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Lampi di Colore

Lampi di Colore 284
NB: Lunedi Lampi potrebbe non uscire causa impegni pomeridiani – serali.

Ci ha pensato la sterlina, ad agitare il run up verso i payrolls odierni. La divisa inglese, protagonista di un significativo indebolimento nei confronti del dollaro i giorni scorsi, ha inscenato un collasso minuti dopo l’una di notte (ora italiana, quindi all’inizio della seduta asiatica), giungendo a perdere, nello spazio di 4 minuti, il 6%. Il movimento è parzialmente rientrato nei 20 minuti successivi, con il £/$ che si è successivamente assestato in area 1.24, sempre un buon 1.75% sotto la chiusura di ieri (dove aveva già perso un 1%).
Come causa per il “flash crash” (espressione coniata in occasione del crollo del S&P500 nel 2010) sono stati additati i soliti sospetti: un errore di digitazione (fat finger), stratificazione di stops sotto il livello di 1.26, strutture a barriera, trading algoritmico. Sicuramente la liquidità ridottissima a quell’ora avrà contribuito a esaltare la violenza del movimento.
Qualunque sia la causa (probabilmente una commistione di un paio a scelta di quelle citate), il movimento non fa che illustrare l’instabilità conferita alla sterlina dalla piega che sta prendendo l’affaire Brexit nell’ultimo periodo. Non saranno in pochi a ricordare che i livelli raggiunti dal Dow Jones e dall’ S&P 500 nel flash crash di 6 anni fa, si trattasse o meno di un errore, furono testati abbondantemente nelle settimane successive. Ciò non depone a favore di un rapido rientro della volatilità.
L’episodio mi pare potenzialmente foriero  di 2 ordini di conseguenze:
1) riporta definitivamente al centro della scena gli effetti negativi della Brexit (in particolare quella “hard” verso la quale sembriamo diretti, a dar retta alla May, a Hollande etc), recentemente messi in secondo piano dal rimbalzo di alcuni indicatori di attività UK, agevolati dalla svalutazione. Mi riferisco all’impatto dell’incertezza sugli investimenti, rischi per i business finanziari, e in generale gli effetti sull’economia UK di un uscita dal mercato comune senza una valida alternativa.
2) Alimenta un contagio verso altri asset. La volatilità filtra vero le altre divise, minacciando l’equilibrio faticosamente raggiunto a febbraio. Naturalmente i tassi UK reagiscono ad un impennata delle attese di inflazione, e la debolezza dei Gilt impatta sugli altri bonds. In generale la volatilità si trasferisce su molti asset denominati in sterline (immobiliare?) aumentando lo stress per l’economia. Mi domando per quanto il FTSE 100 può continuare a reagire solo all’aumento di competitività del manifatturiero UK e dell’export. In generale, parliamo di un “VAR shock”, sia pure di dimensioni non enormi.
Di buono c’è che forse lo spavento indurrà il Governo UK ad un atteggiamento meno spavaldo e più collaborativo. Forse.

Naturalmente, l’Asia ha preso atto dello shock, sia pure con una certa filosofia. Dopo 8 sedute in discesa lo yen si è preso una pausa “sentendo” l’incombere dei payrolls, e Tokyo ne ha risentito. Le riserve valutarie cinesi sono scese parecchio più delle attese, sintomo di una possibile accelerazione dei flussi di capitali in uscita. Lo Yuan è tornato sopra 6.70 vs $. Forse non è un male che i mercati locali cinesi fossero chiusi oggi.

L’apertura europea ha risentito del sentiment, ma gli indici hanno mostrato in mattinata una certa resilience. Tra i motivi del tono discreto (viste le circostanze) indicherei:
** gli ottimi dati di produzione industriale di agosto in Germania e Francia che sovvertono il deludente quadro di luglio
** il movimento sulla sterlina ha portato in dote un €/$ in calo (1.111 il minimo in mattinata) che ovviamente è ben visto dall’azionario continentale.
** le banche hanno continuato a beneficiare della salita dei rendimenti sulle parti lunghe delle curve.

Il quadro è un po’ cambiato nel pomeriggio, quando il labour market report US di settembre, pur solido, non ha mostrato tutta la forza che gli accreditavano i vari segnali premonitori: 156.000 nuovi occupati, vs attese per 172.000, con salari orari in aumento inferiore ad attese e ore lavorate stabili. Disoccupazione al 5% vs attese per 4.9%, ma grazie ad un incremento della forza lavoro che ha più che bilanciato un buon balzo dei nuovi occupati registrato dalla household survey.
Un dato che lascia abbastanza le cose come stanno, tanto più che, ad ottobre, varie serie potrebbero risentire dell’uragano Mattew, il che contribuirà a rendere indeterminato il quadro, e a far perdonare eventuali defaillance.

I mercati non si sono particolarmente giovati del dato in linea con le attese. I bonds hanno smarrito qualche pressione ribassista, a sufficienza, forse, per fermare il rally delle banche, ma non tanto da levare pressione al resto. Il dollaro ha perso slancio, il che non è piaciuto all’Eurostoxx, e, a giudicare dai futures, a Tokyo, anche se gli emergenti se  ne sono avvantaggiati solo temporaneamente. Wall Street a sua volta cede moderatamente, senza catalyst particolari se non il pasticcio sulla sterlina, il ritorno dell’oil sotto 50$ e la crescente percezione che anche questo trimestre si sta avviando a mostrare un tasso di crescita poco entusiasmante, nonostante gli ultimi dati. Il modello della Fed di Atlanta oggi vede calare la stima a 2.1% a causa di ulteriore destocking. Ad agosto marcava un 3.8%. Simile la previsione del Modello della Fed di NY.

In realtà, dopo il “soft patch” di Agosto, i dati si sono ripresi globalmente (più in USA e in alcuni emergenti che in Europa e Giappone), a relegare, appunto, ad una pausa, la fase estiva. Il quadro è ben sintetizzato dal Citi Surprise index del G10, che mostra un bel recupero di 13 punti .

Lampi di Colore 283

La resilence dei mercati nell’ultimo periodo, a fronte di tanti shock, ha forse in parte a che vedere con questa “ripresina”.
Ciò detto, resta abbastanza lunga la lista di focolai di incertezza nei prossimi mesi:
** Evoluzione del dibattito sulla Brexit e impatto su sterlina e assets
** Elezioni Presidenziali US (domenica il secondo dibattito) dove  Trump ha perso momentum, ma non può essere ancora minimamente considerato sconfitto
** Le dinamiche sui tassi di interesse, comprendenti il dibattito sull’opportunità di insistere sul QE nella sua attuale forma, e le possibili evoluzioni dell’inflazione nei prossimi mesi (vedi effetti base oil)
** La questione del prossimo rialzo FED e della congruità di quanto prezzato dalla curva e dalle divise in termini di tightening, in particolare in caso di tenuta del ciclo o accelerazione dell’inflazione
** Il referendum costituzionale italiano.
** Il fronte Cina, con la divisa che sta tornando sui minimi vs $ e il surruscaldamento di alcuni settori

Quanto basta per mantenere una certa pressione sul sentiment nelle prossime settimane. Tra le incognite con potenziale positivo c’è l’inizio dell’earning season US, la prossima settimana. Le attese sono robuste, con il consenso che si attende una ripresa significativa della EPS growth, ma i preannouncements non sembrano escluderne la realizzazione.

Deludenti anche le evoluzioni odierne dei promettenti scenari macro illustrati ieri. L’S&P 500 resta al momento più incuneato che mai e l’€/$ dopo una mattinata stimolante sembra chiudere intorno ai massimi della giornata.
Vedremo i prossimi giorni