Nuovi massimi dell’azionario globale a inizio settimana

Il week end ha portato conferma della “prima fase” di accordo raggiunto tra USA e Cina, ma relativamente pochi dettagli in più  sulla qualità del “deal”.
Le informazioni ufficiali sono le seguenti:
** I dazi – e relativa rappresaglia cinese – programmati per entrare in vigore ieri, sono rinviati a tempo indeterminato. E l’aliquota su 120 bln di merci passa dal 15% al 7.5%.
** La Cina si impegna a importare cibo, prodotti agricoli e manifatture e servizi nei prossimi 2 anni per un importo eccedente di 200 bln quanto acquistato nel 2017. Nessun preciso impegno su beni agricoli, peraltro.
** Infine vi sono riferimenti a un sistema di risoluzione delle dispute, impegni a regolare il trasferimento di proprietà  intellettuali e a astenersi da svalutazioni competitive.
Apparentemente l’accordo dovrebbe essere firmato nelle prime settimane di gennaio. Il  suo raggiungimento offre più  di quanto ci si attendeva 2 settimane fa (un rinvio dei dazi di dicembre), ma non molto di più: il calo delle tariffe è più simbolico che altro. Inoltre tra il testo US e quello cinese vi sono lievi differenze. Il primo reca più numeri e prescrizioni, ma non parla della rimozione dei dazi graduale in fasi, di cui parla il secondo. Insomma il mutuo riconoscimento di un accordo di massima rende la situazione abbastanza stabile, ma c’è sempre la possibilità che l’accordo si inceppi su qualche dettaglio, e infatti il calo dei dazi è previsto 30 giorni dopo la firma ufficiale.

Sempre a proposito di Cina, stanotte sono usciti i dati macro di Novembre e, Surprise Surprise! sono migliori delle attese, che già li davano in miglioramento (a parte gli investimenti, stabili in linea col consenso)

Naturalmente la ripresa dell’attività dopo le festività di ottobre – a cui era stata attribuita parte della debolezza – ha un ruolo in questo rimbalzo. Io, al  solito, da bravo dietrologo, ci vedo anche un messaggio delle Autorità, che il ciclo si sta stabilizzando. In ogni caso i dati sono coerenti con quanto osservato  in termini di PMI e di erogazione del credito a novembre. L’accordo raggiunto rimuove – in parte – una fonte di incertezza e quindi insieme allo stimolo erogato  dovrebbe deporre bene per i mesi a venire.
La  seduta asiatica ha visto comportamenti contrastanti tra i vari indici, con le “A” shares cinesi in ulteriore recupero, insieme ad una esuberante Sydney e a Jakarta, mentre le altre piazze hanno mostrato ridimensionamenti moderati, con le “H” shares e Hong Kong,  le  peggiori, in calo di poco più di mezzo punto.

L’apertura europea ha visto gli indici recuperare rapidamente parte della  correzione dai massimi occorsa nella seconda parte della seduta di venerdì, quando è apparsa la vera entità del calo dei dazi, più le varie incognite del deal. L’idea circolata è che i dazi abbiano comunque visto il picco, e che, d’ora innanzi, le  frizioni scemeranno. Poichè Trump ha dichiarato venerdì che le negoziazioni per la seconda fase “iniziano immediatamente”, è naturale immaginarsi un infinita serie di tweet in cui il Presidente dichiara “talks with China are going very well” e relativi strappi. E’ normale che il lato corto abbia poco appeal tra gli operatori.
E poi c’è l’effetto trainante di Londra, rimasta a lungo Cenerentola nel recente rally globale, che ora recupera vigorosamente (+2.25% in chiusura), con le banche, un settore dive il premio al rischio era elevato, a fare l’andatura.
Dopo le elezioni di Giovedì, il  Governo sta iniziando a delineare nuove misure, che potrebbero essere illustrate il 19 Dicembre in occasione del discorso della Regina. Si parla di aumento della spesa in sanità e nella scuola e modifiche delle pene per criminali violenti. Il progetto di legge sull’accordo  di uscita potrebbe essere riproposto il 30 o 23 Dicembre in  Parlamento.

Stamattina si attendevano anche i PMI flash di Dicembre in Eurozone, e i numeri sono stati deludenti, nel senso che l’appena nato rimbalzo del manifatturiero subisce già un assestamento, in Francia, Germania e Eurozone aggregata.


Batosta per il manifatturiero francese (-1.7 punti) e calo inferiore per quello tedesco (-0.7) che però resta in profonda contrazione a differenza del primo. Il  dato aggregato, in calo di un punto, resta a  livelli depressi.
Meglio il settore servizi, dove l’attività ha mostrato accelerazione in tutte le aree oggetto di pubblicazione. Il risultato è un dato composite sostanzialmente stabile, con un moderato accento positivo nella circostanza, rilevata nella nota accompagnatoria Markit, che i new orders sono saliti per la prima volta da agosto, anche se solo marginalmente. Il confronto dei dati mostra che nel resto d’Eurozone il manifatturiero ha visto un ulteriore deterioramento, ai minimi di attività dal 2013, ma i servizi hanno accelerato al ritmo massimo da marzo scorso. In generale, c’è  da sperare che il rimbalzo del manifatturiero non si fermi qui, perchè sarebbe davvero triste per l’Eurozone. L’idea  è che il miglioramento nel settore in Cina e altrove, comparso di recente, non abbia fatto ancora in tempo a trasferirsi interamente all’area  EU. Il recupero dei servizi segnala che la domanda interna resta in buone condizioni, se al settore, più legato alle dinamiche interne, è bastato un modesto rimbalzo del manfatturiero per ritrovare fermezza.

In ogni caso, i mercati sono assai più interessati a fattorizzare la rimozione dei rischi su trade e brexit che gli sviluppi macro, di questi tempi, come dimostra il modo in cui sono stati snobbati anche i PMI UK, francamente brutti  (manifatt. 47.4 da prec48.9 e vs attese per 49.2, e servizi 49, da 49.3 e vs attese per 49.5. Composite 48.5 da prec 49.3 e vs attese per 49.5 e ai minimi dal luglio 2016).

La pubblicazione dei PMI flash era prevista anche  in US, ma non ha causato particolari batticuore. Assestamento di 0.1 per il Manifatturiero a un discreto 52.5, miglioramento di 0.6 dei servizi a 52.2, il composite è rimasto invariato per questioni di costruzione del dato (vi partecipano solo alcuni sottoindici dei servizi).
Messaggio simile dalla prima survey regionale sul manifatturiero di dicembre, la Empire NY (3.5 da 2.9 e vs attese per 4), mentre la confidence degli homebuilders di dicembre è esplosa ai massimi dal 99 (76 da 71 e vs attese per 70). Apparentemente il rimbalzo della domanda osservato dalla primavera continua, favorito dai tassi bassi,  e la scorta di case è bassa.

Come osservato sopra, i mercati azionari hanno continuato a fattorizzare, più che le news macro, la rimozione dei rischi trade e brexit. Wall Street si è rapidamente diretta a segnare nuovi massimi, e l’azionario europeo ha chiuso a sua volta sui nuovi massimi relativi, cancellando le figure di inversione di breve fatte venerdì. Il calo iniziale dei rendimenti Eurozone è stato ribaltato dalla significativa salita di quelli USA, oltre che dal sentiment spumeggiante. Giornata di consolidamento per il BTP mentre il Dollaro ha perso terreno

I principali grafici,  dopo  il breakout della fine della scorsa settimana, restano più  positivi che mai, con il caveat solito dell’ iperestensione del movimento, della volatilità realizzata e implicita bassa (Vix tornato sotto 12 mentre scrivo) e del positioning tattico carico.

Ovviamente ci può stare che questi effetti tecnici restino privi di conseguenze ancora per qualche tempo, magari fino all’anno nuovo. In fin dei conti l’anno scorso effetti di segno contrario ancora più robusti sono stati ignorati fino a Natale, dando luogo ad una performance dell’azionario estrema, poi dimostratasi assolutamente ingiustificata. Personalmente non ho molta voglia di puntarci, ma è vero che il guadro tecnico è costruttivo, la probabilità di catalyst negativi, nel breve, ridotta, e la stagionalità positiva.
Il prosieguo della settimana propone doani dati su immobiliare e produzione industriale novembre in US, più le minute Fed. mercoledì l’IFO tedesco e un discorso della Lagarde. Giovedi il Philly fed di dicembre, in US e Venerdi la terza lettura del GDP USA del terzo trimestre.