Migliorano i dati macro EU. La “No Deal brexit al voto. Mercati al test delle resistenze.

Un altro voto al Parlamento UK ieri sera, un’altra legnata per la May, la quale mostra doti da incassatrice degne di Jake La Motta, ma con questa seconda sconfitta sembra aver perso parecchio grip sul processo. I 149 voti di margine alla seconda presentazione non lasciano spazio a equivoci, questo deal è “dead on arrival”.
A questo punto, il voto odierno sulla “no deal brexit” sembra una formalità. Un uscita senza accordo dovrebbe essere certamente rigettata dal Parlamento. Domani si terrà il voto sulla richiesta di estensione dell’articolo 50, che dovrebbe vedere una comoda approvazione.
Il punto è che tipo di estensione vi sarà. L’EU ha chiarito ieri che concederà un estensione breve solo a fronte di  motivazione/piano d’azione precisi. Altrimenti l’estensione dovrà essere lunga, e quindi il Regno unito dovrà partecipare alle elezioni europee. In ogni caso, non vi è disponibilità a ridiscutere l’accordo raggiunto con la May, già rigettato 2 volte.
Bruxelles apparentemente si attiene al piano originale, ovvero costringere, sotto il ricatto di un uscita senza accordo (che la maggioranza del Parlamento UK chiaramente non vuole) l’Inghilterra a scegliere tra :
** una breve estensione atta a trovare una maggioranza parlamentare su un accordo simile a quello appena rigettato o eventualmente ancora più soft
** una lunga estensione, in grado di rimettere in discussione l’uscita, attraverso nuove elezioni, o un nuovo Referendum.
Finora il piano sembra funzionare. Che il Parlamento UK, da solo, riesca a produrre una proposta che ottenga l’approvazione di Juncker e C. appare improbabile. Quindi entro un paio di settimane, gli Inglesi potrebbero trovarsi davanti alla scelta fatidica: chiedere un estensione lunga o uscire senza accordo, un ipotesi che però dovrebbe essere vietata, in linea di principio, dal voto di oggi.
Un estensione di un anno o più apre a scenari come elezioni anticipate, o anche nuovo referendum. L’incertezza legata a questi scenari potrebbe causare volatilità, dopo una fase di sollievo perchè la deadline del 29 marzo è disinnescata.
Una larga parte di commentatori/analisti attribuisce una buona probabilità ad un approvazione in extremis dell’accordo bocciato ieri, per evitare la partecipazione alle elezioni e un possibile rischio che la brexit non avvenga mai. Personalmente, ho imparato a non sottovalutare la tendenza della politica a rinviare i problemi (atteggiamento noto nei paesi anglosassoni come “kicking the can down the road”), per cui credo in un estensione lunga, o comunque che le negoziazioni si protrarranno oltre il 29 marzo, e di un bel po’.
In giornata è emerso che, insieme con la mozione governativa, stasera sono stati selezionati per essere votati 2 emendamenti. Quello “A” rigetta l’uscita senza accorso “sotto ogni circostanza” ed è quindi rafforzativo [apparentemente questo emendamento è stati ritirato in serata]. Quello “F” chiede di non firmare alcun accordo ma offrire all’EU pagamenti, più un accordo sui diritti di cittadinanza, in cambio di un periodo di transizione fino al 2021 per organizzare un nuovo accordo commerciale definitivo. Ma quest’ ipotesi è già stata negata da bruxelles, che pretende, in cambio di un periodo di transizione, un accordo di uscita. Quindi è improbabile che ottenga la maggioranza, perchè implicherebbe un grosso rischio di uscita senza deal.

In attesa del voto odierno, la giornata si è aperta con un tono opaco in Asia. Il newsflow macro ha un ruolo in quest’incertezza, con i machinery orders giapponesi di gennaio ancora assai peggio delle attese (-5.4% vs -1.5% stimato) e la consumer confidence di marzo in Australia in calo di 5 punti a 98.8. I mercati cinesi hanno corretto, zavorrati dall’indice delle small caps (Chinext -4.5%). Gli operatori hanno fatto riferimento al recente tono più razionale sulle prospettive di un deal tra Cina e USA (vedi anche Lighthizer ieri : **PROGRESS WITH CHINA TALKS DOESN’T MEAN WILL GET DEAL), ma personalmente osservo che il Chinext aveva recuperato il 44% in meno di un mese e mezzo, e di fronte a performance cosi estreme non serve un particolare catalyst per alimentare prese di beneficio. In ogni caso l’indice generale ha mostrato un calo dell’1.1%, significativo ma non enorme.

L’apertura europea è avvenuta sul filo di questo sentiment incerto, con i principali indici a registrare modesti passivi ai primi scambi. Come spesso di recente, il sentiment è rapidamente migliorato, senza motivi particolari, se non un crescente ottimismo nei confronti della Brexit, puntualmente registrato dalla Sterlina, ma difficile da attribuire a catalyst specifici, visto che lo scenario resta più indeterminato che mai.
A metà mattinata, la produzione industriale Eurozone di Gennaio ha prodotto una rara sorpresa positiva, crescendo di 1.4% da -0.9% di Dicembre e vs attese per +1%. Finalmente un segnale di ripresa anche dai cosiddetti hard data !
Una dimostrazione di quanto sia depresso il consenso sul livello dell’attività economica  in Eurozone la da il rimbalzo imposto al Citi Surprise index (indice che misura la media mobile dello scarto dei dati dalle attese) dal modesto miglioramento visto recentemente nelle survey (+45 punti in un mese – vedi grafico).

In generale, la recente resilience dell’azionario continentale ha sicuramente a che fare con quest’eccesso di pessimismo accumulato nel corso delle ultime settimane del 2018.
Vedremo il 22 Marzo, con l’uscita dei PMI flash, se la tenue aria di stabilizzazione intravista nei PMI finali di Febbraio e in alcuni report recenti (vedi anche retail sales tedesche di gennaio) si rafforzerà o evaporerà.

I mercati hanno “sentito” il dato, apparentemente. L’azionario europeo ha ripreso la salita, dalle 11 in poi, arrestato, a tratti, dal recupero dell’€.
Alle 13.30, un ora prima del solito causa ora legale in US, i dati macro hanno offerto ulteriore supporto al sentiment. I prezzi alla produzione USA di febbraio hanno mostrato aumenti più contenuti delle attese, lasciando, una volta di più, la FED tranquilla nella sua nuova stance paziente. Ma soprattutto i durable goods orders di Febbraio hanno sorpreso in positivo, a livello core, mostrando una tendenza a rafforzarsi degli investimenti.
I dati hanno contribuito a mettere di buon umore Wall Street, che è partita bene, e al momento è tornata a testare con decisione la soglia di 2.800. Così l’azionario continentale chiude un’altra seduta positiva, con Londra un po’ attardata causa recupero del Pound in vista del voto di stasera.

Sul fronte tassi, la reazione dei bonds core a questo nuovo assalto dell’azionario USA Euro alle resistenze (anche per l’Eurostoxx la chiusura è a lambire i massimi di periodo) è pressochè nulla, con i rendimenti incollati sui minimi. C’è onestamente da chiedersi quanto può durare questa faccenda, prima che uno dei 2 asset (bond o Equity) ceda alla forza di gravità. Per metterla in termini macroeconomici, o il cambio di stance in direzione di maggiore easing operato dalle principali banche centrali, che sicuramente ha avuto un ruolo importante nel recupero dell’azionario globale, alimenta un po’ di attese di crescita e di inflazione nelle curve dei tassi, oppure la reflazione scontata nel rimbalzo dell’equity e delle commodities deve subire un ridimensionamento. Personalmente propendo per la prima ipotesi, ma il comportamento dei tassi mi disturba.
Sul fronte spread, il BTP oggi ha sofferto un po’ l’asta di importo rilevante, ma si è successivamente ripreso, riducendo di parecchio l’allargamento dello spread, a dimostrazione di un tono di fondo discreto. Venerdi dovrebbe esprimersi Moody’s sul rating, ma visto che l’agenzia ha già agito a ottobre scorso, un ulteriore mossa sembra improbabile.

Dal punto di vista tecnico, la situazione si fa interessante. La correzione della prima metà di marzo, dal punto di vista dell’estensione (sia spaziale che temporale) è stata il minimo sindacale per poter essere chiamata tale.

L’S&P 500 è tornato a testare con forza il livello di 2.800, oltre il quale potrebbero scattare un bel po’ di stops di chi ha venduto la debolezza i giorni scorsi, puntando a un movimento più profondo. Dal lato dei caveat, abbiamo che il consolidamento è stato così rapido che l’indice è si e no uscito dalla zona di ipercomprato e anche un modesto rialzo ve lo riporterà. E’ comunque il caso di ricordare che la permanenza a lungo in percomprato è tipica dei mercati rialzisti.
Di interesse anche la situazione europea, con l’Eurostoxx che ha superato la MM200 giorni, ha effettuato un modesto pullback testandola, ed è ripartito, chiudendo a un tiro di sasso dai massimo dell’anno.


Anche qui vi è il problema posto dall’esiguità del consolidamento, con l’indice che non ha nemmeno toccato la MM20 giorni. Detto questo, la possibilità di fare nuovi massimi coordinati per i 2 indici (S&P ed Eurostoxx) è un argomento in più per un esito positivo del test.
Stiamo a vedere.