La FED alza i tassi ma non si sbilancia e rassicura i mercati

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La giornata del FOMC è iniziata con un tono comprensibilmente nervoso in Asia. La parte emergente era quella che aveva più da perdere da una Fed aggressiva. Nemmeno Tokyo ha mostrato un gran tono. Naturalmente per la piazza giapponese il rischio era quello opposto. E comunque domattina la aspetta anche la BOJ, vedi mai che anche loro scelgano di dare segnali di “exit” . Giorni fa si parlava di una modifica dello yield targeting ad un range.
In generale i principali indici hanno mostrato variazioni marginali, nonostante un discreto recupero dell’oil, seguito a indiscrezioni di scorte di greggio in calo.

Uguale nervosismo, ma tono un po’ più ottimista rispetto a ieri, per l’Europa. Il rimbalzo dell’oil e commodities ha dato un po’ di sollievo ai settori energy e materials, mentre le banche sui settori bancari sono cessate le prese di beneficio.
Dal punto di vista tecnico sul settore bancario europeo il quadro è costruttivo. La trendline rialzista è stata recuperata, e se l’indice è in grado di mantenersi sopra il supporto costituito dal massimo di gennaio, il rialzo andato in stallo a fine anno dovrebbe riprendere.

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Vedremo. Recentemente non ha pagato fare i farmacisti con i livelli, come mostra la falsa rottura di fine febbraio.

In attesa della FED oggi in US erano previsti dati pesanti:
** Il CPI di febbraio ha marginalmente sorpreso le attese che lo vedevano stabile a livello headline, salendo invece di 0.1% dopo il +0.6% di gennaio. In linea il dato core, che segna un bel 2.2% anno su anno. Nel dettaglio, il settore servizi ha staccato un 3.2% anno su anno a dimostrazione che qui non solo solo commodities, tutt’altro.
** Le retail sales di febbraio hanno mostrato un incremento marginale (0.1%, in linea con le attese) e hanno marginalmente deluso sulle categorie che entrano nel GDP (+0.1% vs attese per 0.2%), ma come al solito il dato di gennaio è stato stravolto dalle revisioni, con il dato generale che passa da 0.4% a 0.6% e quello control group che da 0.4% raddoppia a 0.8%. Su queste basi, i consumi nel primo trimestre del 2017 sembrano assai più forti di quanto sembrava 1 mese fa. In termini reali il quadro è meno robusto, alla luce dell’incremento di prezzi di gennaio. Resta da vedere se e in che direzione verrà corretto il dato di febbraio. Penso che il Census Bureau farebbe bene a ritardare la pubblicazione del dato, e renderlo più affidabile.
** La confidence dei homebuilders  di marzo ha fatto un balzo inaspettato (71 da 65 vs attese di stabilità) segnando il nuovo massimo ciclico.

Dati teoricamente negativi per il fixed income e positivi per il Dollaro. Ma gli investitori sono rimasti giustamente focalizzati sul FOMC, con i bonds preoccupati di una Fed più accomodante delle attese, e azionario e cambi in attesa fremente.

E hanno fatto bene. La Fed si è accontentata di muovere il corridoio tassi da 0.5%-0.75% a 0.75%-1% (a quando il ritorno ad un unico livello?), e ha scelto di non segnalare un accelerazione sul percorso di normalizzazione dei tassi, muovendo pochissimo le previsioni di crescita e le rate projections della Dot Plot (invariata la mediana del 2018 e +0.125% quella per il 2019). In aggregato il FOMC vede quindi altri 2 rialzi entro dicembre, e 3 nel 2018, contro i 2 o poco più  scontati dal mercato .
Il risk assessment è stato lasciato bilanciato, e nello statement si è chiarito che la politica monetaria rimane accomodante per supportare un “persistente” (sustained) ritorno dell’inflazione al target. Target che è diventato “simmetrico”, nel senso che tollera scostamenti nelle 2 direzioni. Anche qui si comincia a parlare di sostenibilità dei miglioramento, come all’ECB.
Nella conference, La Yellen ha confermato in ogni modo possibile che la loro view non è cambiata da dicembre, e che il fatto di aver segnalato l’intenzione di alzare i tassi a marzo non implica un cambio nella stance.

In generale, difficile immaginare un rialzo dei tassi dai toni più accomodanti di questi. Personalmente, come anticipato ieri, ero dell’idea che un atteggiamento prudente non fosse da criticare, viste le circostanze. Ma trovo perfino esagerati gli sforzi della Chairwoman per chiarire al mercato che la loro view non è cambiata e che la FED resta data dependant. In fin dei conti, è in generale questa iperprudenza che ci ha portato ad avere ancora i tassi all’1% con la piena occupazione, l’inflazione al 2.7% e la volatilità ai minimi del decennio.
Viene quasi da credere che la Fed si sia precipitata a alzare i tassi a marzo perchè teme che nei prossimi mesi la finestra si chiuda.

Intuibile la reazione dei mercati.

** robusta discesa dei rendimenti  con fulcro su 5 e 7 anni treasury
** corposo storno del $ contro i principali cross
** Sull’azionario moderata soddisfazione a Wall Street, entusiasmo degli emergenti, invariati o quasi i future europei, in calo il future sul Nikkei

E ora vediamo le exit poll in Olanda.