NB Lampi salta 2 uscite e torna mercoledì 18 Gennaio
Ieri sera (giovedì) Wall Street alla fine ha prodotto un progresso moderato (S&P 500 + 0.34% Nasdaq 100 + 0.5%), in particolare se paragonato ad altre occasioni simili (il CPI di ottobre, pubblicato il 10 novembre, aveva visto un +5.54% per l’S&P 500 e un +7.49% per il Nasdaq 100). Già più entusiastica la reazione del fixed income, con robusti cali dei rendimenti e il 10 anni treasury che ha staccato un 3.44%, qualcosa come 100 bps sotto il livello attuale dei Fed Funds (4.25%-4.50%). A tale proposito, la Fed di NY si è decisa ad aggiornare il proprio modello che stima il rischio recessione nei prossimi 12 mesi con la differenza tra il rendimento dei T-bills a 3 mesi e il 10 anni treasury. Sui valori di dicembre, il modello indica una probabilità di recessione del 47%.
Se si guarda al grafico, si nota che dal 1983 questo modello non ha mai proiettato una probabilità maggiore, nonostante ci siano state ben 4 recessioni negli USA (anche se quella Covid è stata totalmente esogena).
Vale la pena di fare 2 osservazioni:
1) al momento questo spread è balzato a 114 bps visto che oggi il 3 mesi T.bill rende il 4.51% e il 10 anni il 3.47%. Vedremo quale sarà il valore medio del mese.
2) Va osservato che il creatore del modello, l’economista Campbell Harvey, ha dichiarato d aver ragione di ritenere che il suo modello, che ha previsto correttamente tutte e 8 le ultime recessioni, in questo caso potrebbe dare un falso segnale ( link Economist Says His Indicator That Predicted Eight US Recessions Is Wrong This Year). In sostanza Harvey sostiene che il segnale potrebbe essere falso perchè
** il modello è ormai arcinoto e quindi impatta i comportamento di privati e aziende in direzione di un minor risk taking, che è una cosa positiva per l’economia.
** Il mercato del lavoro è sbilanciato dal lato della domanda e quindi chi perde il lavoro può ritrovarlo rapidamente (anche perchè a licenziare e il tech e quindi arriva sul mercato gente skillata)
** La curva dei tassi reali è inclinata positivamente, con quelli a 3 mesi negativi e quelli a 10 anni positivi.
Personalmente, sono convinto che un modello possa sempre fallire, e il caveat del suo creatore è un aspetto rilevante. Però le motivazioni addotte mi lasciano perplesso. Intanto, il modello era arcinoto anche nel 2007, e credo anche nel 2001. Credo che non informi le aspettative dei non addetti ai lavori più di tanto. Certo, al momento il rischio recessione è estremamente ben pubblicizzato. Per quanto riguarda i layoff, presto cominceranno quelli del settore costruzioni, che non sono ancora cominciati per via del fatto che c’è un enorme numero di cantieri aperti, che sono stati rallentati dalla pandemia e dalla mancanza di materiali. Quando saranno completati, partiranno i licenziamenti nel settore, perchè la domanda di case resterà bassa e l’offerta di case nuove sarà – appunti -abbondante. E quelli sono più difficili da piazzare. Il più grosso serbatoio di lavoro USA è la piccola e media impresa, e ritengo che una volta che il tightening si farà sentire, i licenziamenti prenderanno momentum.
Infine, non ci sono indicatori di aspettative di inflazione a 3 mesi, ma l’inflation breakeven USA a 1 anno è calato sotto il 2% e i Fed Funds sono al 4.5%. L’inflazione core a 3 mesi annualizzata è sotto il 3%. Ciò indica che i tassi reali a breve sono positivi eccome, al momento, a meno che non mi sfugga qualcosa. E i tassi reali a 10 anni sono a (3.5%- 2.2%) = 1.3%. Ergo, mi pare di poter dire che anche la curva reale è invertita.
Venendo alla giornata odierna, la seduta asiatica ha visto un tono costruttivo, se si eccettua Tokyo, depressa dalla forza dello Yen, per le note attese di un altro twist alla yield curve control policy la prossima settimana scatenate dalla indiscrezioni circolate ieri. Tutte positive le altre piazze principali, con il China Complex sugli scudi (progressi oltre l’1%).
Sul fronte macro, la bilancia commerciale cinese è uscita sopra attese a dicembre, ma sostanzialmente perche l’import è crollato meno dell’export. Una debacle era attesa, per via dei lockdown e dei focolai covid. In effetti i numeri sono migliori delle attese.
La Bank of Korea ha alzato i tassi di 25 bps come da attese, portandoli al 3.5%. Continua la raffica di rialzi in tutto il mondo tranne in Cina e Giappone. Anche in Sud Corea la curva dei tassi è invertita.
In fotocopia con gli ultimi giorni, gli indici azionari continentali sono partiti facendo catch up con la moderata forza USA di ieri sera, e poi hanno accumulato ulteriori progressi.
Sul fronte macro, alcune sorprese positive: Il GDP mensile UK di novembre è uscito inaspettatamente positivo (+0.1% vs -0.2% atteso), cosa che fa sperare che la recessione annunciata dalla BOE per il quarto trimestre 2022 in UK non ci sarà.
Anche in Germania sembra che nel quarto trimestre l’economia se la caverà con una stagnazione, invece della recessione attesa. Il GDP ha rallentato anno su anno da +2.6% a +1.9% ( link German Recession Fears Ease on Surprise Year-End Stagnation). Vedremo quando usciranno i dati precisi. Piccola delusione dalla produzione industriale italiana di novembre (-0.3% mese su mese da -1.1% e vs stime per +0.4%).
In mattinata le borse hanno accumulato progressi, facendo nuovi massimi, e anche i bonds Eurozone hanno visto ancora guadagni e rendimenti e spread in calo.
Alle 12 l’ECB ha comunicato il rimborso della TLTRO, che in questa tranche è stato assai più ridotto delle attese (62 bln vs 213 bln attesi). Restano oltre 1.2 trilioni di excess liquidity legata alle TLTRO nel sistema. Probabilmente a marzo l’incentivo a rimbosare sarà maggiore visto che lacune TLTRO e LTRO si avvicinano a scadenza.
Ironicamente Bund e BTP hanno fatto segnare i massimi di giornata poco dopo la comunicazione dell’importo, che lasciava nel sistema più liquidità rispetto alle attese, e poi hanno cominciato a ritracciare.
A metà giornata, le trimestrali delle grandi banche JP Morgan ( link ), Citi ( link ), Wells Fargo ( link ), e Bank of America ( link ) sono state inizialmente prese male dal mercato, forse perchè alcuni accantonamenti per perdite sono risultati superiori alle attese, e hanno impattato i risultati (JPM e Wells Fargo) e molti Ceo hanno parlato di mild recession o rallentamento come scenari centrali. I futures di Wall Street hanno accumulato rapidamente un 1% di perdita.
Sul fronte macro, un paio di report “minori
Gli import prices USA di dicembre sono usciti più elevati delle attese, mentre gli export prices sono usciti più bassi. Col Dollaro in calo gli USA si sono messi a esportare disinflazione? Certo se paghi di più e incassi di meno non è positivo per l’economia.
Ulteriore recupero per la U. of Michigan sentiment, ben distribuito tra attese e situazione corrente. Grande emozione per le aspettative di inflazione ad un anno calate al 4%. Ne hanno di strada per arrivare a quelle di mercato, sotto il 2%.
L’azionario USA è partito in calo, ma successivamente si è ripreso grazie anche ad un recupero delle banche che in seguito alle trimestrali erano state aggressivamente vendute, ma hanno tutte invertito la marcia con forza. Un segnale tattico interessante per una borsa, quella USA, rimasta clamorosamente indietro rispetto agli altri mercati, emergenti compresi da inizio anno, ma anche negli ultimi mesi.
L’azionario europeo, che non è sembrato mai particolarmente in crisi, ne ha approfittato per chiudere ancora una volta in progresso, con l’Eurostoxx 50 in guadagno del 10% da inizio anno e a una manciata di punti dai massimi storici. Davvero incredibile la corsa degli ultimi 3 mesi, figlia presumibilmente del rimbalzo delle aspettative macro (ad esempio i PMI erano in area 45 a ottobre e ora rasentano il 50, vedremo dove usciranno quelli di Gennaio) e della resilienza degli utili, che ha buttato giù i multipli su livelli assai accattivanti (vedi grafico dell’Eurostoxx 50)
Il punto qui è cosa faranno le attese sugli utili nei prossimi mesi. Di sicuro sui livelli attuali di multipli il mercato può sopportare un moderato calo delle expectations, nonostante il rally furioso. Dipende di quanto sarà – eventualmente – questo rcalo. Ora sappiamo che l’inflazione è andata a gonfiare gli utili, complice una sorprendente tenuta della domanda, di fronte ai vari shock. Se questa rientra, un impatto sui margini e i profitti potrebbe esserci. E poi bisogna capire se il ciclo tiene, come ha fatto finora, oppure rallenta. Dal lato positivo abbiamo la resilienza mostrata finora, e la riapertura cinese, essendo la Cina un primario partner commerciale. Tra le incognite abbiamo l’ingranare dei rialzi dei tassi, che per esempio si comincia a vedere negli USA, il rallentamento eventuale dell’economia USA, e un impatto ritardato del rialzo dei prezzi sulla domanda. Vedremo.
Lunedì è il martin Luther King Day e gli USA sono chiusi, quindi seduta a scartamento ridotto.