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Lampi di Colore

Secondo giorno di consolidamento sui mercati, dopo la bonanza della scorsa settimana. Se ieri la correzione è stata quasi simbolica, oggi l’aria si è fatta un po’ più pesante fin dall’ Asia. Per giustificare questo cambio di sentiment delle ultime ore non mancano i catalyst, da un nuovo robusto calo di petrolio e del natural gas, che hanno pesato sull’ energy, a qualche risultato un po’ meno brillante (Vedi Basf, Novartis e Luxottica in Europa).
Detto ciò, a mio parere, il principale fattore di debolezza è l’incombere del FOMC di domani sera. Gli eventi d’autunno hanno portato i mercati a rinviare parecchio la data del primo rialzo FED.  Dato per scontato che domani non cambierà nulla, i future al momento attribuiscono una probabilità del 31% di un movimento al 16 dicembre, e del 56% di una mossa entro marzo 2016. Uno scenario abbastanza benevolo.
Peraltro, lo stress è assai rientrato nelle ultime settimane: la volatilità è scesa, i mercati hanno recuperato, la situazione in Cina ed Emergenti sembra stabilizzata. Può venire il legittimo dubbio che la Fed, che aveva espressamente citato gli sviluppi esterni come motivo per rimanere ferma a settembre, si senta confortata dalla ritrovata compostezza dei mercati e segnali l’intenzione di muoversi a breve.
Con l’involuzione delle ultime ore, i mercati sembrano dire alla Yellen “Occhio, perchè dovesse il FOMC tornare eccessivamente impaziente, anche noi potremmo fare passi indietro”. Infatti l’azionario arranca, e il $ tiene, tranne contro lo yen, che sta dando il suo personale avvertimento a Kuroda per venerdi prossimo.

Con questa metafora dell’avvertimento mafioso, non intendo dire che (o quanto meno non solo) che i mercati non gradiscono il rialzo dei tassi, e ricatteranno all’infinito la Fed. Mi pare che in questa fase al FOMC venga chiesta anche coerenza e chiarezza, due qualità che forse recentemente hanno fatto un po’ difetto nella comunicazione dei nostri eroi. Per dare un idea dell’entità del problema riporto un recente scambio di battute tra il Presidente della Fed di New York Dudley e il Professor Taylor, ripreso da Hilsenrath sul WSJ e da diversi commentatori. Dudley : “Davvero non capisco cosa ci sia di poco chiaro al momento ” – Taylor : “Stai scherzando? nessuno ha idea di cosa state combinando!”.

Insomma, i mercati temono che la FED, l’unica tra le principali Banche Centrali ad avere margine di manovra (le altre possono solo scegliere quanto easing fare) corregga nuovamente il tiro, o incappi in un altro errore di comunicazione, e turbi l’attuale luna di miele sui mercati, ammettiamolo, in gran parte basata su un incremento dello stimolo monetario straordinario globale.

Tornando alla giornata odierna, il clima è stato opaco fin dall’apertura in Asia, con l’azionario cinese in grado di portarsi a chiudere in pari solo a fine seduta, nonostante un buon rimbalzo dei corporate profits di settembre (da -8.8% a -0.1% anno su anno). Tokyo dal canto suo ha visto ancora prese di beneficio dopo il + 5% di settimana scorsa, alimentate da continue dichiarazioni di vari esponenti che nuovo stimolo non è in arrivo. Lo Yen, appunto, recupera.

Dopo un apertura negativa, l’Europa ha trovato temporaneamente un po di verve, rasentando a tratti l’invariato.
Alle 13.30, i durable goods orders Us di settembre hanno deluso per l’ennesima volta, principalmente a causa delle robuste revisioni al ribasso dei dati di agosto, che depotenziano ulteriormente il dato. Escludendo i trasporti, la debolezza è diffusa. Ne è andata granchè meglio con la consumer confidence di ottobre (97.6 da prec 102.6 e vs attese per 102.9). Marginale deterioramento anche nella percezione del mercato del lavoro. In calo anche il PMI services di ottobre (54.4 da 55.1 e vs attese per 55.5), anche se in US si guarda più all’ISM services.
In generale non proprio il set di dati che armi la mano della Fed (anche ieri le new home sales hanno mostrato inattesa debolezza).

Peraltro, il mercato non sembra averne tratto conforto al momento. Come accennato sopra, non è in gioco un rialzo domani, un eventualità praticamente scartata dagli investitori (4% di probabilità). Si tratta di capire se il FOMC guarda ancora a Dicembre con determinazione, o si prerpara a rinviare al 2016 il “liftoff”.
Nel primo caso serve un robusto repricing dei Fed Funds, e il $ ne trarrà ulteriore supporto, mentre l’azionario, soprattutto emergente, non gradirà. Altrimenti, potremo concentrarci sulla BOJ, e su cosa ha in serbo  Draghi per Dicembre.

Personalmente, dubito che la Yellen vorrà suonare particolarmente aggressiva. Gli ultimi dati sono stati mediocri, e anche il mercato del lavoro ha dato qualche segnale che uò valer la pena approfondire. Serve altro tempo per valutare fino a che punto la Cina ed emergenti si siano stabilizzati. Le commodities si sono riappesantite. E, alla luce della stance di Draghi, e le potenzialità di Kuroda, c’è da giurare che a una performance “hawkish” corrisponderà un ulteriore accelerazione del $. Il che potrebbe riaccendere il focolaio emergenti e indebolire ancora le commodities, facendo ripartire il circolo vizioso estivo.
Direi che ci sono diversi motivi per continuare a mostrare pazienza.