L’azionario globale chiude una settimana da incorniciare.

I record di ieri a Wall Street hanno ispirato l’azionario asiatico, che, stanotte, ha ripreso il  rimbalzo interrotto ieri. Sontuosa, finalmente, la performance dell’azionario cinese, che ha forse fattorizzato anche l’annuncio, snobbato ieri, sul taglio dei dazi all’importazione, dal loro punto di vista un easing fiscale oltre che una mossa utile ad attenuare, a livello globale, le frizioni commerciali. Sui media locali sono circolate indiscrezioni che la  PBOC intraprenderà altri passi per stabilizzare lo Yuan e Reuters ha riportato che, visto il successo su questo fronte, a breve potrebbe arrivare un altro taglio della riserva obbligatoria. Trump, dal canto suo, ha continuato ad utilizzare una retorica aggressiva (d’altronde, è in campagna elettorale per le Midterm Elections) ma è un fatto che per il momento non ha dato mandato all’USTR di elaborare nuovi dazi.
Il balzo odierno per il “china complex”, oltre a completare una settimana assai positiva (+4.3% per Shanghai e + 4.2% per lo  HSCEI), conferisce al grafico delle “A” shares un aria decisamente costruttiva: lo Shanghai Composite conferma la rottura della trendline discendente dai massimi di gennaio e supera le medie a 20 e 50 giorni, chiudendo ai massimi dal 1 agosto.

Il prossimo test della validità  del  progetto  di bottom è superamento del livello di 2800 .
Parlando di quadri tecnici rialzisti il  superamento di 23.000 ha proiettato il  Nikkei rapidamente verso la  resistenza in area 24.000, anche qui massimo di gennaio.

Su questi livelli sembra sensato attendersi un po’ di battaglia,  ma l’entità del consolidamento sotto 23.000 (7 mesi), e la  tipica price action dell’azionario giapponese (che alterna lunghissime fasi laterali a brusche salite) fanno si che nuovi significativi massimi in tempi brevi non siano da escludere.
Tra l’altro,  oggi il  PMI manifatturiero flash giapponese di settembre è migliorato (52.9 da 52.5), e sul fronte politico la vittoria di Abe alle primarie del LDP gli è valsa le congratulazioni del suo “amico” Trump, il che sembra indicare che nel breve l’oggetto degli strali commerciali USA resta la Cina e il Giappone può dormire sonni tranquilli.
Gli altri indici asiatici hanno performato in linea col sentiment, ad eccezione di Mumbai, che ha sperimentato una sorta di flash crash (da +1 a – 3 in pochi minuti, con epicenti nel settore finanziario. Il successivo recupero è stato  solo parziale.

L’apertura europea è avvenuta sull’onda dell’entusiasmo di USA e Asia, con gli indici che hanno rapidamente costruito sui progressi di ieri, e l’€ che ha lambito 1.18 vs $, a dimostrazione del ritrovato appeal di economia e asset europei.
Ironicamente, i PMI Eurozone flash di settembre, dati macro clou della settimana, non sono usciti nemmeno tanto brillanti. Il PMI composite Eurozone ha moderatamente deluso, calando marginalmente (54.2 da 54.5 e vs attese per 54.5). Significativa divergenza tra i 2 settori, con il manifatturiero ancora in marcato calo (53.3 da 54.6 e vs attese per 54.5 e peggior performance da agosto 2016) mentre il settore servizi ha mostrato una moderata accelerazione (54.7 da 54.4 e vs attese per 54.4). In sostanza, si conferma il  quadro di un economia messa alla prova dal rallentamento della domanda estera (che deprime il manifatturiero) ma supportata da un miglioramento della situazione interna, che si rispecchia nella tenuta del settore servizi. Dal punto di vista geografico, male la Francia in calo su entrambi i fronti mentre in Germania la debolezza del manifatturiero è compensata dalla forza del settore servizi. Nel resto d’Europa, per il quale a livello Flash non abbiamo dettagli, l’attività è lievemente migliorata, il che lascia intendere che in Italia non dovremmo aver avuto un ulteriore marcato deterioramento. Gli indici restano coerenti con una crescita di 0.5% trimestrale.
Come osservato sopra,  azionario e divisa hanno reagito poco a questi dati, ma forse i tassi europei core ci hanno fatto un po’ più caso, continuando di fatto la correzione di ieri. Inizio contrastato per i BTP, in seguito al  comparire di alcune dichiarazioni di Di Maio a Reuters (21-Sep-2018 08:20:54 – ITALY DEPUTY PRIME MINISTER DI MAIO SAYS FLAT TAX, NEW RULES OVER PENSIONS AND UNIVERSAL INCOME WILL BE PART OF 2019 BUDGET) che in realtà non contenevano nulla di nuovo. Infatti a metà mattina la  carta italiana si è stabilizzata.
Ci ha pensato il newsflow sulla Brexit a levare un po’ di brillantezza all’€ e agli asset europei. Inizialmente, a fare le spese del graduale aumento delle tensioni a Salisburgo è stata solo la sterlina. A metà  giornata si è però appreso che la  May avrebbe fatto delle dichiarazioni alle 14.45 italiane alla stampa, e il mercato ha cominciato a intuire che marcava male.
In conferenza May ha dichiarato che le negoziazioni sono in stallo e le parti restano distanti su un paio di questioni.  Peraltro, la proposta UK (il cosiddetto Chequers plan) resta quella avanzata e non verrà cambiata. Loro non accetteranno mai un dogana tra l’Irlanda e il Regno Unito, e comunque una Brexit senza accordo è meglio di una con un accordo svantaggioso.
In generale,  le  aspettative per questo  Summit di Salisburgo sono andate decisamente deluse. La situazione resta invariata, ma i toni si sono inaspriti. I nodi (in particolare quello del confine irlandese) non sono sciolti, e ci aspettano settimane di retorica aggressiva sui 2 fronti in vista del  Summit EU del 18 ottobre in cui in teoria si dovrebbe giungere all’accordo per la  transizione. Le probabilità  di una Brexit senza accordo aumentano, ma anche quelle di una caduta del Governo e persino di un possibile nuovo Referendum non sono più trascurabili.
Le news hanno prodotto un accelerazione al ribasso della sterlina, con interessamento della divisa unica. I bonds ne hanno tratto ulteriore supporto, mentre l’azionario ha visto un po’ di consolidamento. Robusto il rimbalzo del FTSE100 in reazione al calo del Pound.

Il pomeriggio non ha portato altri significativi scossoni. I PMI flash USA hanno proposto un quadro opposto a quello EU, con il manifatturiero in recupero (55.6 da 54.7 e vs attese per 55) e i servizi in forte calo (52.9 da 54.8 e vs attese per 55), ma qui la storia la  scrivono gli ISM, che escono a inizio ottobre. Wall Street è  partita con un tono meno spumeggiante di ieri, parzialmente frenata ancora dalle prese di beneficio sulla tecnologia. Le borse europee non si sono lasciate influenzare più di tanto, e,  complice l’inversione di marcia dell’€ hanno sostanzialmente chiuso in bellezza una settimana da incorniciare (+ 2.6% per l’Eurostoxx che segue il +1.5% della settimana scorsa, e con una serie di 10 sedute positive a fila). Significativo che alla fine di una settimana del genere non si siano notate particolari prese di beneficio, nonostante fosse anche “quadruple witching” (scadenza di tutti i futures e relative opzioni). Il lieve calo dei tassi core non ha impedito ai btp di recuperare interamente l’allargamento dello spread occorso ieri. Stabile in area 3.07% il treasury 10 anni, in attesa del FOMC la  prossima settimana.