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Lampi di Colore – 2 Ottobre 2015

Coloro che hanno criticatro pesantemente la FED per non aver alzato i tassi 2 settimane fa, sono serviti. L’avesse fatto, alla luce dei payrolls odierni la mossa sarebbe stata giudicata in men che non si dica un “policy error” .

Ieri sera, Wall Street ha invertito la rotta, a mercati europei chiusi, per chiudere sui massimi di seduta. Eventualmente, al recupero del sentiment avrà contribuito il dato sulle vendite d’auto di settembre in US, che ha superato i 18 milioni di pezzi annualizzati per la prima volta dal 2005. Il tasso di vendita mostra una crescita del 10% superiore a 12 mesi fa, e dell’1.7% rispetto al mese scorso, contro attese di un calo dell’1%. Autodata sostiene che settembre 2015 si colloca al settimo posto nella classifica dei migliori mesi degli ultimi 25 anni.
Un altro segnale di solidità della domanda di consumi (in questo caso di beni durevoli) dopo le confidence in US e Europa dei giorni scorsi.

Sentiment discreto anche in Asia stanotte, con Hong Kong che ha fattorizzato, con un giorno di ritardo, le misure di easing varate dalle autorità cinesi su auto e immobiliare (non a caso i settori leader del +3% dello HSCEI). Tutto sommato accettabile anche la performance di Tokyo (flat) visto che seguiva un +4.5% in 2 giorni. Sul fronte macro giapponese, ad una spesa per consumi di agosto assai positiva (+2.9% vs +0.3% atteso) ha fatto da contraltare una disoccupazione in salita al 3.4 vs attese di invariato a 3.3%.

L’Europa, che ieri aveva chiuso con Wall Street sui minimi di seduta, ha capitalizzato il rimbalzo, aprendo tonica per recuperare ulteriormente in mattinata, anche se con volumi bassi, forse a causa dell’incombere del labour market report US.

Alle 14.30 lo shock. Il report di settembre è uscito assai sotto attese, e debole praticamente in ogni sua parte:

  • nuovi occupati a 142.000 unità, vs 201.000 attesi. Le revisioni ai mesi precedenti si son portate via altri 59.000 posti. La media a 3 mesi scende a 167.000 nuovi occupati mensili, assai sotto i 200.000 considerati simbolo della solidità del mercato degli ultimi trimestri. la debolezza è diffusa tra i vari settori.
  • Le ore lavorate sono scese di 0.1, segnale di scarso impiego di capacità produttiva.
  • Paghe orarie invariate, sebbene il dato di agosto sia stato rivisto da +0.3% a +0.4%. Pressioni salariali scarsissime quindi.
  • La disoccupazione è rimasta al 5.1%, ma ciò in virtù di un calo della forza lavoro di 350.000 unità, a cui si è contrapposto un calo di 236.000 occupati registrato dalla household survey.
  • Unico aspetto positivo, i sotto occupati, scesi dello 0.3% al 10%.

Personalmente, non sono dell’idea di attribuire un peso eccessivo a questo – debole – report. Intanto sappiamo che la serie è volatile, e le revisioni sono spesso importanti. Poi, Agosto e Settembre sono mesi storicamente deboli per l’occupazione US, mentre solitamente si osserva una ripresa in ottobre e novembre. I Jobless Claims non confermano questa debolezza.
Certo, 2 mesi deludenti non possono essere liquidati interamente con considerazioni del genere. E’ evidente che il mercato del lavoro US si è preso una pausa, l’entità della quale verrà definita dai prossimi dati.
Però osserverei che i payrolls, per quanto rilevanti per l’economia US, non sono certo un indicatore anticipatore del trend macro, anzi, normalmente lo seguono. In questo senso, aumentare significativamente la probabilità di un marcato rallentamento americano sulla scorta di questo report mi sembra imprudente. Anche perchè altri report indicano un consumatore US di buon umore, che percepisce un mercato del lavoro in salute (vedi la consumer confidence di agosto).

Nondimeno, ad un mercato ossessionato da timori di rallentamento globale, questo report è inizialmente sembrato come una conferma delle previsioni più tetre, e un segnale che l’unico vero motore della crescita globale, l’economia US, si sta spegnendo.
Cosi l’azionario ha immediatamente invertito la rotta, lasciando sul terreno oltre 2 punti percentuali nello spazio di mezz’ora,  il $ ha perso immediatamente oltre un punto contro € e yen, e i rendimenti dei bonds globali sono collassati di una manciata di Bps.
La reazione più assurda si è osservata sugli emergenti, che hanno preso a loro volta a scendere, accompagnati dalle rispettive valute. Un paradosso, considerando che è stato il timore di un rialzo dei tassi US a esporne le molte fragilità.

Successivamente, il mercato sembra aver rivalutato alcuni aspetti del report odierno:

  • è evidente che un rialzo dei tassi il 28 ottobre è fuori discussione, e non sono più nemmeno in molti ad ritenere che possa avvenire il 16 dicembre, per quanto, alla velocità con cui cambia il panorama, non si può escludere nulla.
  • Gli emergenti, che più di tutti hanno da temere da un inasprimento della politica monetaria US e dalla forza del dollaro, visto il loro rilevante debito in dollari, il rischio di fuga di capitali etc etc, possono rilassarsi un po’. Ed eventualmente hanno più spazio per fare a loro volta easing, senza destabilizzare ulteriormente il cambio. Non a caso, le principali divise emergenti, inizialmente finite sotto pressione, ora salgono tutte contro $, e il future sul Morgan Stanley emergenti, arrivato a perdere quasi un punto sulla notizia, è su di un punto e mezzo mentre scrivo.
  • La Cina, che sta spendendo miliardi per sostenere lo Yuan, e aveva espressamente chiesto alla Fed di non alzare i tassi, ringrazia.
    E visto che Cina ed emergenti al momento sono l’epicentro della crisi, il sentiment di mercato ha tutto da guadagnare da una loro stabilizzazione.
  • Certo, il rinvio della normalizzazione del tassi da parte della Fed non facilita le cose per l’ECB e la BOJ, che fanno più o meno apertamente della svalutazione delle divise il cardine delle proprie politiche monetarie. Ciò detto, resta loro la possibilità di incrementare lo stimolo straordinario per ripristinare la distanza tra le loro stance monetarie e quella della FED.

Cosi l’azionario ha recuperato e al momento cancella interamente le perdite, e il dollaro si è ripreso, sostenuto dal ritorno del risk appetite più che dalla possibilità che ECB e BOJ mettano mano all’arsenale (se il sentiment recupera, non avverrà). Ovviamente i bond conservano il supporto ottenuto sul dato.

Se il recupero del sentiment, dopo la reazione a caldo, non mi ha sorpreso troppo, la veemenza dello stesso (il future Eurostoxx sta tornando sui massimi di seduta) mi pare un segnale che al momento i mercati prezzano abbastanza pessimismo, e che un miglioramento del newsflow potrebbe portare un discreto sollievo ai risk assets.

La teoria che gli investitori sono posizionati in maniera assai difensiva è riceve una parziale conferma da un interessante studio di Sentimentrader.com (vedi grafico sotto), che partendo da una misura della sensibilità degli hedge funds alle oscillazioni dell’ S&P 500, stima che questa sia ai minimi da 2 anni. Lo studio mostra che statisticamente una sottoesposizione di quest’entità ha prodotto in passato  ritorni positivi nei 3 mesi successivi nella maggioranza dei casi.