Lampi di Colore – 2 Luglio 2015

L’avvicinarsi del referendum greco fa crescere la tensione nel governo, sul territorio, e sui mercati.

La giornata dei payrolls è iniziata  con un sentiment prudentemente costruttivo.
L’Asia continua a sembrare un mondo a se.  Gli indici cinesi continuano imperterriti la loro correzione. Un ammorbidimento delle regole per investimento a leva da parte del regulator non ha impedito un nuovo robusto calo (-3.5%), anche se un raspido rimbalzo nel finale di seduta ha comunque dimezzato le perdite. Brillante Tokyo, alimentata da indiscrezioni di ulteriori rebalancing da parte di fondi pensione in direzione dell’azionario. Tranquilli il resto degli indici asiatici, tutti in positivo tranne l’India (-0.1%) che però era salita in 9 delle ultime 10 sedute.

La seduta europea è iniziata sul tono di ieri. Vista la scarsità di dati macro europei in mattinata, l’attenzione era interamente rivolta alla Grecia (non che sarebbe stato diverso in caso contrario).
Diversi gli sviluppi in mattinata:

  • Di primo mattino si è ufficializzato il circolare di sondaggi che vedono il “SI” in marginale vantaggio
  • L’EFSF ha dichiarato di riservarsi il diritto di chiedere l’accelerazione del pagamento dei loans greci come gli permetterebbe il mancato pagamento all’IMF di martedi, ma non lo ha richiesto, restando in posizione di attesa
  • Quattro membri del partito “Independent Greeks”, alleato di Syryza al governo, hanno dichiarato che voteranno SI al referendum. Oltre a ciò, la stampa locale narra di divergenze all’interno del governo, con diversi membri che richiedono un atteggiamento più collaborativo con l’EU
  • sui media sono comparsi un violento attacco di Samaras contro Tsipras in cui lo ha accusato di aver mentito e rovinato il paese, e una lettera firmata da 288 accademici greci in cui si mette in guardia da un uscita disordinata dall’€ e si invita a votare “SI”

Nel complesso queste notizie sembrano confermare un governo greco in crescenti difficoltà, che fatica mantenere la sua coesione a fronte di pressioni crescenti. Il mercato non ha però tratto granchè vantaggio di questi indizi, a mio modo di vedere un po’ perchè si tratta di conferme di uno status che era evidente già da ieri e quindi già prezzato, un po’ perchè la situazione resta assai incerta e l’esito difficile da valutare con un sufficiente grado di probabilità.
Oltre a ciò, anche la vittoria del “SI” presenta varie incognite, tra cui i) la necessità di rinegoziare un nuovo programma visto che il vecchio è scaduto, la qual cosa richiederà sicuramente tempo ìì) la necessità di un nuovo interlocutore di parte greca, il che presuppone che Tsipras faccia un passo indietro o cada  iii) la necessità di tener conto degli effetti degli ultimi 2 mesi sull’economia greca, e la circostanza che parte delle misure imposte (i controlli di capitali) dovranno continuare per un po’ complicando la negoziazione.

Una certa attenzione ha ottenuto l’inclusione, da parte dell’ ECB, nel paniere di obbligazioni idonee al suo programma di acquisti, di una serie di emittenti a partecipazione statale (tra cui FS, Terna, Enel e Snam). Il timing della mossa, sospetto visto l’incombere del referendum, ha indotto molte case ad attribuire alla Banca Centrale Europea l’intenzione di segnalare al mercato che, in caso di “NO”, è presente. Altri hanno sostenuto che si tratta dei prodromi di un inserimento del credito nel QE. Cosi in particolare i corporate periferici hanno reagito positivamente alla notizia, guidati ovviamente dai nomi direttamente interessati.

Nel primo pomeriggio, la pubblicazione del labour market report US di Giugno, anticipato a oggi per la festività del 4 di luglio.
Il dato ha deluso le attese, che dopo l’ADP di ieri erano robuste: 223.000 nuovi occupati vs attese per 233.000, ma le revisioni ai 2 mesi scorsi levano complessivamente 60.000 unità. La disoccupazione è scesa di 0.2% al 5.3%, ma ciò è dovuto a un forte calo della forza lavoro (432.000 unità). Il tasso di partecipazione è sceso di 0.3% a 62.6%. Anche la baldanza dei salari dello scorso mese è scomparsa: average hourly earnings 0.0% vs 0.2% atteso e con il dato di maggio rivisto da 0.3% a 0.2%.
In generale un dato più debole delle attese ma non terribile. La creazione di posti di lavoro si attesta sempre agevolmente sopra i 200.000 mensili (221.000 media 3 mesi), il settore servizi continua a trainare. Quanto ai salari è una serie volatile e l’Employment Cost Index proietta un altra immagine. Oltre a ciò, il dato è ideale per permettere alla Fed di essere paziente: Settembre perde ancora quotazioni come mese di inizio del rialzo dei fed funds.

L’azionario US e il $ hanno provato a giovarsi del dato, il primo partendo decentemente e il secondo tornando sopra 1.11 vs €. Ma è durato poco. Troppo insipido il dato per creare movimento.
E cosi l’attenzione è tornata in Grecia, e sono partite prese di beneficio sugli asset. Forse, il mercato aveva fatto la bocca ad una caduta di Tsipras, ma la sua compagine, pur scricchiolando, tiene. Cosi lo scenario centrale resta il Referendum, con le sue incognite, un quadro diverso dalla quasi capitolazione prezzata ieri mattina.
La chiusura europea vede l’Eurostoxx lasciare sul campo lo 0.95% (peggio milano con -1.4%), mentre lo spread resta pressochè invariato a 147, ma solo perche il bund cede a sua volta terreno (+3 bp  a 0.84%). Marginalmente negativa Wall Street (-0.25% mentre scrivo) e solo leggermente più debole il $ (1.085) nonostante il payrolls loffio.

Come accennavo sopra, un referendum con fazioni divise a favore e contro Tsipras sembra lo scenario più probabile a questo punto. Ma la situazione è cosi fluida che non si può escludere nulla nelle 48 ore che ci separano dalla consultazione: se il fronte del SI guadagnasse ancora terreno, il governo potrebbe sgretolarsi. Oppure Tsipras potrebbe prendere una scusa qualsiasi per cambiare raccomandazione, e non dover ammettere la sconfitta (sebbene l’interruzione delle trattative voluta dalla Merkel gli rende assai difficile quest’escamotage).
Personalmente, temo anche che il risultato finale venga inquinato da accuse reciproche (più o meno fondate)  di brogli, specie se la differenza è poca. Ma forse esagero, non siamo in Centroamerica, dopo tutto.