Proseguono le pressioni inflazionistiche, rendimenti in rialzo, rimbalza l’azionario


Nuova discesa ieri sera (mercoledì) per l’S&P 500 (0.475) e chiusura ai minimi dal 20 gennaio, mentre il Nasdaq ha fatto anche peggio (-0.86%). Ancora le pressioni inflazionistiche, questa volta sotto forma di un balzo del sottoindice prezzi del ISM manifatturiero, a infiggere danni al sentiment. Non a caso il 10 anni treasury ha testato il 4% (e oggi lo supera) mentre il target di Fed Funds scontato dalla strip si avvia verso il 5.5%.
La dinamica recente degli inflation breakeven a 2 anni in USA ed Eurozona illustra bene il cambio di scenario operato dal mercato da inizio anno, per effetto dei dati macro e inflattivi usciti di recente.

La narrativa di un inflazione in rapido rientro è stata affossata dai dati forti di Gennaio e dai CPi sopra attese del mese di Febbraio, il che, con banche centrali “data dependant” ha portato i mercati ad alzare il pricing ulteriormente (non senza la collaborazione della retorica dei vari membri). Questa dinamica mostra bene la situazione difficile in cui si trovano le banche centrali. Il ritardo nell’effetto dei rialzi sull’economia, e il fatto che loro si focalizzano su indicatori lagging come inflazione e disoccupazione sembra indicare che loro continueranno a inasprire finchè non vedranno gli effetti tangibili e rilevabili, su queste 2 variabili, del loro operato. Ma questi effetti, una volta partiti, non è che si arresteranno immediatamente, come non si sono arrestati quelli dello stimolo. E questo con ogni probabilità produrrà un rallentamento tanto più brusco, quanto più tightening è stato fatto.
In altre parole la forza dei dati sta, a mio modesto modo di vedere, accentuando l’entità del loro errore di politica monetaria. Invece, era negli ultimi mesi che la Fed avrebbe dovuto usare la sua credibilità per fare una pausa e dare il tempo al tightening di avere ragione di ciclo e inflazione. Non nel corso del 2021, quando lasciando i tassi a zero e il QE a tavoletta ha fatto surriscaldare l’economia  creando, tra l’altro una situazione ancora ben fotografata da questo grafico, che mostra la salita dei prezzi delle case, paragonata agli affitti, e al CPI.

Tenuto conto dello squilibrio sul mercato (è evidente che affittare conviene di più che comprare, e nonostante ciò gli affitti stanno calando anche se l’OER ancora non lo registra) e dell’ammontare di case in costruzione che sta arrivando sul mercato, sembra evidente che siamo di fronte ad una situazione in cui i prezzi delle case dovranno continuare a correggere a lungo, e il settore immobiliare residenziale frenerà economia e occupazione, invece che supportarla come ha fatto finora.

Venendo alla giornata odierna, il nuovo minimo USA ha portato consolidamento anche in Asia, con solo Seul e Jakarta in grado di progredite marginalmente, e Sydney e Taiwan Invariate. Le discese sono però state di entità modesta, e il China Complex ha conservato il grosso dei progressi di ieri. Il sentiment sembra decisamente migliorato: Bloomberg riporta che le Autorità sarebbero piacevolmente sorprese della robustezza della ripresa ( link China Leaders Surprised by Pace of Economy’s Rebound ) e Reuters riporta che il target di crescita delle autorità per l’anno sta diventando più ambizioso ( link  Exclusive: China increasingly ambitious with 2023 growth target, may aim for up to 6% ). Vedremo la prossima settimana che diranno al National People Congress, che vedrà l’ultimo discorso del Premier uscente Li Keqiang.

La seduta europea è iniziata con un tono opaco. I bonds eurozone sono andati subito in ansia per la pubblicazione dei dati di CPi in Italia ed Eurozone e hanno trascinato al ribasso l’azionario. L’ansia si è dimostrata giustificata, perchè i dati hanno sropreso in positivo su tutta la linea, e in particolare la core inflation Eurozone ha accelerato ulteriormente, contro attese di stabilità che forse erano un po’ superate, dopo i numeri tedeschi e spagnoli.

In ogni caso il mercato era così pronto a brutte sorprese sotto questo aspetto, che subito dopo il dato i bonds si sono temporaneamente ripresi, e anche il sentiment sull’azionario è migliorato. D’altronde, come osservato i giorni scorsi, l’azionario in particolare europeo ha iniziato ad apprezzare l’inflazione, o quanto meno a temerla relativamente, finchè il ciclo da segnali di tenuta. E’ da osservare però che l’inflation forward a 5 anni, quello che secondo la dottrina dovrebbe rappresentare le aspettative di medio periodo del mercato e essere il riferimento principale della banca centrale, ha superato per la prima volta da oltre 10 anni il 2.5%, oltre ad essere sopra quello USA, un evenienza abbastanza rara.

Quindi anche in Eurozona possiamo aspettarci una politica monetaria bella aggressiva, e  la curva dei tassi sta prendendo nota. Ora il 4% è scontato interamente per febbraio 2024 mentre il picco è salito già oltre il 4.10%. Chissa se davvero faremo in tempo a vederlo. Ne dubito, di cose di cui dubitavo ne sono successe parecchie, di recente.
Nel primo pomeriggio negli USA altra benzina sul fuoco da parte dei dati.

Il costo del lavoro per unità di prodotto è stato rivisto clamorosamente al rialzo per il quarto trimestre, e la produttività è bassa. Numeri coerenti con una stuazione di inflazione resiliente (e profitti in calo, se è per questo).
Non è certo un market mover questo dato, ma visto la sensibilità al tema di recente, e il fatto che i tassi USA si erano mossi meno di quelli EU, l’impatto si è notato, aiutato anche dai sussidi di disoccupazione, al solito bassi e sotto attese. Oltretutto domani abbiamo il labour market report USA di febbraio a fare da spauracchio. Così i rendimenti USA hanno preso a salire, inducendo anche i bonds eurozone a cancellare il recupero.
Gli indici EU hanno però continuato il recupero, trainati dai difensivi, dalle costruzioni e dall’Energy. Per quanto salgano i tassi, l’azionario Eurozone non sembra ancora pronto a correggere per più di una seduta o due. Le chiusure sono moderatamente positive, mentre curiosamente l’€ non sembra avvantaggiarsi del repricing sui tassi. Vero, questo repricing si ha anche negli USA, però il rimbalzo del sentiment vorrebbe un € più arzillo. Già detto dei rendimenti, le commodities sono frenate dalla correzione dei metalli industriali.
Wall Street ha indugiato poco sotto la parità per un po’, e poi è a sua volta passata in positivo, apparentemente grazie ad alcune dichiarazioni del membro Fed Bostic meno aggressive rispetto alla recente retorica.
*BOSTIC FAVORS RAISING RATES 25 BPS IN MARCH BUT WATCHING DATA
*BOSTIC: WILL ADJUST HIS RATE OUTLOOK IF DATA COMES IN STRONGER
*BOSTIC: FED COULD BE IN POSITION TO PAUSE BY MID TO LATE SUMMER