Scarse le news dal FOMC. Showdown finale sul deficit.

Ieri sera, il FOMC non ha offerto segnali univoci al  mercato. Personalmente, l’ho trovato marginalmente più hawkish (restrittivo) delle attese,  ma  la verità  è  che, al di la dello scontato rialzo dei tassi, ognuno può vederci qualcosa di coerente con la propria view. Le colombe osserveranno che è stata effettivamente cancellata la notazione che la politica monetaria è “accomodante”,  segno che la FED è convinta di essere vicina a un livello “neutrale”. Inoltre, le projections sui tassi nel 2021 sono allineate a quelle del 2020. I falchi sottolineeranno che c’è maggior consenso per 4 rialzi quest’anno e 3 l’anno prossimo e che il tasso terminale è stato portato a 3% da 2.9%. Inoltre, l’enfasi sulla forza dell’economia ha prevalso sull’indicazione dei rischi.
Privi di un segnale preciso, i mercati hanno girato un po’ a vuoto,  per poi chiudere con cambio stabile e tassi ed equity in moderato calo.
Coerentemente, l’azionario asiatico ha visto  la  comparsa di un po’ di prese di beneficio. La cosa si è notata in particolare su Tokyo e Shanghai,  che avevano performato  assai bene di recente, mentre invece è apparsa meno evidente altrove (Seul,  che riapriva oggi dopo 2 giorni di festività, è salita).

Come era nelle previsioni, l’apertura europea ha visto l’impatto delle indiscrezioni uscite ieri sullo scontro tra il  Ministero delle Finanze e i leaders di Lega e M5S riguardo il livello del deficit da inserire nella Nota di aggiornamento al DEF. Gli asset italiani sono partiti pesanti, e, nella prima ora di contrattazione, hanno accumulato passivi significativi: spread in allargamento di oltre 15 basis points, e Milano giù di quasi il 2%. L’azionario europeo ha accusato a sua volta, zavorrato dal settore bancario, che ha sofferto parecchio in simpatia con gli istituti italiani, e a causa del calo dei tassi core. In calo anche l’€, che già ieri non era riuscito a tenere il balzo post FOMC.
Impossibile  tenere il conto del numero di healine e indiscrezioni riguardanti lo slittamento della decisione, i numeri, la compattezza del fronte Di Maio –  Salvini, e la possibilità delle dimissioni di Tria.
Coperti dalla bagarre sulle finanze pubbliche italiane, gli aggregati sul credito di agosto cominicati dall’ECB hanno mostrato una buona crescita dei prestiti al  settore privato (+3.4% anno su anno). Ottimo il dato per le  aziende (da +4.2% a +4.4% YoY), e buono anche quello ai households (da 3% a 3.1%). Il moderato aumento della domanda e l’easing dei lending standards che emergono dalla survey completano un quadro che non può che soddisfare la Banca Centrale. Le condizioni finanziarie restano accomodanti nell’area Euro e il mercato del  credito continua a migliorare gradualmente.
Un altro fenomeno che inizialmente non ha riscosso l’attenzione dovuta, sono stai i dati di inflazione delle varie regioni tedesche che hanno progressivamente dipinto un quadro si significativa accelerazione dei prezzi.

Il  primo segnale concreto di un miglioramento del  sentiment nei confronti degli asset italiani è stato l’asta BTP, che ha visto  domanda robusta, e prezzi di emissione dei titoli piazzati tutti ben sopra i livelli del secondario. Un esito del genere, in presenza di un contesto cosi incerto, appare un sintomo dell’esistenza di una frangia di investitori che intende utilizzare le fasi di volatilità per incrementare le posizioni su carta italiana. Non a caso, senza che il newsflow politico sia particolarmente migliorato, gli asset italiani hanno preso a recuperare, e con essi il sentiment.

Alle 14, l’uscita del  CPI flash tedesco di agosto ha offerto un bel supporto alla tesi cara a Draghi di una ripresa “vigorosa” dell’ underlying inflation. Il dato mese su mese ha stracciato le  stime (+0.4% vs +0.1% atteso) mentre il dato anno su anno è tornato sopra il  2% (2.2% da 1.9% vs attese per invariato). Il report ha levato forza a un Bund già indebolito dai dati regionali e dal rimbalzo del sentiment.
Sorprendentemente, l’€ non ha tratto alcun  giovamento ne dal rimbalzo dei tassi core seguito al  CPI, ne dalle migliorate fortune degli asset italiani ed europei. Un chiaro segnale che i veri motivi della sua debolezza vanno cercati,  almeno in parte, altrove (flussi di fine trimestre? Rilettura del FOMC? La ripresa del sopravvento da parte del differenziale tassi, che resta massiccio?).
Certo non i dati macro di oggi in US:
** La revisione del GDP US del  secondo trimestre ha offetto poche sorprese (confermato +4.2%, PCE rivisto marginalmente al  rialzo) old news
** I Durable goods orders di agosto hanno sorpreso in positivo, ma il dato depurato dalle componenti volatili ha marginalmente deluso.
** La bilancia commerciale di agosto ha visto  il  deficit crescere oltre attese.
** Le pending home sales di agosto e il kansas Fed di settembre hanno deluso.
Nulla che impatti in maniera particolare sul quadro macro USA (eventualmente un decimale in meno di crescita nel terzo trimestre dal trade balance) ma soprattutto che offra supporto al Dollaro.

Sgravato da gran parte della pressione degli asset italiani, supportato dalla buona partenza di Wall Street, e dalla sorprendente (nel breve, almeno per il sottoscritto) debolezza dell’€, l’azionario Eurozone ha chiuso con discreti guadagni una seduta iniziata con cattivi auspici. Pur con questi indiscutibili aiuti esogeni, un chiusura positiva, sui massimi di periodo, in una seduta caratterizzata dall’incertezza sul fronte Italia e all’indomani di un rialzo FED, costituisce sicuramente un segnale di forza da parte dell’azionario continentale.
Della debolezza del mattino resta il calo di Piazza Affari (un terzo dell’originale) l’allargamento dello spread (idem), e una certa pesantezza del settore bancario.

Venendo alle questioni nostrane, le ultime notizie narrano che al momento è in corso il vertice dei leaders, che verrà seguito dal Consiglio dei ministri per formalizzare i numeri della nota.
Per quel che può valere, visto che domani i mercati dovrebbero aprire a cose fatte, l’impressione personale è che stiamo assistendo alla coda di una negoziazione durissima tra il  Ministero e i 2 Vicepremier, nella quale l’obiettivo dei secondi è duplice: strappare fino all’ultimo decimale a Tria, ottenendo un numero che inizi per “due”, e mostrare all’elettorato che si è fatto il massimo. Per come si è messo il dibattito, mi sembra impossibile che Tria si lasci imporre il 2.4-2.5% richiesto senza reagire. Le dimissioni del Ministro, per contro, causerebbero, a mio modo di vedere un serio deterioramento del quadro qui mercati, quantificabile con un approdo in tempi non troppo lunghi dello  spread in area 350 400, con impatto sul quadro di crescita italiana. Non credo che a Di Maio e Salvini convenga di portare il paese alle elezioni europee in queste condizioni. Per cui sospetto che il numero  finale si collocherà in un intorno del 2%, 2.1% in caso di un esito particolarmente favorevole  ai Vicepremier. Ma la mia è  solo una teoria basata sul buonsenso.