Prosegue il rimbalzo del risk appetite alla vigilia del FOMC

Ieri sera (lunedì) chiusura positiva a Wall Street, con l’S&P 500 in progresso dello 0.89% e il Nasdaq 100 più attardato a +0.34%. Per come si era messa la seduta nella mattinata europea, direi un epilogo più che apprezzabile.
Il recupero è stato favorito dall’ isolamento del caso svizzero da parte delle autorità EU e UK (già commentato ieri), nonchè la notizia che in US si studia la possibilità di assicurare interamente i depositi bancari ( link  US Studies Ways to Insure All Bank Deposits If Crisis Grows), mentre JPM si adoperava (e si adopera) per trovare una soluzione alla crisi di First Republic Bank (che però ieri ha perso il 47%). Il calo della percezione del rischio sistemico ha prodotto furiose ricoperture che caratterizzano anche la price action odierna.
La seduta asiatica ha preso atto, con tutti i principali indici a mostrare progressi (Tokyo chiusa per festività). Sul fronte macro, la bilancia commerciale dei primi 20 giorni di marzo in Sud Corea sembra recare i segni di un rallentamento della domanda, con l’export che cala del 17.4% anno su anno, e l’import del 5.7%. Colpa del calo di domanda di semiconduttori (-44% anno su anno). Per il resto, siamo sempre in attesa di vedere segnali seri di una riaccelerazione della Cina, in seguito alle riaperture, e questi numeri non vanno in quella direzione. L’abitudine di aggregare i dati di gennaio e febbraio cinesi per via delle distorsioni causate dal collocamento del Capodanno impedisce di capire bene se l’attività accelera, perchè in aggregato per ora l’effetto è modesto. Ma gennaio è stato molto debole e febbraio molto meglio, a giudicare dai dati sul trade. Vedremo cosa ci dirà marzo.

L’apertura europea ha visto gli indici continuare il rimbalzo di ieri, ancora trainati dalle banche, per le quali il recupero dai minimi di ieri ha superato la doppia cifra. Coerentemente, i rendimenti hanno continuato a rimbalzare, insieme con l’€. Sul fronte macro la Zew survey di marzo ha deluso le attese con un calo marcato delle expectations (13 da 28.1 e vs stime per 15) e una sostanziale stabilità della situazione corrente (-46.5 da prec -45.1 e vs stime per -44.3). Trattandosi di una survey di analisti di mercato, non mi sorprende che sia cresciuto il pessimismo.
Siamo approdati al primo pomeriggio con il sentiment in ulteriore accelerazione, e, cosa non banale, marcati recuperi dei bonds bancari, e degli AT1, che hanno sostanzialmente cancellato i cali di ieri, a dar credito ai livelli mostrati dai principali ETF. Niente male, considerando che Credit Suisse, che costituiva originariamente un 6/7% degli ETF, e ai prezzi di venerdì un residuo 1.5/2% è stato azzerato.
Un paio di numeri In US a metà giornata:

Il Philly Fed Non manufacturing è tornato marcatamente in negativo. Nei dettagli i new orders a -15.4 da precedente 6 non fanno nulla per modificare il messaggio. Anche la survey servizi del distretto di NY era andata maluccio. Vedremo se l’ISM services validerà o meno il segnale il 5 aprile.
Forte rimbalzo, per contro, per le existing home sales, così come è stato per le new home sales, i cantieri etc. Febbraio mostra un deciso miglioramento dell’attività immobiliare, in parte forse favorito dal clima, in parte dal calo dei tassi a lunga, ma comunque un segnale di vitalità. Il grafico di Calculated Risk mostra il movimento nella sua sostanza: un rimbalzo dell’attività dopo un collasso. Il dato anno su anno è sempre un -22%.

Questi numeri  si riferiscono a compromessi di dicembre e gennaio. I tassi erano calati da oltre il 7% verso il 6.2-6.3% e non sono risaliti successivamente, anzi.
Detto questo, temo che le ultime vicende renderanno le banche, in particolare quelle regionali, meno propense a finanziare gli acquisti, sia residenziali che commercial real estate, in cui la market share delle piccole banche è elevata.
Sul fronte prezzi, abbiamo il primo calo anno su anno rilevato dalla National Association of Realtors.

Wall Street è partita in positivo, con il settore delle banche regionali a trainare (+6). A supportare il sentiment, anche dichiarazioni caute e concilianti del Segretario del Tesoro Yellen alla  American Bankers Association conference.
*YELLEN: INTENTION TO REMAIN VIGILANT IN DAYS AND WEEKS TO COME
*YELLEN: DON’T HAVE ALL THE DETAILS ABOUT SVB, SIGNATURE YET
*YELLEN: NEED TO REEXAMINE CURRENT BANKING REGULATIONS
*YELLEN: NEED TO SEE IF REGULATIONS APPROPRIATE FOR RISKS TODAY
*YELLEN: COMMITTED TO TAKING ACTIONS THAT WILL MITIGATE FINANCIAL STABILITY RISKS
*YELLEN: BANKING SYSTEM IS SOUND DESPITE RECENT PRESSURE
*YELLEN: AMERICAN PUBLC SHOULD HAVE CONFIDENCE IN BANKING SYSTEM, WILL STAY VIGILANT IN DAYS AND WEEKS TO COME
YELLEN: NEED TO MAKE SURE THAT FEDERAL RESERVE IS ABILE TO PROVIDE LIQUIDITY THAT BANKS NEED
YELLEN: WE ARE READY AND PREPARED TO TAKE STEPS NECESSARY TO ENSURE THAT BANK DEPOSITS, BANKING SYSTEM ARE SAFE

La chiusura europea vede ottimi rimbalzi dei principali indici e un settore bancario che chiude a +4.8%, tallonato da quello assicurativo (+3%) con il resto a mostrare progressi meno forti. I rendimenti rimbalzano per bene, insieme all’€ e le commodity più cicliche. Sul fronte bonds finanziari e subordinati, solo verso fine seduta si sono viste un po’ di prese di beneficio. Finora Wall Street sta tenendo i guadagni, con First Republic Bank che rimbalza del 48%. Vedremo dove sarà la chiusura.

E veniamo all’evento che allieterà la giornata di domani, il FOMC. Il mercato sconta un 75-80% di probabilità di un rialzo da 25 bps. Meno di 2 settimane fa (8 marzo), scontava un 70% di probabilità di 50 bps, e vedeva i Fed Funds al 5.70% a settembre e al 5.55% a Dicembre. Ora, per le stesse date vede 4.60% e 4.36% e il picco è indicato a maggio al 4.92%. Stiamo parlando di 80 bps in meno per il target e 120 in meno a fine anno. Non si può dire che il mercato dei tassi non abbia preso gli ultimi eventi seriamente.
Anche il consenso degli analisti si è adeguato, e dei 98 operatori interessati solo 1 si attende 50 bps, 85 si attendono 25 bps, 11 vedono una Fed ferma (tra cui Goldman e Barclays) e 1 (Nomura) vede un taglio di 25. Quindi, sebbene sia incredibilmente raro avere previsioni sia per rialzo che per ribasso, alla fine la media del consenso concorda con le aspettative del mercato.
In effetti, sulla base delle informazioni che abbiamo e del modus operandi usato finora da Powell e C., 25 bps sembra la scelta più sensata. L’inflazione resta troppo elevata, ed ha recentemente sorpreso al rialzo. Tra l’altro a marzo devono essere pubblicate le nuove projections e sulla base degli ultimi dati ci sta un percorso di inflazione più alto e una crescita più resiliente nel breve, cosa che renderà difficile giustificare una pausa. La Fed si sta prendendo cura della crisi di liquidità, che le ha imposto di fare risalire in maniera significativa (300 bln ) il proprio bilancio, anche se come spiegavo venerdì il QE è un altra cosa ( link ). L’idea dominante nel Committttee è che tra la lotta all’inflazione e la preservazione della stabilità finanziaria non ci sia un trade off (nemmeno ora), ma possano essere gestite separatamente. Quindi il buonsenso vorrebbe che alzassero di 25 bps, e condissero la scelta con dichiarazioni dovish tipo che ritengono che serviranno altri rialzi ma sono pronti a cambiare idea se il quadro si deteriora. E con una chiara segnalazione che lo scenario si è fatto più incerto e verrà attentamente monitorato, e qualsiasi ulteriore focolaio di crisi verrà gestito
Detto questo, io personalmente ritengo che sia una chiamata difficile. Eventualmente influenzato dalla mia opinione da tempo detenuta che la Fed abbia alzato i tassi troppo e troppo in fretta, ritengo che la probabilità che decidano per una pausa sia tutt’altro che trascurabile. Questa in sintesi la motivazione.
Rispetto a poche settimane fa, le condizioni in cui versa il settore bancario costituiscono – anche per loro – un brutto risveglio. Se è vero che loro hanno gli strumenti per evitare dissesti e contagio, è anche vero che il cost of funding per le banche è destinato a salire, in particolare per quelle regionali, che finanziano la piccola e media impresa, e l’immobiliare commerciale e residenziale. A tale proposito è interessante un pezzo scritto da Cameron Crise di Bloomberg in cui rileva che 1) l’indebitamento bancario è cresciuto parecchio nella parte finale del 2022, forse per il rialzo dei tassi che ha reso popolari i loans per le banche (lato offerta) e per l’aumento del working capital nelle aziende per magazzino e spesa per interessi (lato domanda). 2) I loans sono molto più preponderanti nei bilanci delle banche piccole, mentre quelle grosse diversificano di più.

Visto che sono le banche piccole ad avere i problemi più grossi, l’impressione è che saranno costoro a diventare più riluttanti a prestare  e a inasprire i lending standard, dal momento che la raccolta di depositi sarà inferiore e gli costerà di più (e la discount window fed gli costa lo swap a 1 anno + 10 bps). Ergo, dovrebbe arrivare un bel tightening finanziario, in particolare per i piccoli business. Che bisogno ha la Fed di alzare ancora i tassi, se ci penseranno già le banche a farlo, e in particolare al settore che è meno diversificato in termini di finanziamento? A mio modo di vedere la Fed deve fermarsi,  per valutare per bene l’entità di quest’effetto, prima di proseguire con il tightening. Il rischio per il FOMC, è di vedersi successivamente accusare di aver perseverato ad alzare i tassi anche quando era palese che il quadro si stva deteriorando. Sarà sufficiente questo a fermare la loro mano?