NB: Lampi salta 3 uscite e torna Giovedì 18 Maggio
Ieri sera (Giovedì), Wall Street ha limitato le perdite nel finale, con l’S&P 500 a -0.17% supportato dalle big caps del tech ( Nasdaq +0.31%100 ). Non a caso l’indice delle FAANG ha fatto un +0.9% chiudendo ai massimi da 14 mesi. Il tema sembra palesemente quello dell’intelligenza artificiale, in cui alcune di queste grandi aziende sono coinvolte (Microsoft, Nvidia, Google) e tutte più o meno hanno il budget per investire. E’ un fatto che la partecipazione al rally nel corso del 2023 si sta assottigliando sempre di più, in particolare nell’ultimo periodo in cui le banche soffrono, l’indice generale consolida e il big tech fa nuovi massimi.
In questo schema di Goldman Sachs di alcuni giorni fa si nota come 5 azioni abbiano generato interamente da sole il rialzo del 6% dell’S&P 500 (salendo in aggregato del 29% con un peso nell’indice diventato del 22%) mentre il resto delle 495 azioni non ha di fatto generato ritorni.
Alcune di esse mostrano multipli davvero elevati (Amazon 54 volte i forward earnings), a fronte di un S&P 500 che a 18x non è certo regalato.
Sul fronte debt ceiling, l’incontro di oggi è stati rinviato, apparentemente perchè gli sherpa delle parti stanno lavorando ad appianare le divergenze e quindi si è ritenuto che fosse più sensato dargli qualche giorno di tempo. Bloomberg sostiene che le aspre critiche del capo della maggioranza repubblicana alla camera Mc Carty sono un osso gettato agli oltranzisti, ma la distanza tra le parti è ancora parecchia. ( link )
A proposito del debt ceiling, Crise di Bloomberg ha elaborato il concetto, non nuovo, dell’impatto sulla liquidità del raggiungimento di detto tetto del debito, trimestri fa. Il succo è che il calo del bilancio Fed dell’ultimo anno, composto da scadenza delle obbligazioni in portafoglio secondo il piano del Quantitative Tightening meno i loans fatti alle banche (recentemente assai incrementati per le facilities legate alla crisi) è stato interamente bilanciato dal calo del conto disponibilità del Tesoro USA il cui saldo, nell’impossibilità di emetter nuovo debito, è crollato per far fronte alle spese dell’amministrazione e ai rimborsi, con ilrisultato che la liquidità nel sistema è rimasta invariata e le riserve bancarie pure.
Tutto il bailamme relativo alla deadline per il debt ceiling a giugno poggia sulla constatazione che nel conto ci sono ancora 150 bln, i quali, ai ritmi attuali dovrebbero esaurirsi ai primi di giugno, settimane prima che arrivi nuovo gettito fiscale. Il punto di quest’analisi è che quando il debt ceiling verrà (si spera ) alzato il Treasury general Account dovrebbe tornare ad un saldo in linea con l’ordinaria amministrazione. Questo farà si che il Quantitative Tightening, che è stato finora annullato, tornerà a mordere, e la ricostituzione del saldo aggiungerà drenaggio di liquidità, con impatto immaginabile sulle riserve bancarie. Vista l’influenza che questa liquidità ha sul livello dei risk assets, questo fenomeno potrebbe essere alla base di un effetto controintuitivo della vicenda debt ceiling sull’azionario USA: un supporto dall’effetto espansione negli ultimi 12 mesi, e coeteris paribus, un fattore negativo nei prossimi trimestri con il drenaggio. Un effetto inverso si potrebbe avere, sempre coeteris paribus, sul Dollaro che in effetti non ha fatto molto bene negli ultimi trimestri. Vedremo.
Venendo alla seduta odierna, una volta di più l’Asia è stata frenata da un China Complex decisamente debole, con perdite superiori al punto percentuale per Shanghai e Shenzen, e un po’ inferiori su Hong Kong e HSCEI. Non è che vi sia un particolare motivo dietro la debolezza odierna, ma è un fatto che la teoria della ripresa dei consumi cinese non è che abbia tratto grosso conforto dai dati usciti in settimana: Il trade balance di aprile ha visto un collasso delle importazioni, i prezzi al consumo e alla produzione sono usciti in calo e sotto attese, e gli aggregati del credito sono usciti poco più della metà dell’atteso. Chiaro che il pessimismo ha il sopravvento. Il tono degli articoli che circolano è ben riassunto da questo pezzo di Reuters ( link Analysis: China’s deposit pile stands in the way of recovery). Degli altri indici, solo Tokyo, e Ho Chi Mihn hanno messo a segno performance positive apprezzabili, mentre Sydney, Taiwan e Mumbai sono rimaste al palo e Seul e Jakarta sono calate a loro volta. Su un periodo più lungo, la sottoperformance del China complex spicca (-3/4% a 30 giorni) insieme a Seul Sydney e Jakarta, mentre Giappone, Vietnam e India sono in progresso. La discriminante sembra proprio il declino della fiducia nella ripresa cinese, dalla quale India e Giappone sono più slegati.
La seduta europea è partita, una volta di più, con un tono brioso, e gli indici lesti ad accumulare progressi, trainati oggi da energy, industrials e banche. Stamattina non erano previsti dati in Eurozone, ma solo in UK dove il GDP del primo trimestre ha confermato di aver evitato la contrazione, ma è però calato sul mese di marzo
Di primo mattino, per i pochissimi che ancora non avevano colto il messaggio, il Governatore Bundesbank Nagel ha chiarito nuovamente il pensiero del fronte dei falchi ECB.
*NAGEL: MORE ECB RATE HIKES CURRENTLY LOOK NECESSARY
*NAGEL: LAST WEEK’S RATE HIKE WON’T BE THE LAST
*NAGEL: CAN’T EXPECT CORE INFLATION TO SLOW QUICKLY
*NAGEL: INFLATION STILL IS MUCH TOO STRONG
*NAGEL: ECB TIGHTENING MIGHT BE REQUIRED AFTER THE SUMMER BREAK.
In questo contesto, non è tanto sorprendente vedere i rendimenti recuperare in Eurozone. Lo è di più vedere l’€ scendere, con una retorica così aggressiva. Il fatto è che, come osservato mercoledì ( link ) i dati europei recentemente hanno deluso, e il mercato era molto positivo sull’€ e negativo sul Dollaro, così questo positioning è entrato un po’ in crisi (anche contro Sterlina). In generale è bene ricordare che una banca centrale hawkish con economia debole di solito è negativa per la divisa. E’ presto per parlare di debolezza relativamente all’economia europea, ma meglio drizzare le orecchie davanti a questi movimenti, se protratti.
Siamo arrivati così, con un sentiment abbastanza positivo, ai dati macro del pomeriggio.
Gli import ed export prices sono il primo dato inflattivo a non essere uscito univocamente meglio delle attese. Ma onestamente, il loro peso è marginale.
La University of Michigan Consumer Confidence preliminare di maggio è uscita un mezzo disastro. L’indice generale è crollato di quasi 6 punti, vs attese che lo vedevano stabile. Più modesto il calo della situazione corrente, collasso di 7 punti delle expectations. Nuovo balzo delle aspettative di inflazione a breve e lungo termine. La nota accompagnatoria parla di preoccupazioni in aumento, anche a causa della vicenda del debt ceiling. Non sono un fan di questa survey, e non lo divento ora, per il fatto che si è marcatamente deteriorata. Se poi il motivo è il debt ceiling, dovrebbe essere un calo temporaneo. Detto questo, resta un indicazione di deterioramento marcato. Vedremo se la confermerà l’omologo indicatore del Conference Board, e soprattutto se verrà confermata dai dati sui consumi, che finora sono calati in termini reali, ma non crollati.
Evidentemente, Wall Street prende la survey più seriamente di me, se è vero che l’apertura in positivo non ha tenuto alla distanza, e l’S&P 500 è passato in negativo, questa volta con il Nasdaq 100 a guidare il movimento. Infatti oggi non sono le banche la pietra dello scandalo (anche se non performano) ma sono più prese di beneficio sulle FAANG, e debolezza in Consumer discretionary, industrials e IT.
A fronte di ciò, le Borse europee hanno perso un po’ di baldanza, e chiudono con progressi modesti o marginali una settimana all’insegna del consolidamento in range stretto. I rendimenti rimbalzano un po’, mentre l’€, zitto zitto, chiude ai minimi da un mese abbondante. Le commodity chiudono una settimana difficile ancora opache, con l’oil in calo, con un newsfow poco supportivo, e i metalli industriali a postare un modesto rimbalzo, dopo una settimana disastrosa (indice BBG industrial metals -4.9%)
( link Record U.S. crude exports, rising shale output boosts oil flow to Houston)
** IRAQ CANNOT CUT OIL PRODUCTION FURTHER, OIL MINISTER TELLS REUTERS)
Parlando di commodity cicliche o meno, la recente debolezza del rame ha portato il suo ratio con l’oro (commodity dalle caratteristiche anticicliche) su in livello di supporto interessante. Un eventuale rottura ribassista lancia un ulteriore messaggio di cautela sul ciclo globale. La divergenza evidenziata nel grafico sotto può essere in parte giustificata dal livello dell’inflazione e dei tassi a breve, nel senso che un treasury 10 anni che scambia quasi 200 bps sotto i Fed Funds non può certo essere considerato un segnale di forza.
Si può osservare però che il livello di crescita implicito nel trend del ratio non è coerente con Fed Funds al 5.25%.