Sollievo sui mercati, alla comparsa della “Trump put”

Sentiment ancora in significativa difficoltà  stanotte in Asia. Ieri sera, Wall Street ha perso brillantezza nella parte finale di seduta,  e  sarebbe terminata invariata non fosse stato per il +1.4% del settore Energy, grazie al balzo dell’oil.

Difficile, onestamente dire cosa abbia infastidito in particolare l’azionario dell’area, in particolare quello cinese, che ha lasciato sul terreno oltre l’1%, trainato al ribasso dalle large caps. In realtà le news sul fronte trade hanno continuato a migliorare, con il capogruppo repubblicano alla Camera Ryan a dichiarare che “i dazi non sono lo strumento giusto”.  Trump ha a sua volta confermato che potrebbe preferire l’approccio indicato dal Segretario di Stato Mnuchin, ovvero di delegare la  protezione delle proprietà  intellettuali US al Committee on Foreign Investments in the US (CFIUS).
Oltretutto, gli industrial profits cinesi di maggio sono usciti stabili a +21.1% anno su anno (aprile era 21.9%).
L’ultima fase ribassista per l’azionario cinese è stata accompagnata da un significativo calo dello Yuan (oltre il 3% in 8 sedute) cosa che ha portato parecchi commentatori a fare un parallelo con il 2015, quando un improvvisa svalutazione dello Yuan causò un crash azionario globale che durò mesi. In realtà  al momento si tratta di un paragone improponibile. In quella fase, l’economia cinese cresceva a rilento (a prescindere da quanto indicato dai dati ufficiali), vi erano pesanti deflussi di capitali e i profitti aziendali decrescevano. Ad aumentare l’impatto, vi era lo smontamento precipitoso delle posizioni di carry accumulate dopo 4 anni di costante apprezzamento della divisa.
Uno sguardo al Li Keqiang index (noto indice formato da consumo elettricità,  circolazione merci e erogazione credito) mostra che mentre nel 2015 la  crescita  si attestava intorno al 2/3%,  attualmente è più  vicina al 10%

Nel grafico si inizia intravedere l’effetto dell’erogazione di stimolo operata negli ultimi mesi per bilanciare l’effetto delle frizioni commerciali. Il credit impulse resta debole,  ma forse dipende dalla repressione dello shadow banking system.  Ma  il taglio della riserva obbligatoria dovrebbe rilanciarlo. Da notare come è più volatile  la  rappresentazione del ciclo cinese che da  quest’indicatore,  mentre il dato ufficiale è più da considerare un target che un effettiva misura della crescita.
I profitti restano in crescita, i flussi di capitale sono sotto controllo. Diciamo che il parallelo non regge. Vediamo se nei prossimi giorni otteniamo qualche conforto anche dai mercati.

Con l’apertura europea,  il sentiment è perfino peggiorato, con gli indici ad accumulare rapidamente un discreto passivo. Un po’ di delusione forse anche per la fumata nera all’incontro tra la  Merkel e i suoi alleati,  dopo le  dichiarazioni incoraggianti di ieri. Pesantissimo il  settore bancario, che continua a subire più degli altri le fasi di risk aversion.
Sorprendentemente, però, il  BTP è partito in positivo, e, diversamente da ieri, ha dato scarsissimi segnali di volersi aggregare ai risk asset in discesa.
Alle 10, gli aggregati monetari e di credito di maggio pubblicati dall’ECB hanno dato un po’ di supporto al sentiment. M3 ha accelerato moderatamente (+4% da +3.8%), e i prestiti al settore privato hanno accelerato a loro volta (+3.3% da +3.1%) trainati dai prestiti alle aziende (da 3.3% a 3.6%). Dopo i PMI flash di giugno, anche questi dati cozzano con l’idea di un Eurozone che rallenta sotto il potenziale. Il  quadro è completato dalla consumer confidence italiana sopra attese (116.2 da 113.9 e vs attese per 113.3).
Sarà  per questi dati,  o perchè nel breve il sentiment non aveva più margini di peggioramento, ma l’azionario continentale ha iniziato a recuperare terreno, mentre lo spread ha preso con maggior convinzione la via del ribasso.

A metà giornata, hanno ricominciato a circolare insistentemente dichiarazioni di Trump relative ad una stance più morbida nei confronti della Cina (*TRUMP WON’T INVOKE NATIONAL EMERGENCY LAW ON CHINA: OFFICIALS,TRUMP DECIDES AGAINST HARSHEST MEASURES ON CHINA INVESTMENTS), compresa una dichiarazione di Mnuchin secondo cui sul tema c’è  unanimità, ed è “spiacevole” che i mercati abbiano frainteso. L’impressione che gli investitori ne hanno ricavato, è che il Presidente tenga conto delle reazioni di Wall Street alle  sue azioni sul fronte commerciale,  e desideri evitare impatti troppo negativi.  In altre parole ,  esiste una “Trump put”, il cui strike sembra meno lontano di quello della nota “Fed put“.
Cosi, i risk asset hanno definitivamente invertito la marcia, passando in positivo.

Il Newsflow macro ha continuato a tendere al bello negli USA: I durable goods orders di maggio hanno deluso, calando marginalmente, ma le revisioni ad aprile cambiano volto al dato. Il goods trade deficit US di maggio è  uscit assai più ridotto delle attese, mostrano il terzo calo a fila. Un dato che servirà per lo più a Trump per mostrare all’elettorato che fare il viso delle armi serve, ma di fatto è prodotto da un aumento delle esportazioni (+2.1%) a fronte di importazioni stabili. Leggermente più deludenti le vendite di case nuove di maggio.

Il rally degli indici europei si è  esteso fino a mostrare progressi ben superiori al’1%. Dopodichè, complice una Wall Street più incerta, e una dichiarazione improvvida di Kudlow ( Kudlow says Trump isn’t retreating on China, Says U.S. negotiating with China from position of power, as American economy is expanding, while China’s economy “not doing well”) gli indici hanno moderatamente ritracciato.  D’altronde il  rialzo dai minimi di seduta per molte piazze ammontava a ben oltre 2 punti percentuali e qualche presa di beneficio era da  mettere in conto.
Il risk appetite non si è riflesso particolarmente sui bonds core, e sul treasury, che mostrano rendimenti ancora in calo. Ma la carta italiana mostra la prima giornata di contrazione degli spreads da un po’ di tempo (6 bp sul  10 anni, 14 sul 2  anni,  tornato ben sotto l’1% di rendimento). Niente male, alla vigilia del classamento di 6.5 bln di titoli tra btp 5 e 10 anni e CCT (oggi abbiamo avuto  i bot a 6 mesi). L‘intervista a Bagnai su Reuters in cui il Senatore conferma che l’uscita dall’€ non è nel  programma di governo può  aver giovato, ma personalmente ritengo che la performance abbia più a che vedere con un rientro delle tensioni macro, a fronte di un positioning difensivo della street pre asta.
Sul fronte cambi, il Dollaro ha guadagnato quasi su tutto e l’€ è  stato nuovamente respinto sotto 1.16, eventualmente in anticipazione di un po’ di maretta al  Summit Eurozone di 2 giorni che inizia domani a Bruxelles, con all’ODG migranti e Trade War (e se avanza tempo, il Budget EU e la Brexit). Dubito che mancheranno le headline, da un certo punto della giornata in poi.
Dopo la chiusura europea, la  retorica di Kudlow ha forse alimentato altre  prese  di beneficio a Wall Street, che è passata in negativo, zavorrata da tech e small caps, e forse infastidita dalla forza del $.