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Violento rimbalzo di azionario e bonds alla fine della settimana

Chiusura positiva ieri sera (giovedì) a Wall Street, con l’S&P 500 in progresso dello 0.76% e il Nasdaq 100 su dello 0.89%. La spinta al sentiment è stata data dal discorso di Bostic, apparentemente, nel quale il membro Fed si è detto più favorevole ad aumenti da 25 bps che di 50 bps. Peraltro, Bostic ha parlato di pausa a metà o fine estate, cosa che, anche al ritmo di 25 bps, vuole dire altri 100-125 bps di rialzi per un target minimo del 5.50-75%, oppure 5.75-6% nel caso si vada a settembre. Ragion per cui il catalyst positivo qui sembra un po’ scarso. Oltrettutto, la conferenza del membro Fed Waller in serata è saltata per un sabotaggio, ma nel discorso, che è stato comunque pubblicato, Waller ha detto che i dati di crescita e inflazione recenti mostrano che i miglioramenti ottenuti non sono così rilevanti come sembrava e se questo scenario dovesse essere confermato, la politica monetaria dovrà farsi ancora più restrittiva.
*WALLER: INFLATION ISN’T COMING DOWN AS FAST AS EXPECTED: DJ
*WALLER: IF DATA COMES IN HOT, MAY NEED TO RAISE RATES EVEN MORE
*WALLER: HIGHER RATES NEEDED IF DATA DON’T SHOW MODERATION: DJ
L’impressione è che il mercato sia salito semplicemente perchè non ha avuto la forza di rompere al ribasso il supporto in area 3940-50 (media mobile a 200 giorni) testato per qualche tempo. Alla fine, il mercato se non riesce a scendere, prova a salire.

Coerentemente, la seduta asiatica ha visto un buon sentiment, con tutti i principali indici tranne 2 (Vietnam e Indonesia). Sul fronte macro, i PMI servizi nell’area sono stati buoni, tolto Singapore, e questo vale particolarmente per la Cina dove il report di S&P global ha confermato le risultanze di quello ufficiale, e per Hong Kong. Continua ad essere molto robusta l’attività nei servizi in India.

In compenso in Giappone il CPI di Tokyo per febbraio ha rallentato, grazie ai sussidi all’energia, ma leggermente meno delle attese (+3.4% headline, da 4.4% e vs attese per 3.3%%). Il dato core è aumentato più delle stime (3.2% da prec 3% vs attese per 3.1%).
Stanotte, in simpatia con i rendimenti globali, i JGBs a 10 anni hanno temporaneamente superato la soglia di rendimento dello Yield Control, fissata allo 0.5%.

La seduta europea aveva un bel catch up da fare con quella USA, visto che quest’ultima era ancora negativa quando gli indici continentali hanno chiuso. L’azionario è così partito in buon rialzo, e un po’ di sollievo si è visto anche sui bonds eurozone (più periferia che core).
I PMI finali servizi e composite Eurozone hanno mostrato un quadro lievemente meno robusto del manifatturiero. A fare molto bene sono state l’Irlanda, e la Spagna, mentre i servizi italiani hanno accelerato ma meno delle stime. Malissimo la Svezia, che ha in effetti l’economia piagata dallo scoppio della bolla immobiliare e dall’elevato debito privato, che ha accelerato l’impatto del rialzo dei tassi.

Riguardo le revisioni, leggermente meglio del flash la Francia, piuttosto peggio la Germania, poco sopra la soglia di stagnazione. bene UK.
Riguardo gli altri dati, la bilancia commerciale tedesca di gennaio è uscita molto sopra attese (16.7 bln vs 11) a causa di export sopra attese, ma soprattutto import deludente. Il GDP italiano finale del quarto trimestre è stato rivisto al ribasso, e il PPI Eurozone di gennaio è uscito in calo superiore alle attese (-2.8% sul mese vs -1% atteso). Pesantemente rivisto anche il GDP irlandese. Queste revisioni lasciano intendere che alla fine il GDP EU in sede di revisione mostrerà una contrazione nel quarto trimestre. Acqua passata comunque. Ormai conta il primo trimestre del 2023 che sembra andare benino al momento.

Così i mercati sono approdati a metà giornata con buoni progressi, mentre i rendimenti hanno corretto e i cambi sono risultati poco mossi.
Nel pomeriggio gli attesi numeri USA (pardon, ieri ho collocato oggi il labour market report. Avevo avvisato che sarebbe uscito venerdì prossimo e non come al solito il primo venerdì del mese, ma poi ieri mi  sono scordato).

Le revisioni ai PMi sono trascurabili, in compenso l’ISM services di febbraio è uscito praticamente stabile sui livelli di gennaio, a dimostrare, apparentemente, che il dato fuori squadra era il crash di Dicembre. La forza è confermata dai new orders, in ulteriore accelerazione, e da un employment subindex robusto. In calo marginale i prezzi pagati, ma quelli ricevuti salgono a segnalare margini in nuova espansione (il contrario di quanto appreso ieri coll’employment cost index e la produttività). Bisogna dire che se a gennaio il report forte era in contrasto con le survey regionali dei servizi, a Febbraio queste non sono brillanti ma sono, nel complesso, migliorate. Il report odierno sembra confermare che la forza che l’economia USA mostra in quest’inizio del 2023 sia autentica.
Sul numero azionario e tassi hanno scartato leggermente al ribasso. Ma poi si sono entrambi ripresi, l’equity per primo, e meglio, i bonds comunque egregiamente di fronte a un dato comunque che arma la mano alla Fed. L’impressione è che il superamento dell’ultimo scoglio di una settimana piena di dati pericolosi per i bonds, tra CPI europei, PMi e ISMs abbia dato luogo a ricoperture su entrambe le asset class.
Il movimento sui bonds vede le parti medio lunghe delle curve outperformare. Il risultato è che la curva fa nuovi record di inversione, con un -90 tondo sul 2-10, mentre la settimana si chiude con un target dei Fed Funds al 5.45% a settembre, e una chiusura d’anno al 5.30% abbondante. Il cambiamento, in poco più di 4 settimane – tanto è passato tra il day after il FOMC di febbraio e oggi, è davvero enorme, come si nota dallo screen Bloomberg qua sotto.


A 6 mesi il mercato sconta Fed Funds 60 bps più alti a un anno 90 bps a 2 anni 110.
La filosofia con cui l’azionario prende questo cambio di scenario conferma che gli investitori ormai si sono assuefatti a questo repricing costante, o convinti che l’economia USA potrà tranquillamente sopportarlo. O forse si sono semplicemente stufati di aspettare degli effetti che non arrivano mai. Una sorta di “this time is different” che sta comparendo anche nella narrativa con molti che parlano di “no landing”.
Peraltro, il livello record di inversione delle cure non è compatibile con questo scenario. Se l’economia non rallenta, queste si disinvertiranno tramite un rimbalzo dei tassi a lunga, alimentando ulteriore pressione su mutui e altri finanziamenti a medio, e ponendo le condizioni per un bel repricing dei multipli. Se, invece, come penso io, le curve hanno ragione nel prevedere debolezza macro, allora questa resilience è decisamente temporanea in natura.
L’azionario Eurozone chiude con progressi robusti una settimana assai positiva. A trainare, il settore auto, supportato dai commenti di Volkswagen (vendite viste in aumento grazie al superamento dei problemi di fornitura di semiconduttori) e forse il rinvio dell’approvazione della normativa europea che eliminava i motori termici nel 2035. Anche le banche sono tornate a fare performance oggi. Euro in moderato recupero e tassi in calo sulle parti lunghe completano il quadro.  Bene anche le commodity, trainate da oil e gas naturale.
Wall Street, dopo la chiusura europea, ha incrementato i guadagni di parecchio, con tutti i principali indici a recuperare ben oltre l’1%. Curiosamente, anche i bonds salgono con forza, sulle parti lunghe, con il risultato che il 10 anni treasury è tornato di prepotenza sotto il 4%, e scambia – appunto – 90 bps sotto il 2 anni, che è vicino al massimo dal luglio 2007, fatto segnare ieri a 4.88% (nel durante siamo arrivati al 4.93%).