Ed ecco quà. Il FOMC di ieri è stato un catalyst perfetto per un selloff il cui motivo principale sono un eccesso di ottimismo e di euforia ed un posizionamento eccessivamente lungo e privo di hedge (vedi Lampi di martedì per il contesto tecnico).
Sicuramente la Fed è risultata più hawkish delle attese. Questi i principali elementi che hanno conferito aggressività al FOMC di dicembre:
** Le revisioni allo scenario inflattivo sono state rilevanti, e massicce, per il 2025, con PCE headline salito di 0.4% a 2.5% e PCE Core salito di 0.3% a 2.5%, ben sopra il target Fed (vedi schema sotto).
** Nella Dot Plot sono spariti 2 dei 4 tagli previsti a settembre per il 2025,e anche il tasso di lungo periodo è stato elevato.
** Le previsioni di crescita sono state leggermente alzate e quelle di disoccupazione abbassate.
** Powell ha poi ammesso che la decisione di tagliare è stata più incerta (c’è stato un dissenziente ufficiale, Hammack) e sono giunti comunque ad un punto in cui è appropriato rallentare il ritmo dei tagli. Ed ha aggiunto che per continuare a tagliare serve ulteriore progresso sull’inflazione, mentre loro non si accontenteranno di un inflazione sopra il 2%. Osservazione non banale visto che di progresso sull’inflazione di recente ce ne è stato poco, e loro vedono il PCE Core abbondantemente sopra il 2% nel 2025 e anche nel 2026. Sembra evidente che i membri stanno cominciando a fattorizzare nelle previsioni l’impatto dell’amministrazione Trump.
Così, la Fed Funds Strip ha aggiunto oltre 10 bps su tutte le scadenze, il Dollaro è balzato di un 1%, e l’azionario si è progressivamente inabissato: in chiusura l’S&P 500 ha ceduto il 2.95%, il Nasdaq 100 il 3.6%, Il Russell 2.000 Small Caps il 4.39%, e le Magnificent 7 il 4.12%. Per quel che può valere, in una giornata in cui il mercato ha preso una lavata, abbiamo avuto la tredicesima seduta di breadth negativa, con solo 19 titoli in progresso su 503. Se succede anche oggi il record storico del1976 sarà stato eguagliato.
Parlo di catalyst e non di causa, perchè a fronte anche di una sorpresa hawkish, la reazione appare un filo esagerata. Non a caso per l’S&P 500 si tratta del peggior Fed day dal 2001 (dati di DB). Mi sembra evidente che c’era dell’altro ad agitare le acque.
Certo, c’è stato l’aumento della probabilità di uno shutdown governativo, con Trump e Vance che hanno sconfessato il piano del portavoce del Senato Johnson, sostenendo che vogliono un budget di spesa semplificato e chiedono che i Repubblicani spingano per un aumento del debt ceiling prima della fine dell’amministrazione Biden. Proposte molto più difficili da negoziare con i Democratici, che avevano definito con Johnson il piano attuale. Così su Polymarket la probabilità di uno shutdown è balzata dal 13% di martedì al 60% odierno.
Ma ugualmente, un -2.95% resta una reazione spropositata, principalmente dovuta nella sua dimensione ad un mercato assai sbilanciato. Infatti il Vix ieri sera ha fatto un balzo di quasi 12 vols da 15.87 a 27.62, con un +74%, chiaro indice di un mercato preso totalmente alla sprovvista, che si è gettato sull’hedging.
In effetti l’Asia ha accusato la disfatta USA, ma senza scomporsi troppo, sebbene la politica monetaria USA riguardi anche quell’area. D’altronde sentiment e positioning sulle piazze asiatiche non erano minimamente paragonabili a quelli USA. Se Shenzen ha chiuso marginalmente positiva, Shanghai, Hang Seng, HSCEI e Tokyo hanno mostrato perdite moderate, attorno al mezzo punto. Peggio Taiwan, Mumbai e Vietnam, circa a -1% e pesanti Seul, Jakarta e Sydney, -1.5%-2%.
La Bank of Japan stanotte ha lasciato i tassi invariati, come da consenso, anche se 12 su 49 economisti intervistati si aspettavano un rialzo di 25 bps. Il Governatore Ueda ha dichiarato che al momento non ci sono informazioni sufficienti sugli aumenti salariali nelle negoziazioni salariali di primavera. Inoltre vi è grande incertezza riguardo alle politiche economiche della nuova amministrazione Trump. Ha aggiunto che i tassi saliranno gradualmente durante un lungo periodo di tempo. Così i tassi giapponesi sono tra i pochi a non risentire dell’outcome del FOMC oggi (non una grossa novità, ammettiamolo) e lo Yen ha ceduto pesantemente in giornata contro tutto.
In Cina Shanghai Securities News ha riportato che alcune città hanno iniziato a comprare le case invendute finanziandosi con la facility messa in piedi dalla PBOC. In compenso le banche cinesi hanno alzato i tassi dei mutui per la prima volta in 3 anni.
La seduta europea è iniziata con un tono opaco, comprensibilmente. Ma le perdite si sono attestate sul punto percentuale, o poco oltre, a dimostrazione che in Europa la componente tecnica del calo di Wall Street è assente, come sappiamo bene, visto che tutte le survey ci hanno mostrato nell’ultimo periodo flussi in uscita da asset europei ed emergenti e in entrata su USA (vedi ancora il pezzo di martedì con la Fund Manager Survey di BofA). I rendimenti hanno mostrato rialzi sostanziali, con focus sulle parti medio lunghe delle curve. L’€, che aveva scontato abbondantemente ieri, ha recuperato un po’.
Sul fronte macro poche news, e marginali. La consumer confidence di gennaio in Germania ha recuperato marginalmente sopra attese, pur restando su livelli abbastanza depressi, mentre le varie business confidence in Francia hanno tutte fatto ben peggio delle attese in Francia a dicembre.
A metà giornata, la Bank of England ha lasciato i tassi invariati, come largamente atteso, ma con 3 membri su 9 che avrebbero preferito tagliare, quando il mercato si attendeva solo un dissenziente. Questo ha dato un dovish tilt al meeting, che si è riflesso in un calo dei tassi sulla parte breve della curva Gilt e rialzi moderati sulla parte medio lunga, in quanto l’impatto dei violenti rialzi dei rendimenti USA tra ieri sera ed oggi è stato temperato dalla dovishness BOE. Naturalmente la sterlina si è indebolita, anche contro €
I report usciti negli USA sono stati più interessanti di quelli EU.
Per cominciare, la terza lettura del GDP del terzo trimestre 2024 ha riservato sorprese. Il dato è stato rivisto al rialzo significativamente (+0.3% annualizzato) e i dettagli sono ancora più positivi, nel senso che l’aumento dipende da consumi ed esportazioni nette, e sarebbe stato maggiore non fosse per un calo del contributo delle scorte, il cui accumulo, come noto, è una componente positiva del GDP, ma si riflette negativamente nei trimestri successivi, quando vanno smaltite e pesano sulla produzione. Le pressioni inflazionistiche però sono state riviste al rialzo.
In aggregato, positivo per il ritmo della crescita USA, ma negativo per i tassi (economia e inflazione più forti).
Il Philly Fed di dicembre ha deluso pesantemente, terminando pesantemente negativo, e i principali sottoindici sono deboli (employment -2.0 pti a 6.6 e new orders -13.2pti a -4.3). Ma la media dell’anno è stata di 3 e quella del terzo trimestre di 1,7. Direi che questa survey ha sottostimato un bel po’ la crescita, in particolare a q3. I sussidi di disoccupazione sono tornati in linea con le ultime settimane, cancellando il balzo della settimana del ringraziamento. Il mercato del lavoro resta abbastanza in equilibrio. Le vendite di case esistenti a novembre hanno sorpreso al rialzo. Qui il tema è che la scarsità di case in vendita si sta risolvendo e questo alimenta le transazioni. Nel grafico (Calculated risk ) si vede bene il recupero, con la stagionalità che non ha praticamente impattato (normalmente le scorte di case in vendita fanno i minimi stagionali a dicembre).
Wall Street è partita con un rimbalzo, che poi si è un po’ affievolito. La fiacchezza della reazione dell’azionario USA alla scivolata di ieri ha pesato sulle chiusure europee, che sono vicino ai minimi di seduta, e per i principali indici superiori al punto percentuale. I rialzi dei rendimenti sono materiali alla fine, ma non eccessivi, mentre gli spread, essendo un tema di simpatia con i tassi USA, si muovono poco. L’€ era rimbalzato in giornata, sopra quota 1.04, ma alla fine chiude la seduta europea sotto, recuperando poco del tonfo di ieri. Siamo sui minimi da poco più di 2 anni ( dic ’22). Le commodity aggiungono ai cali di ieri e dei giorni scorsi, con l’indice generale che scende per la sesta volta consecutiva. Rimbalzo di oro e gas.
A 2 ore dalla chiusura Wall Street ha recuperato un po’ di rimbalzo, che però resta moderato rispetto al cedimento di ieri. Il selloff di ieri e il balzo del Vix, con backwardation (spot che va sopra i futures) ci dice che il mercato si è un bel po’ ribilanciato. Ma forse non del tutto, visto che fino a martedì l’euforia era massima e si parlava solo del Santa Rally e di stagionalità positiva. La chiusura ci dirà qualcosa in più su questo tema, e sulla direzionalità dei prossimi giorni.