Lampi di Colore – 4 Settembre 2015

La repentinità e violenza degli swing del sentiment nell’ultimo periodo è davvero notevole.

Ieri, gli indici hanno segnato i massimi più o meno in corrispondenza della chiusura europea, dopodichè Wall Street ha dilapidato l’intero guadagno, chiudendo poco variata. Il movimento poteva essere spiegato  con l’incombere dei payrolls di Agosto, in uscita oggi, vista l’importanza che molti attribuivano a questo dato in ottica FOMC di settembre.

Ma la reazione dell’Asia stamattina ha chiarito che si trattava di una spiegazione per lo meno parziale. Con la Cina chiusa, e l’ ECB evidentemente supportiva del sentiment, ci si poteva aspettare una seduta tranquilla, invece le principali piazze hanno rapidamente intrapreso la via del ribasso, guidate da Tokyo, la cui unica colpa sembra essere quella di aver tenuto inizialmente meglio delle altre borse dei paesi industrializzati. O forse i mercati vogliono spingere Kuroda a mettere mano al policy mix al prossimo meeting BOJ (15 settembre). Fatto sta che l’azionario giapponese sembra oggetto di pesanti liquidazioni da parte degli esteri, mentre gli acquisti attesi dagli istituzionali locali non si sono ancora materializzati.

Un altra fonte di nervosismo per i mercati sembra essere la pubblicazione, lunedi, delle riserve valutarie della People bank of China. Il confronto del dato col precedente fornirà un indicazione dell’ammontare di riserve speso dalla PBOC a difesa del cambio, dopo la loro inopportuna decisione di svalutare marginalmente in Agosto. Un numero significativamente inferiore alle attese (bloomberg stima 70 bln di calo circa) alimenterà ulteriori timori che la difesa del cambio diventi impossibile, costringendo a ulteriori svalutazioni, e degli effetti collaterali di questo consumo (vendita di treasury, quantitative tightening etc).
Personalmente, non condivido le preoccupazioni del mercato sullo stato delle riserve valutarie cinesi. Al ritmo di 100 bln al mese di interventi, tra 12 mesi la PBOC avrà ancora oltre 2 trilioni di dollari di riserve. Difficile immaginare che il focus duri tanto a lungo (chi ricorda più le paturnie di primavera sul violento rialzo dei tassi dovuto alla “reflazione”?). Oltretutto il surplus commerciale cinese non scomparirà, per cui se le tensioni macro si attenuano, lo faranno anche le pressioni ribassiste sullo Yuan e con esse l’emorragia di riserve valutarie. Per quanto riguarda l’effetto di tightening, come illustrato giorni fa, lo ritengo trascurabile.
Ciò detto, il mercato al momento ci guarda, e il fatto che il dato esca anche in un giorno di bank holiday in US (labour Day)  ne aumenta l’impatto, spingendo gli operatori statunitensi a prendere beneficio oggi. Oltretutto con gli USA a casa la liquidità sarà ridotta, il che può esasperare l’impatto di una sorpresa .

Su queste basi, la giornata mattinata europea non è stata di quelle tipiche pre-payrolls. Gli indici sono partiti in perdita e hanno rapidamente cancellato i progressi di ieri.
Se non altro, si può dire che Draghi ha avuto successo nell’ eliminare la correlazione inversa tra € e risk assets. L’aver mostrato che l’ECB è preoccupata e pronta all’azione fa si che a maggior risk adversion corrispondano attese di incremento del QE, il che impedisce alla divisa unica di apprezzarsi, e supporta i bonds (anche i periferici). Ciò ha l’effetto collaterale non banale di restituire un minimo di equilibrio ai portafogli bilanciati, che hanno sofferto enormemente nell’ultimo periodo e restituire agli investitori uno strumento di hedging. Vedremo se è un effetto in grado di durare.

L’evento della giornata, i payrolls, ha fatto ben poco per eliminare i dubbi sul FOMC in un senso o nell’altro. La creazione di posti di lavoro di agosto è stata deludente (173.000 vs 217.000 attesi) ma le revisioni al mese precedente (+43.000) attenuano la negatività e comunque ad agosto è frequente una sottostima del dato alla prima rilevazione. Per contro la disoccupazione ha fatto il minimo dall’aprile 2008 (5.1%) grazie a una discesa dei disoccupati rilevati dalla household survey. Il livello di piena occupazione è ormai vicino. Buone anche le ore lavorate e gli incrementi salariali.
In sostanza un dato discreto che non impatta sull’incertezza regnante circa la stance FED: è chiaro che ne la crescita ne il mercato del lavoro ostacolano minimamente un rialzo dei tassi, anzi su queste base questo dovrebbe essere già avvenuto. Il problema attuale è lo scenario inflattivo, e i downside risks rivenienti da Cina e Emerging, come ha detto Draghi ieri.
Personalmente, continuo ad attendermi un rinvio, a meno di uno stabile miglioramento della situazione in Asia e del sentiment generale. Ma in molti sostengono che la FED potrebbe decidere di muoversi, per evitare che la finestra temporale per alzare i fed funds si chiuda, condannandola a rimanere a tassi zero indefinitamente.
In generale, la diffusa opinione è che la Fed non disponga di buone scelte, visto che un rinvio rende più indeterminata ed incerta la sua stance monetaria, mentre un rialzo mina il sentiment. Il che forse spiega la reazione brutta dei mercati ad un dato che non cambia lo status quo.

Cosi, l’Europa si rimangia i cospicui guadagni di ieri, mentre l’€ mantiene le perdite, e i bonds accelerano. Vedremo se Wall Street cambierà idea un altra volta stasera