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Lampi di Colore

Lampi di Colore 392

Ci ha provato, Janet, a sminuire la portata della modifica alle median expectations sui Fed Funds, che ora indicano 3 rialzi nel corso del 2017 contro i 2 di settembre. Lo spostamento dei “dots” è davvero “minuscolo” , ha dichiarato nel Q&A la Chairwoman, ed è dovuto al fatto che alcuni membri, non tutti, hanno fattorizzato alcune ipotesi di modifica della politica fiscale nelle loro proiezioni.
Nulla da fare.
Il mercato non aspettava altro che un atteggiamento più aggressivo delle attese da parte del Committee, e si è gettato a prezzare un accelerazione della normalizzazione dei tassi, con tutti i crismi: dollaro e tassi in forte salita e volatilità su azionario, in particolare emergente (il Future sul MSCI Emerging ha chiuso con quasi 3 punti di ribasso).

In realtà il tono “hawkish” non si è limitato alla dot plot. Rialzo dei Fed Funds a parte, praticamente scontato, abbiamo avuto il riconoscimento dell’ulteriore discesa della disoccupazione, e del balzo delle misure di inflazione di mercato. Le previsioni di crescita e inflazione sono state riviste moderatamente al rialzo, e nel Q&A la Yellen ha dichiarato che il mercato del lavoro è praticamente tornato ai livelli pre crisi.

In sostanza, nonostante i tentativi di addolcire la pillola, risulta evidente come il recente miglioramento del quadro macro, e le novità alla Casa Bianca siano filtrate nella view del Committee circa il passo della normalizzazione dei tassi.

Naturalmente, la parte emergente dell’Asia non ha gradito molto, con i principali indici ancora in perdita, guidati dallo HSCEI. Maggior tightening FED implica per molti paesi il rischio di fughe di capitali e aumento del costo del debito. Senza contare che alcuni di essi si troveranno alle prese con le politiche protezionistiche di Trump. Ciò è particolarmente vero per la Cina, già alle prese col dilemma svalutazione-consumo riserve valutarie.

Diversa la storia per Tokyo, che, tra forza del dollaro e yield targeting, si è trovata lo Yen ben 2% più debole, il che le ha permesso di ammortizzare la perdita di Wall Street. Sull’argomento, ho trovato interessanti indiscrezioni raccolte da Reuters secondo cui all’interno della BOJ si starebbe pensando all’opportunità di alzare il target del 10 anni (attualmente a 0%) in tempi non troppo lunghi. Il mercato non vi ha fatto caso, anche per che nonostante l’infuriare degli acquisti BOJ, che stanno alluvionando il mercato di yen, il JGB staziona a 0.08%. Ma se non si inverte la dinamica sui tassi globali (e oggi non è proprio la giornata giusta per parlarne) il balance sheet della Banca Centrale giapponese finirà per fare la fine della rana della favola.

L’€ in picchiata ha messo inevitabilmente di buon umore l’Europa, che a iniziato da subito il recupero di quanto perdo ieri. La fiammata dei tassi ha messo le banche in testa al gruppo, con gli istituti italiani sopra il resto grazie ad un mix di attese su Montepaschi (che ha effettivamente dato il via all’aumento di capitale, da chiudersi entro il 31 dicembre), e di indiscrezioni su un possibile veicolo di supporto alle banche che comprende 15 miliardi per gli aumenti di capitale e 80 per garantire bonds, dovessero i privati non rispondere alla chiamata.

Sul fronte macro poi, buone notizie dai PMI flash di dicembre, con il settore manifatturiero Eurozone balzato ai massimi da oltre 5 anni (54.9 da 53.7 e vs attese per 53.7). Il PMI composite è rimasto invariato a 53.9 a causa di un arretramento del settore servizi (53.1 da 53.8 vs attese per 53.8). Geograficamente si fa notare l’accelerazione della Francia, anche se è la Germania ad avere l’attività più robusta. Il confronto dei dati lascia intendere una lieve perdita di momentum per la periferia europea, incentrata nei servizi.

Una serie di dati macro dai toni sontuosi in US nel pomeriggio ha ridato ulteriore vigore ai temi post FED: Philly Fed di dicembre (21.5 da 7.6 e vs attese per 9.1), Empire NY manufacturing ((9 da 1.5 vs attese per 4) e Homebuilders confidence (70 da 63 vs attese per invariato, e nuovo massimo ciclico), tutti testimoniano la luna di miele dell’economia US con Trump. Più stabile il PMI flash manufacturing di dicembre, mentre il CPI ha marginalmente deluso le attese (in particolare il dato core), ma resta su un percorso di rialzo.

I dati hanno permesso al biglietto verde di fare polpette delle resistenze, giungendo in territori inesplorati sia come Dollar Index ( 103, 50 il massimo) che come €/$, giunto sotto 1.04, avendo lasciato sul terreno oltre il 2% in meno di 24 ore. Vistoso anche il crollo dello yen, oltre il 3% ad un certo punto, anche se lui a 118 ci era già stato quest’anno: 6 mesi per recuperare il 17%, meno di 2 per perdere un 15%.

Grasso che cola per le borse europee che hanno cancellato la giornata di ieri, chiudendo nuovamente sui massimi di periodo, favoriti da una Wall Street più incline a guardare ai dati macro euforici che all’impatto dei tassi e del superdollaro sul ciclo nei mesi a venire.

Alcune riflessioni.

** Non c’è che dire, dopo la pausa estiva il ciclo globale si è ripreso, guidato dai paesi industrializzati, e al momento, pur depurato dagli eccessi di confidence dei managers americani, mostra un livello di crescita assai sincronizzato. Ovvero non vi sono particolari aree zavorra, visto che la Cina è ancora nel pieno degli effetti dello stimolo erogato, e la debolezza degli emergenti è più prospettica che attuale. Il quadro è ben fotografato dai surprise indexes di Citigroup

Lampi di Colore 389

Tutta un’altra storia rispetto ad un anno fa, quando l’inasprimento della politica monetaria FED e le svalutazioni di Eurozone e Giappone avevano gettato nel caos gli emergenti, condotto alla svalutazione cinese, alla deflazione eccetera.
E’ questo il punto: in che misura l’attuale momentum di crescita è dovuto alla pax valutaria firmata a Shanghai a Febbraio?, In quell’occasione, la FED ha arrestato l’ascesa del biglietto verde, la Cina si è impegnata a contenere la svalutazione e riaprire i rubinetti dello stimolo, Giappone e Europa hanno dirottato sul credit easing le loro politiche monetarie.
Perchè la pax valutaria sembra un ricordo, e se questa è stata importante per comporre gli squilibri, con quest’andazzo, questi si potrebbero ripresentare, non in tempi brevissimi, ma nemmeno  troppo lunghi.

** La forza del biglietto verde comincia ad avere un impatto sulle aspettative di inflazione, le quali non riescono più a tener dietro all’impennata dei tassi (è evidente che se rivaluti esporti inflazione e importi deflazione). Il risultato è che i tassi reali US stanno salendo rapidamente (il che ironicamente alimenta il rally del $) e sono tornati a livello di inizio anno, non troppo distanti dai massimi di periodo, segnati post “taper tantrum” nel 2013. L’informazione è ambivalente: segnala accelerazione della crescita (sacrosanto direi), ma è comunque inasprimento delle condizioni monetarie, e anche abbastanza brusco, per l’economia americana ed emergente

Lampi di Colore 390

Sullo stesso tema, Deutsche bank ha evidenziato lo scollamento tra la volatilità sui tassi e quella sull’azionario, indicando che ad una persistenza della prima dovrebbe prima o poi corrispondere un aumento della seconda.

Lampi di Colore 391

** In generale, Il quadro globale mi pare uno in cui la politica monetaria sembra, nonostante le evidenti cautele di Draghi e Yellen, più rapida a cedere il testimone dello stimolo di quanto sia quella fiscale a raccoglierlo. Può senz’altro essere che la fase di crescita frizzante sia in grado di colmare il gap. I dati al momento stanno dicendo questo. Ma bisogna vedere anche quanto si protrarrà il gap e che aspetto assumerà lo stimolo fiscale.