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Lampi di Colore

Alla fine, la Yellen ieri si è rivelata un catalyst positivo per il $.
La Chairwoman ha indicato chiaramente l’intenzione di muoversi a Dicembre, dichiarando che il razionale per un rialzo dei tassi “relativamente imminente” continua a rafforzarsi. Ha aggiunto che la politica monetaria deve essere preventiva e flessibile, per evitare che i target vengano ecceduti, costringendo poi la FED a bruschi inasprimenti della stance. Ha infine osservato che un eventuale incremento dello stimolo fiscale, in un contesto come quello americano con mercato del lavoro vicino alla piena occupazione, avrebbe rilevanti effetti inflazionari. La notazione, che in realtà voleva essere una raccomandazione al Congresso di non varare pacchetti fiscali troppo sproporzionati rispetto al potenziale di crescita US, ha ovviamente rafforzato le aspettative del mercato sulla capacità del piano di Trump di generare inflazione.

Il discorso ha stroncato sul nascere l’ennesimo tentativo di correzione del biglietto verde, e impresso nuove pressioni rialziste alla curva dei tassi US. Buona la reazione dell’azionario sulle 2 sponde dell’oceano, con la notevole eccezione delle banche italiane, depresse dalle indiscrezioni sull’aumento di capitale Unicredit.

Come di recente, contrastata la seduta asiatica, con Tokyo che continua a marciare sospinto dalla debolezza dello Yen, e dalle attese di QE in accelerazione per via dello yield targeting, ed il resto che fatica a rimbalzare oppresso da dollaro e tassi US, e da attese di guerra di Trump al global trade. Lo yuan poi continua a deprezzarsi contro $ (come tutto il resto), alimentando timori sulla possibile fuoriuscita di capitali dalla Cina.

L’Europa ha provato ad aprire sul tono di ieri, ma è durata poco, nonostante un Draghi abbastanza accomodante nella testimonianza di stamattina a Francoforte di fronte all’ European Banking Congress. Il presidente ECB ha dichiarato che l’attuale ripresa si basa su una serie di condizioni finanziarie che a loro volta dipendono dal mantenimento di una politica monetaria estremamente espansiva, e che un eventuale recupero dell’inflazione nei prossimi mesi è di natura “statistica” (ovvero frutto di effetti base) e quindi non indica un significativo rafforzamento delle dinamiche sui prezzi.
Difficile immaginarsi qualcosa di diverso da una discreta estensione del QE a dicembre, sulla base di questa retorica.

Il discorso ha ridato vigore ai bonds europei, che avevano aperto assai deboli in simpatia con i treasuries. Notevole il recupero messo a segno dal BTP in mattinata, dopo un apertura pesante.
Sul fronte equity, a trascinare in negativo gli indici sono state nuovamente le banche italiane, a causa di un newsflow che non lascia tregua. Dopo le indiscrezioni su Unicredit, che avrebbe intenzione di aumentare gli accantonamenti a fronte di crediti deteriorati secondo alcuni media, oggi il Sole 24 ore ha fatto riferimento ad uno scenario ove, in assenza di investitori (a fronte di una vittoria del no al referendum), la conversione dei bonds subordinati del Montepaschi in Equity diverrebbe forzosa, tassello necessario per permettere allo Stato di intervenire. Comprensibile la pressione sui bonds subordinati delle banche più chiacchierate (ed anche marginalmente sui senior). E, naturalmente, sulle azioni del comparto, in un contesto in cui anche il settore europeo sta perdendo progressivamente smalto, visto che qui in Europa non si parla di deregulation, anzi.

La musica non è granchè cambiata nel pomertiggio, con una Wall Street in fase di consolidamento dopo aver lambito i massimi storici (l’S&P 500. Il Dow Jones li ha già fatti segnare abbondantemente).
D’altronde un dollaro cosi forte non può non esercitare un po’ di pressione a corporate america. Per quanto possa essere considerata “old news” alla luce dei nuovi sviluppi, la prossima earning season potrebbe portare qualche traccia del rialzo del dollaro, e dell’inasprimento delle condizioni finanziarie in giro per il mondo.

Il dollar index, ai massimi dal 2003, ha messo a segno la bellezza di 10 sedute di salita a fila. Per dare un idea dell’eccezionalità del movimento, basti pensare che l’€, che simmetricamente oggi si è svalutato per la decima volta di seguito, non ha mai messo a segno una serie di ribassi del genere nella sua breve storia, mentre bisogna andare nel 1993 per trovare una serie simile nel paniere che lo compone (nel 2003 la divisa unica ha fatto però segnare 10 sedute di rialzo consecutive).

Il grafico del dollar index è invero assai eloquente: il biglietto verde sembra aver terminato la lunga fase di consolidamento seguita alla sua prima gamba rialzista, e sembra pronto ad un nuovo exploit.
Lampi di Colore 353

Il caveat a questo quadro tecnico indubbiamente positivo è il livello dell’ipercomprato indicato dall’RSI a 79. A parte ciò, c’è positioning tattico assai esteso, e il consenso, ormai compatto, su un apprezzamento del biglietto verde. Ironicamente, sembra la situazione opposta al tentativo di rottura ribassista di maggio scorso, quando sembrava che le titubanze della Yellen avessero messo fine alle prospettive di apprezzamento del Dollaro.

L’eventuale comparsa di una correzione fisiologica, prima di una ripresa del movimento, non è un argomento cosi banale, perche potrebbe aprire a correzioni simili su vari trend che l’avvento di Trump ha esasperato, sui bonds, su alcuni settori, e cosi via, offrendo entry points su quelli più meritevoli, si livelli meno “pericolosi”.
Vediamo se la serie di records si interrompe, la prossima settimana.