Vari focolai di tensione prolungano il tono opaco sui mercati

Vari focolai  di tensione contribuiscono a mantenere un mood opaco  sui mercati anche nella giornata odierna.
Un sentiment ancora scosso dal  brusco licenziamento di Tillerson e dalla nomina di Pompeo (con inevitabili speculazioni sulla direzione delle  politiche commerciali ed  estere US) ha dovuto  incassare le indiscrezioni di Reuters sull’intenzione di Trump di istituire dazi per 60 miliardi di dollari su importazioni cinesi. Ora che Tillerson e Cohn sono fuori, chi lo farà  ragionare?
Il  peggioramento di Wall Street in serata sorprende poco, su queste basi  Parimenti, è comprensibile il tono debole delle  piazze  asiatiche,  fin troppo composto, viste le  circostanze,  se  si considera che, tra gli indici che seguo,  il  peggiore è  il  Nikkei (-0.85%) mentre gli altri perdono in media mezzo punto.
A supportare il mood nell’area, forse,  i dati macro cinesi di Febbraio, che hanno sostanzialmente sconfessato  la  mia idea di una debolezza in ossequio al nuovo corso delle autorità (meno crescita ma di qualità  migliore). Se le  retail  sales hanno rallentato più  delle  attese (9.7% da 10.2% e vs stime per 9.8%), la  produzione industriale ha accelerato (+7.2% da 6.6% e vs attese per 6.2%) grazie a  un balzo della produzione di energia elettrica, mentre gli investimenti (+7.6% YoY da 7.2% e vs attese per 7%) sono stati assai supportati dal settore immobiliare, che sembra incapace di raffreddarsi.
Insomma,  il  rallentamento chiaramente segnalato dalle autorità  (anche oggi: *CHINA SAYS ANNUAL 6.3% GROWTH ENOUGH TO MEET LONGER-TERM GOAL) non è ancora iniziato.

L’apertura europea ha avuto  un tono sorprendentemente costruttivo, visto l’epilogo a Wall Street ieri sera ,  e il sentiment ereditato  dall’Asia. Oltre a  ciò,  l’azionario continentale ha dovuto anche fare i conti con le tambureggianti headline legate alla disputa tra UK (spalleggiata da Europa  e  US in questo caso) e la  Russia, a  proposito dell’assassinio della spia russa e di sua figlia su suolo britannico con gas nervino. Scaduta la  deadline imposta ai Russi per fornire spiegazioni, la  May ha annunciato l’espulsione di 23 diplomatici russi, e  minacciato  altre sanzioni (per alcune delle quali serve un accordo con gli alleati). Mosca ha definito le  misure totalmente inaccettabili,  ingiustificate e miopi, e  annunciato rappresaglie.  Lo scontro ha impattato  sull’azionario russo,  ma ha ovviamente costituito una fonte di disturbo per i mercati globali.

Infine, l’elezione speciale in Pennsylvania vede i Democratici in testa di un margine cosi ristretto che non è  ancora stato  possibile  dare ufficialità al  risultato, sul  quale  possono pesare anche eventuali reclami. Ma  il punto è  un altro:  in Pennsylvania Trump  aveva battuto la  Clinton di circa il  20%, e  questo seggio è  stato  appannaggio dei Repubblicani negli ultimi 15 anni. Un elezione cosi bilanciata in un feudo  repubblicano costituisce un serio campanello di allarme per Trump in vista delle Midterm Elections. Come  reagirà  il  Presidente? Lo  prenderà  come un segnale  che gli americani sono meno a loro agio con la   sua agenda politica, e ne modererà  gli aspetti radicali, o  andrà all’attacco, accentuandoli? Trattandosi di Trump,  non c’è  da essere troppo  tranquilli.

Con queste premesse,  il fatto che l’azionario europeo sia partito in recupero e abbia accumulato progressi in mattinata ha costituito una piacevole  sorpresa.  Eccezione significativa,  il  settore  bancario europeo,  che si è  progressivamente indebolito in controtendenza fino a raggiungere i minimi del recente range, senza un catalyst ovvio se non la  prosecuzione del calo  dei rendimenti, favorita dal sentiment incerto e dai dati meno forti sui prezzi dell’ultimo periodo.

Nel  primo pomeriggio era prevista la pubblicazione,  in US delle retail  sales  di febbraio.  Il dato ha deluso  le  attese (-0.1% da -0.1% di gennaio e vs attese per +0.3%) ed il  quadro non cambia molto se si  sottraggono le componenti volatili (auto e gas), mentre migliora un po’ grazie alle revisioni del  dato di Gennaio. In generale, le  vendite del primo trimestre del  2018 (sulla base di questi primi 2 mesi) mostrano un significativo  rallentamento (-1% annualizzato) rispetto  al  ritmo forsennato del quarto trimestre (oltre +8% annualizzato) che rifletteva anche il rimbalzo  post uragani. Il  calo, con un po’ di buonsenso,  era da  mettere in conto, ed è probabile che da marzo  in poi le vendite si riprendano, anche per  l’arrivo dei rimborsi fiscali. Ma tant’è,  questi dati impongono un ridimensionamento delle stime di crescita del  primo  trimestre (GDPNow della Fed di Atlanta è sceso a 1.9% da 2.5%).
Il  dato  ha accentuato  il malumore di Wall Street, che ha ripreso a scendere,  minando  il  rimbalzo delle borse europee,  che chiudono con marginali perdite  ad eccezione del  Dax (ieri il più penalizzato). Per oggi, accontentiamoci della sovrapreformance rispetto agli  indici USA, rara  di questi tempi.
A metà pomeriggio, il circolare sui media esteri di un affermazione fuori contesto di Salvini (*ITALY’S SALVINI SAYS GOVT WITH FIVE STAR IS `POSSIBLE’) ha prodotto  un’ondata di prese  di beneficio su BTP e ha accentuato il  passivo  di Milano,  già gravata dall’alta  percentuale  di banche.  L’impatto  si è visto  anche sull’€ che già  oggi non brillava.
In realtà,  l’apertura di Salvini era in risposta ad una domanda generica, e  costituiva più  una chiusura agli sconfitti (leggi PD) che non un messaggio preciso a  Di Maio. La  successiva parziale  smentita ha ridato  un po’ di supporto  al  BTP, che comunque allarga vs un bund ben sostenuto, e alla  divisa  unica,  ma Milano è  rimasta sostanzialmente debole.
Finora i tentativi di Wall  Street di recuperare si sono mostrati inefficaci, e  l’S&P 500 appoggia sul  supporto costituito dalla media mobile  a 50 giorni e dalla trendline appena rotta,  apparentemente indeciso  sul  da farsi.