugno addirittura a dicembre. Va detto peraltro che, al momento, gli elementi per contraddire la view della FED sono pochi : le scorte, effetto transitorio per eccellenza, hanno sottratto un punto al primo trimestre, mentre l’ISM non manufacturing di ieri ha parzialmente rimesso in carreggiata una stringa di dati macro US che si stava deteriorando significativamente. Sarebbe stato assurdo mettere dubbi in testa al mercato in questa fase.
Meno evidente l’effetto sul biglietto verde, gravato dalla politica US.

Altro appuntamento serale è stato l’ultimo dibattito tra la Le Pen e Macron prima del ballottaggio di domenica. Sembra evidente che anche quest’ultimo violento scontro tra i candidati non ha modificato gli equilibri, (non ricordo un esempio recente in cui ciò sia veramente successo). Personalmente sono dell’idea che ormai il mercato prezzi quasi interamente una vittoria di Macron. Quindi, non mi aspetto alcun significativo sollievo sugli asset europei lunedi con questo outcome, diversamente da quanto avvenuto 10 giorni fa. Che gli investitori siano tranquilli lo si evince anche dalla differenza tra la curva di volatilità dell’ Eurostoxx precedente il primo turno, con la scadenza di aprile alle stelle, e quella attuale, normalizzata (notare anche i livelli assoluti).

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Naturalmente, se ci troviamo la Le Pen, sarà un massacro. Ma le attribuisco una probabilità trascurabile di portare a casa la Presidenza.

Col Giappone ancora in vacanza (fino a lunedi) la seduta asiatica ha avuto un andamento contrastato. Il newsflow continua a danneggiare l’azionario cinese. Oltre al tambureggiare dei venti di regulation (vedi le guidelines uscite ieri per i governi locali), il PMI services Markit di Aprile è calato a sua volta (51.2 da 521. di marzo) segnando i minimi da maggio 2016. Ad aprile tutti i PMI (Manifatturiero e servizi, ufficiali e Markit) hanno piegato la testa (vedi grafico courtesy of Goldman Sachs), lasciando intendere che marzo potrebbe rappresentare un picco per la crescita.

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L’unico settore che resta spumeggiante è quello immobiliare (vedi il PMI costruzioni a 61.6 in aprile vs precedente 60.5) che è quello più in bolla di tutti al momento.
Quest’inizio di perdita di momentum sembra dipendere principalmente dal fatto che il focus delle autorità è recentemente passato dal supportare la crescita al contenere il credito e i rischi finanziari connessi (vedi anche la mossa regolatoria di ieri). In questo senso, trattandosi di una manovra intenzionale, sembra improbabile che le autorità vorranno causare un rallentamento eccessivo (in particolare col Congresso in autunno). Ma si tratta di un esercizio difficile e soggetto a incognite (prima o poi l’immobiliare cederà). E in ogni caso le commodities ne stanno già risentendo significativamente, con ricadute sui dati inflattivi di marzo. A tale proposito il grafico del CRB la dice lunga, col paniere di commodities che sta testando i minimi del recente range dopo aver perso oltre il 5% in meno di un mese.

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Un’ eventuale rottura ribassista non passerà inosservata, suppongo.

I PMI europei raccontano tutta un’ altra storia rispetto a quelli cinesi. Anche oggi la revisione dei dati flash servizi e composite Eurozone ha rafforzato la sensazione di ripresa europea. I dati Eurozone sono stati rivisti al rialzo principalmente grazie all’inatteso balzo dei dati italiani (services 56.2 da 52.9 e vs attese per 53.6, composite a 56.8 da 54.2 e vs attese per 54.6. Il dato servizi si colloca al massimo da inizio serie, per la gioia di FTSEMIB e BTP.
Le news hanno dato forza all’azionario continentale con la collaborazione di  trimestrali generalmente positive, e il superamento dell’ultimo scoglio del dibattito presidenziale.

Sul fronte ECB, il membro Praet ha tenuto un discorso in cui ha lasciato intendere che a giugno la Banca Centrale potrebbe modificare la valutazione del bilancio dei rischi sullo scenario macro, e aperto, in maniera assai riluttante per la verità, alla possibilità di discutere la stance. Ciò ha contribuito a rafforzare la divisa unica, ma la cosa non ha infastidito l’azionario, mentre invece la tendenza dei tassi a salire ha dato forza alle banche.

Meno entusiasmo si registra in US, dove i dati continuano ad essere meno ispirati, la politica monetaria meno espansiva, e il clima politico resta incandescente. Riguardo i  primi, il trade deficit di marzo è stato inferiore alle attese, il che è buono per le revisioni al GDP, ma i flussi sono stati fiacchi, con esportazioni e importazioni in calo. Buoni i jobless claims, mentre i forti unit labour cost del primo trimestre hanno forse aiutato il rialzo dei tassi. I factory orders di marzo hanno deluso ma le revisioni al mese precedente e i dati finali di durable goods compensano.
Circa le stime del GDP del secondo trimestre, è divertente osservare che il modello della Fed di Atlanta parte da +4.2% di crescita, mentre quello della Fed di NY che era stato, alla fine del periodo, assai più ottimista sul primo trimestre, proietta un modesto 2.3%. Vale la pena tenere a mente che Atlanta nello stimare il primo trimestre era partita sopra il 3% (0.2% la stima finale) e che peraltro lo 0.7% pubblicato da poco deve essere rivisto ancora 2 volte.

Relativamente al quadro politico, apparentemente mentre scrivo sta avvenendo il voto alla Camera sul nuovo progetto di riforma della sanità US. Il fatto che si stia votando sembra indicare che i voti per passare il bill ci sono (per quanto le condizioni del dibattito a Washington non consentano di escludere alcun colpo di scena). Con una prospettiva del genere sembra strano vedere il $ debole e Wall Street cosi abulica. Una  seconda lettura del quadro sembra essere che il passaggio del bill alla camera costituirebbe una vittoria solo formale per Trump. Al Senato le difficoltà saranno assai superiori e potrebbe passare un progetto completamente diverso. Dopodiche occorrerebbero mesi per conciliare i progetti e portare la legge alla firma, il che farebbe slittare inevitabilmente la riforma fiscale, assai più complessa, al 2018.
Personalmente penso che, per come è messo Trump, anche una vittoria formale gli farebbe bene. Se non altro, il Senato ha appena approvato il decreto che rifinanzia l’attività governativa fino a settembre (*SENATE SENDS $1.1T SPENDING BILL TO TRUMP’S DESK IN 79-18 VOTE)
Al clima incerto contribuisce anche la rotta del petrolio (-5%, ai minimi da fine novembre), che aggrava non poco lo stato in cui versa il commodities complex. Varie storie circolano sul mercato, da un analisi di Morgan Stanley ripresa dal FT secondo cui ai tagli alla produzione dell’OPEC non sarebbe seguita un analoga caduta delle esportazioni (leggi destocking) alla compensazione del calo di produzione con l’aumento di quella US riportato da Bloomberg. In generale, ritengo che una prosecuzione dei cali delle commodities da questi livelli (minimi di periodo) mineranno ulteriormente la fiducia dei mercati nella reflazione.

 

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