Recupera l’azionario, bond nervosi alla vigilia dei CPI.

Perdita marginale ieri sera (martedì) per Wall Street, con l’S&P 500 in calo dello 0.16% e il Nasdaq 100 a cedere lo 0.49%. Il recupero finale è stato trainato dal settore energy, galvanizzato dal rimbalzo dell’oil, a causa del blocco dell’oleodotto Iraq-Turchia, che dovrebbe causare un taglio di 400.000 barili al giorno. Male il tech, ancora. Moderati (per il periodo) aumenti dei rendimenti.
A proposito di rendimenti, interessante un chart proposto da Deutsche Bank dove hanno rappresentato sul piano cartesiano i punti rappresentativi delle coppie di livelli di Vix (volatilità implicita azionario USA ) e Move (volatilità implicita del treasury).   Sono state indicate con alcuni colori le osservazioni relative a particolari periodi.

Come si nota, la particolarità di questo periodo è che a una volatilità su tassi relativamente elevata si associa una volatilità su azionario più bassa. Questo è un chiaro riflesso della price action che vede l’azionario in relativo più tranquillo dell’obbligazionario, dove i tassi sono crollati e hanno messo a segno swings di entità record. Il periodo che più si avvicina a quello attuale è quello del collasso di Bear Stearns 15 anni fa, un evento che ai tempi fu considerato più idiosincratico (mentre poi si rivelò decisamente sistemico). Negli altri casi, ad un aumento della volatilità su azionario corrispose un aumento di quella sui bonds (nel caso del Covid più accentuata sull’azionario). Una motivazione potrebbe essere che i tassi sono più rapidi a cogliere gli effetti di un rallentamento rispetto all’azionario. Il Covid farebbe eccezione perchè lo shock era totalmente esogeno e colse di sorpresa sia obbligazionario che azionario. Nel caso della GFC invece i tassi iniziarono a calare ben prima dell’azionario che fece i massimi assoluti a ottobre 2007 e i massimi da 15 mesi a maggio 2008.

La seduta asiatica ha avuto un buon tono, trainato dalla forza del tech cinese maturata ieri nel corso della seduta europea. Tutti i principali indici hanno mostrato progressi, ad eccezione delle “A” shares cinesi che non ne vogliono sapere di ricominciare a prezzare la ripresa congiunturale. In compenso le “H” shares hanno guadagnato oltre il 2% con l’idea che l’esempio di Ali Baba di liberare valore con lo split possa essere seguito anche da altri colossi come Tencent e Baidù.
Per il resto, il CPI australiano di febbraio è uscito sotto attese, e in generale i dati macro in Vietnam hanno deluso

La seduta europea è stata caratterizzata sin da subito da un sentiment positivo. I risultati di Infineon hanno supportato i semiconduttori. Il calo della volatilità sui tassi ha contribuito a far rifiatare le banche, insieme con l’assenza di news negative negli ultimi giorni. Sul fronte macro, poca roba, con la GFK consumer confidence tedesca di aprile leggermente meglio delle attese ma sempre bassa (29.5 da prec 30.6 e vs stime per 30) e la consumer confidence francese di marzo il lieve calo in linea con le stime (81 da prec 82).
La mattinata è andata via così, con l’azionario in progressivo recupero, trainato da un (infine) poderoso rimbalzo del real estate, e del tech e dalle banche, e i tassi nervosi, forse in anticipazione della pubblicazione dei dati di inflazione in Germania (domani), Francia, Italia e EU (venerdì). Abbastanza stabile l’€ e in consolidamento le commodities.
Pochi anche i dati in US oggi pomeriggio.

Le richieste di mutuo settimanali sono salite moderatamente, per la quarta settimana di seguito. Il livello però resta molto basso, ad indicare un attività ridotta, come mostra il grafico dell’indice delle richieste motivate da acquisto.

Le pending Home sales USA di febbraio a loro volta sono salite marginalmente a fronte di un calo atteso. Questi numeri puntano ad una stabilizzazione delle transazioni dopo il calo del 2022 (l’indice è -21% anno su anno, a 83.2 con 100 pari all’attività registrata nel 2001). Su questo tipo di attività bisogna valutare un impatto delle difficoltà delle banche di dimensioni medie e piccole emerse di recente. Infatti queste finanziano, secondo una stima di Goldman Sachs, il 60 % del residenziale USA (nella parte destra del grafico si indicano le percentuali erogate da banche “rischiose” perchè ad alto loan/deposit ratio o bassa percentuale di depositi assicurata FDIC o bassi depositi retail)

Il vero problema lo ha il commercial real estate, dove la percentuale in mano alle banche medio/piccole è dell’80%, e il vacancy ratio sta salendo, a indicare un calo della redditività in arrivo.

Un altro report che ha attirato attenzione è stato la new York Fed survey of consumer expectations ( link ) in articolare le attese di inflazione, che sono significativamente calate sia a 1 che a 3 anni, marcando i nuovi minimi di periodo (vedi grafico di Creative Planning).

Anche la percezione di stato delle finanze e consumi futuri è un po’ calata.

Wall Street ha gradito l’assenza di bad news, ed eventualmente anche le news sulle aspettative di inflazione che forse hanno, in una giornata di risk appetite, ancorato i rendimenti. Gli indici sono partiti al rialzo e hanno accumulato progressi robusti con una vasta partecipazione dei settori, e una predominanza dei recenti laggard, come il real estate, il tech e le utilities. Ciò ha permesso agli indici EU di chiudere con ottimi guadagni. Stabile l’€, i rendimenti core in particolare hanno risentito del citato nervosismo in vista dei dati di CPI in arrivo nelle prossime 48 ore. in consolidamento le commodities. Domani meritano uno sguardo attento i jobless claims. Se è ipotizzabile un impatto rapido sull’occupazione del recente shock al sistema bancario. è possibile che questi numeri inizino a mostrarlo. Per l’impatto legato all’inasprimento dei lending standards, andiamo eventualmente all’estate.