Ieri sera, la settima discesa a fila del dollari index ha dato un temporaneo spunto positivo a Wall Street, in grado di chiudere in buon guadagno.
Non che la cosa abbia impressionato particolarmente, stamattina, un Asia orfana nuovamente di Tokyo per festività. Tra i principali indici, solo Shanghai e Sydney hanno mostrato un po’ di verve. Difficile dire cosa abbia agitato la fantasia degli investitori cinesi. Il PMI manifatturiero Markit di aprile, più volatile di quello ufficiale, anche perchè focalizzato sulla piccola e media impresa (contrapposta alla grande impresa pubblica) ha a sua volta mostrato un marginale rallentamento (49.4 da 49.7 e vs attese per 49.8), conservando però il grosso del miglioramento visto a marzo (a febbraio eravamo a 48).
In generale i PMI cinesi di aprile sono deludenti, perchè il miglioramento si è arrestato. Ma non si può parlare di nuovo deterioramento per il momento. Degna di nota l’indicazione di prezzi al rialzo, per il secondo mese a fila.
Quanto a Sydney, il mercato si è giovato del taglio dei tassi operato a sorpresa dalla Reserve Bank of Australia, con connesso calo robusto del $ australiano. Che bello avere ancora tassi da tagliare.
Tra gli altri indici discreti passivi per Hong Kong, HSCEI e Taiwan.
Il dollaro ha scelto l’apertura della seduta europea per farsi un altra, robusta gamba ribassista, giungendo, nello spazio di un paio d’ore, a bucare 1.16 vs € e toccare 105.5 vs JPY. Difficile dire cosa abbia causato il selloff, ma personalmente attribuirei il fenomeno alla temporanea rottura di un importante livello tecnico sul Dollar Index a 92.50 (vedi sotto per approfondimenti).
Ovviamente, l’azionario europeo non ha gradito affatto, e, incurante della buona performance di Wall Street ieri sera, si è inabissato senza più guardarsi indietro. La particolarità della price action odierna è stata che ne gli emergenti ne le commodities si sono avvantaggiati della ritirata del biglietto verde (anzi le divise emergenti sono rimaste deboli tutto il giorno). La spiegazione che mi sono dato è che la risk adversion generata dall’ondata vendite sul $ vs € e Yen ha posto i presupporti per un ondata di prese di beneficio sulla roba che ha funzionato finora, incluso materials, commodities (perfino l’oro) e emergenti vari.
Aggiungiamoci altro disappunto per i dettagli delle soluzioni proposte per la crisi delle banche italiane, che hanno nuovamente zavorrato il settore, e il manifatturiero UK in contrazione (pmi a 49.2 da prec 50.7 e vs attese per 51.2) e gli ingredienti per una giornata da dimenticare c’erano tutti.
Non hanno aiutato, per la verità, nemmeno le trimestrali odierne, con solo BNP positiva, e nemmeno le nuove previsioni EU per crescita (da 1.7% a 1.6%) e inflazione (da 0.5% a 0.2%), per quanto queste revisioni di solito sanciscano modifiche del consenso già avvenute.
Detto delle cause contingenti, vale la pena di osservare che se un dollaro troppo forte strozzava la Cina e gli emergenti e contribuiva alla depressione delle commodities, non è che la versione opposta (che come noto crea ambasce al Giappone in primis e anche all’ Europa) sia di particolare giovamento al quadro globale. Quel che serve in questa fase di crescita fragile e domanda globale evanescente, è un equilibrio tra le valute, che eviti l’accumulo di stress eccessivi sulle aree penalizzate volta per volta (prima la Cina, ora il Giappone). Tali stress finiscono per alimentare i frenetici flussi di capitale osservati negli ultimi anni, che fanno esplodere la volatilità e allontanano gli investitori strategici.
Si tratta di un equilibrio difficile da raggiungere, purtroppo.
oTornando alla giornata odierna, dopo aver scatenato ondate di stops, il biglietto verde ha invertito la marcia, per tornare più o meno dov’era partito vs € e Yen, e oltre, se guardiamo il dollar index. Anche qui, difficile individuare un preciso catalyst fondamentale (la giornata era scarica di dati).
Personalmente, osservo che il Dollar index veniva da 6 sedute a fila di calo, e il fatto che la violenta rottura del supporto abbia funto da “selling climax” non deve sorprendere più di tanto. Inoltre, la goffaggine (voluta o meno) della BOJ aveva fatto accumulare un bel po’ di lungo tattico sul $/Yen (addirittura 7.5 bln secondo il monitorig operato da Citigroup) ed evidentemente sono scattate delle prese di beneficio.
Ironicamente, ormai la giornata era rovinata. Il rimbalzo del $ ovviamente non ha aiutato ne Wall Street ne gli emergenti o le commodities, mentre l’Eurozone e Tokyo non ne hanno tratto alcun giovamento, restando ostaggi del pessimo sentiment generale.
Naturalmente i bonds, che soffrivano da qualche giorno, hanno messo a segno un vistoso rimbalzo sulle 2 sponde dell’oceano. Sorprendentemente, però, nonostante la correzione delle commodities, specialmente in Europa sono stati i tassi reali a scendere, mentre le attese di inflazione non si sono quasi mosse. Un aspetto, coerente con quanto emerso nei PMI (in particolare in US e Cina), che, se dura, risulta positivo sotto 2 aspetti: i) mostra che il timore di deflazione e la percezione di impotenza delle banche centrali si stanno attenuando ii) rende le condizioni finanziarie marginalmente più accomodanti (in particolare se un eventuale rimbalzo dei tassi nominali vedesse le attese di inflazione assorbire il grosso del movimento).
Il movimento odierno del dollaro, se dovesse tenere fino in chiusura, mostrerebbe uno scenario tecnico di breve interessante: una falsa rottura di un supporto orizzontale, con un “hammer” (segnale di inversione di breve, vedi grafico allegato)
Il quadro, se confermato, suggerisce un recupero di qualche punto percentuale, in area 95 diciamo. Ciò eventualmente potrebbe alleviare un po’ lo stress sugli asset europei e giapponesi, senza danneggiare troppo Wall Street o gli emergenti.
Il quadro tecnico sull’Equity resta poco attraente, con l’S&P intento a consolidare tra 2100 e 2050 con un trend di breve tendente all’indebolimento (anche se bisogna vedere come chiude stasera) e l’Eurostoxx in piena fase correttiva, con un’importante supporto in area 1960, ovvero la retta ascendente dai minimi di febbraio e inizio aprile, sotto la quale abbiamo 2870 e poi lo scenario di recupero è tecnicamente compromesso.