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Segnali di easing dal mercato del lavoro USA, le banche affossano Wall Street.

Parecchi spunti dalla seduta di ieri (mercoledì): ecco un breve recap.
** Powell ha ripetuto la sua performance, ma l’interpretazione è stata più dovish, principalmente perchè il Presidente Fed ha dichiarato che effettivamente 50 bps sono possibili al FOMC di marzo, ma nessuna decisione è stata ancora presa, una conclusione che personalmente averi dato per scontata. Il mercato però continua ad attribuire quasi un 70% di probabilità ad un rialzo di 50 bps, anche se ovviamente il numero di domani sui payrolls di febbraio impatterà.
** l’ADP survey è uscita sopra attese (242.000 nuovi occupati nel settore privato vs stime per 200.000) il che a margine lascia intendere numeri forti domani. Ma a gennaio il dato non aveva in alcun modo lasciato presagire il numero bomba di 517.000 nuovi occupati, mostrandone appena 106.000 (rivisti ieri a 119.000).
** I job opening si gennaio sono calati di 410.000 unità, a 10.824.000. E’ comunque un numero più elevato delle attese perchè il dato di dicembre è stato rivisto al rialzo di 230.000 unità. Questo sembra indicare un mercato del lavoro ancora tirato. Alcuni hanno osservato che le separazioni volontarie sono calate ai minimi dalla prima metà del 2021 e sono in calo del 12% anno su anno. Questo può indicare una minore dinamicità del mercato, ma per ora è un segnale blando.

Personalmente, ho trovato più interessante il fatto che i job openings nel settore costruzioni si sono dimezzati a gennaio, con un calo netto di 240.000 offerte.

Questo potrebbe essere un sintomo che la domanda di lavoratori nel settore immobiliare residenziale si sta riducendo, via via che i cantieri vengono completati e chiusi, e quelli nuovi calano di numero. Ne aveva parlato Jefferies giorni fa, osservando che i nuovi cantieri  stavano scendendo sotto quelli completati e questo avrebbe comportato un calo occupazionale nel settore.

Vedremo domani se si vede qualche effetto tangibile nel labour market report di febbraio, o non ancora. Ma questo effetto io presto o tardi me lo aspetto.
Per finire, il beige Book Fed ha riportato un attività in lieve crescita all’inizio del 2023, con 6 distretti fermi o quasi e 6 a riportare un modesto livello di espansione. Le catene di distribuzione hanno continuato a migliorare il loro funzionamento, e i consumi sono rimasti stabili. Inflazione e tassi di interesse hanno continuato a frenare il potere di acquisto dei consumatori in molti distretti, e vi sono preoccupazioni per la salita del debito sulle carte di credito, ma il turismo è stato attivo e l’immobiliare ha dato qualche segnale di recupero. In generale la domanda di credito è calata, i credit standards si sono inaspriti, e le insolvenze solo leggermente salite. Il mercato del lavoro è rimasto solido, nonostante blocchi alle assunzioni e licenziamenti qua e la. In generale anche qui si nota un po’ di ripresa nei primi mesi del 2023, dopo una fine 2022 loffia.

La seduta asiatica ha avuto ancora una volta un tono tra il contrastato e l’opaco. Dei principali indici solo Tokyo, Jakarta e Vietnam hanno mostrato progressi, con Sydney invariata. Male, una volta di più, il China complex, con Taiwan, Seul, Mumbai negative.

In Cina, l’inflazione di febbraio è uscita parecchio sotto attese.

Entrando in dettaglio, il principale componente del calo è una forte discesa della food inflation, dopo il capodanno cinese. Ex food l’inflazione si conferma bassissima (+0.6% anno su anno). Anche i prezzi alla produzione sono usciti, oltre che in calo, sotto attese. In generale letture che da un lato confermano pressioni disinflattive in uscita dalla Cina, e dall’altro sottintendono una domanda interna debole (vedi anche il dato di import debole) decisamente in contrasto con le teorie di ruggente ripresa dei consumi. Questo è forse quello che infastidisce la borsa, con le “H” shares che hanno interamente ritracciato il rally di inizio anno. Tra l’altro Asia Nikkei riporta che i consumatori stanno usando i risparmi per ridurre il debito, invece che consumare o investire, cosa che oltre a minacciare gli utili del sistema bancario, sembra indicare uno stato d’animo dei cinesi poco adatto a produrre l’accelerazione dei consumi che tutti si aspettano ( link Chinese bank earnings threatened by early mortgage payments). Solitamente i dati di inflazione bassi vengono presi bene dall’azionario locale perchè alimentano attese di easing monetario. Ma in questo caso al National People Congress hanno già detto che non faranno stimolo in grande stile e forse questo ha impedito al consueto effetto di dispiegarsi.
Dati non troppo brillanti anche in Giappone dove il GDP del quarto trimestre 2022 è stato rivisto al ribasso, e anche i machine tolls orders preliminari di febbraio sono brutti.

La seduta europea è iniziata con un tono correttivo, favorito dalla debolezza dei miners (ancora Cina), delle banche in simpatia con quelle USA, e dell’immobiliare, zavorrato dal comparto tedesco, dove il rimbalzo sembra finito. Gli indici hanno accumulato perdite discrete in mattinata, anche penalizzati dal repricing sui tassi seguito al rimbalzo dei rendimenti USA ieri sera. Più penalizzate Milano e Madrid a causa dell’elevato peso di banche. Rendimenti – appunto – in rialzo e dollaro in correzione hanno completato il quadro.
Una parziale svolta è arrivata nel pomeriggio, ancora grazie a dati macro “sorprendenti”.

Intanto il challenger job cuts di febbraio è di nuovo terminato attorno a +400% a indicare 4 volte più layoffs rispetto a 12 mesi fa. Il numero assoluto è circa 78.000, non certo un livello elevatissimo, ma comunque in trend rialzista di recente.

Finchè la domanda di lavoro è così forte non c’è problema a riciclarsi. Il problema potrebbe presentarsi se questa si riduce.
E veniamo ai sussidi di disoccupazione, che hanno sorpreso in positivo di 16.000 unità, ovvero il massimo margine da oltre un anno. Mentre in numero totale dei percettori ha matchato il massimo da gennaio 2022.
Personalmente, sono riluttante a fidarmi troppo di un dato settimanale che spesso ha dato segnali contraddittori (a luglio aveva staccato 261.000 unità), e che recentemente era stato depresso da difficoltà di destagionalizzazione. Diciamo che la situazione era sottostimata recentemente, e ora forse si esagererà dall’altra parte. Detto questo, in generale i segnali di lieve rilassamento del mercato si sono accumulati nelle ultime ore.
Anche se questi numeri non influenzano il labour market report di domani, comunque il mercato ha preso il dato come scusa per rilassarsi un po’ e quindi l’azionario è rimbalzato, Wall Street ha aperto bene, e l’Europa ha recuperato, andando a chiudere con i principali indici invariati oppure a mostrare cali ridotti. E, coerentemente, i rendimenti sono calati in US e hanno in generale assorbito i rialzi in Eurozona.
Dopo la chiusura, però, il quadro è cambiato. Infatti il settore bancario USA, che di recente è risultato parecchio debole, e che già oggi era in controtendenza, ha accelerato violentemente al ribasso, zavorrando, con la collaborazione delle small caps USA, altro settore assai poco brillante nelle ultime sedute, l’indice generale.
Cosa sta succedendo?
Difficile dirlo con certezza. Di seguito alcuni potenziali motivi:
1) di recente alla Fed stanno venendo riviste le necessità di capitalizzazione delle banche. Ma i toni, riassunti in questo pezzo, non sembrano tanto drammatici da creare questo scompiglio ( link Powell says holistic capital review is a balancing act for the Fed)
2) Una piccola banca USA specializzata in criptovalute, Silvergate, sta venendo liquidata ( link ). Ma capitalizza le centinaia di milioni. E’ molto troppo piccola per impattare.
A fronte di ciò, il settore perde al momento il 6% e i grossi nomi perdono 3,4,5% mentre le regionali vengono polverizzate (l’ETF perde il 7%). Il grafico del settore mostra l’approccio ai minimi da ottobre, con una discesa dai massimi di inizio febbraio del 14% e del 10% in 3 sedute.

Si potrebbe osservare che le curve dei tassi pesantemente invertite non sono positive per i profitti bancari. Ma questa non è certo una novità degli ultimi giorni. E anche il leggero trend di rialzo delle delinquencies recentemente portato alla luce – tra gli altri –  dal Washington Post ( link ) non sembra sufficiente a causare tanto scangeo. Vedremo che altro emerge, e se si tratta solo di una long liquidation o c’è dell’altro. Fatto sta che al momento l’indice generale perde quasi un punto, Il Russell 2000 1.8% e i rendimenti calano su tutta la curva treasury, secondo il text book della risk aversion più classica e  tradizionale. Vedremo dove sarà la chiusura.