Lampi di Colore

Lampi di Colore 279

Lo scherzo da prete dei Membri ECB, rimasti anonimi, sul tapering del QE, nonostante le successive smentite, ha alimentato un bel po’ di dibattito sulle prospettive della politica monetaria, e sul reale significato delle indiscrezioni trapelate.
E’ evidente che le autorità monetarie, in giro per il mondo, stanno focalizzandosi sempre di più sugli effetti negativi del QE (sulle banche per esempio), e chiedono a gran voce di poter condividere il fardello di sostenere la crescita con la politica fiscale. In Europa poi, sappiamo che, nella sua forma attuale, il QE non può essere esteso più di tanto, in quanto emergerebbero problemi di scarsità di asset (sul bund in particolare). Così, sentir parlare di tapering, pur senza alcun riferimento temporale, ha accentuato le perplessità e alimentato l’idea che anche l’ECB possa seguire la BOJ su un terreno di modifica delle misure.
Naturalmente sono stati i bonds a pagare il prezzo più salato (non solo in Europa), seguiti dalla divisa e infine dall’azionario, che sta mostrando una buona resilience.

Stamattina Asia e Europa hanno dovuto fare i conti con il turn around del sentiment causato dalle indiscrezioni. Peraltro, Tokyo ha proseguito la salita, gasata da uno Yen in ulteriore indebolimento (per la settima seduta a fila!). Dopo le news di ieri sulla BOJ, oggi a deprimere la divisa hanno concorso i PMI services e composite di settembre, entrambi in ulteriore calo sotto la soglia di contrazione. A parte ciò, il Nikkei cosi come Hong Kong sono stati trainati dal settore energy dopo i dati sulle scorte API di petrolio sotto attese, e dalle banche, che qui come altrove gradiscono il rimbalzo dei rendimenti. Ancora chiusa Shanghai, il resto degli indici dell’area si sono assestati.

Meno indifferente al cambio di sentiment si è rivelato l’azionario europeo, che veniva da un bel rialzo ieri. Oltre che con i rumors sul tapering, i mercati hanno dovuto fare i conti con i PMI Eurozone finali di settembre servizi e composite, meno brillanti del manifatturiero, uscito lunedi.
Il dato Composite Eurozone, confermato a 52.6, segna i minimi da 20 mesi, mentre il dato sui servizi è stato marginalmente rivisto al rialzo ma a 52.2 marca sempre un calo dal 52.8 di agosto. Dal punto di vista geografico, solo la Francia accelera, mentre la periferia continua a perdere momentum. In generale i dati restano coerenti con l’attuale livello di crescita (0.3% trimestrale), ma mostrano anche la graduale perdita di momentum del settore servizi, tipicamente di natura più endogena rispetto al manifatturiero. In altre parole, la domanda interna all’Eurozone sta calando.

Detto ciò, un aiuto insperato agli indici è venuto dalle azioni bancarie, che dopo un inizio poco brillante hanno a loro volta reagito al rialzo dei rendimenti sulla parte lunga delle curve. In spolvero anche gli istituti italiani, ad eccezione del Montepaschi dove forse il mercato inizia a scontare che, qualunque sia la soluzione finale, ai vecchi azionisti resterà poco in mano.

Ma le sorprese della giornata sono arrivate nel pomeriggio, in particolare alle 16.00 quando l’ISM non manufacturing ha fracassato le stime, mettendo a segno l’incremento più robusto da inizio serie (57.1 da precedente 51.4 e vs attese per 53). La forza è presente anche nei sottoindici, con la Business activity che rimbalza di 8.5 punti a 60.3, e i new orders che salgono di 8.6 punti a 60. Vivace anche l’employment, che sale di 6.5 punti a 57.2, deponendo bene per i payrolls di venerdi.

Il dato odierno relega la debolezza di Agosto ad anomalia statistica. Ma, onestamente, solleva più di un punto di domanda sull’effettiva significatività di questa serie, che nel 2016 sembra aver ingoiato un canguro.
Non a caso il massimo da 12 mesi di oggi segue il minimo da 5 anni del dato di agosto.
Un paragone con l’assai meno seguito PMI Markit Services (salito a sua volta a settembre più delle attese, a 52.3 da precedente 51) mostra quanto sia stato erratico di recente l’ISM (vedi zona gialla nel grafico) rispetto ai segnali forniti da quest’ultimo.

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Tra l’altro, aggiungendo al grafico il GDP trimestre su trimestre (istogramma grigio) si nota come, nel ridotto periodo di cui Bloomberg permette di scaricare i dati del PMI, quest’ultimo sembri fornire in un paio di occasioni, informazioni più accurate sulla direzione dell’economia.
In altre parole, la preferenza generalmente accordata all’ISM rispetto al PMI per monitorare le prospettive dell’attività nel settore servizi recentemente non sembra giustificata dai fatti.
A parte ciò, sembra sensato ritenere che, a fronte dei 2 estremi di Agosto e Settembre, la verità si trovi in mezzo, ovvero una crescita costante del settore, in linea con quanto indicato grossomodo dal PMI.

Resta il fatto che, a livello aggregato, il deterioramento osservato ad agosto non ottiene sostanziali conferme nei dati di settembre. L’attività economica US conserva una crescita moderata, coerente con quanto osservato, in media, negli ultimi trimestri (tra l’1.5% e il 2%).

Le good news hanno inflitto ulteriore dolore ai bonds, e ridato spunto all’azionario, ma curiosamente non hanno impattato granchè sul biglietto verde, che però aveva da digerire i progressi di ieri. E poi, grazie alle esternazioni anonime dell’ECB, i tassi salgono un Eurozone più che in US. Grande la soddisfazione dei rispettivi settori bancari, che mostrano progressi superiori al 2% (anche se Wall Street non ha ancora chiuso).
Scarso anche l’impatto sulle attese di rialzo dei Fed Funds entro il 2016, attualmente al 63%. Ma con le presidenziali di mezzo è comprensibile che l’incertezza regni sovrana ancora per un po’.
Detto questo, come si evince da questo grafico courtesy of Deutsche Bank, il mercato prezza ancora un passo di normalizzazione estremamente lento (linea rossa) e assai al di sotto delle più volte ridimensionate attese FED.

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Se il quadro dovesse confermarsi in linea con lo scenario FED, gli 8 mesi necessari necessari ai Fed Fund Futures per prezzare interamente un rialzo sono davvero troppi. In particolare con un petrolio che resta in area 50, dove lo sta spingendo la nuova risoluzione OPEC (insieme con le scorte EIA di oggi).