L’accordo USA -Canada Messico supporta il sentiment. Ancora pesanti i BTP.

Inizio di settimana dai 2 volti,  quello sui mercati globali.
Da un lato, continua la fase positiva per l’azionario globale, supportata da un repricing del quadro macro, aiutato da buone news sul  fronte global trade. Dall’altro, gli asset italiani restano ostaggio delle vicende politiche, con parziale travaso di volatilità su tassi, cambio e altri asset correlati.

Nel week end, gli attesi PMi cinesi non hanno fornito particolari ispirazioni. Il PMI ufficiale manifatturiero di settembre ha deluso (50.8 da 51.3 e vs attese per 51.2) mostrando un marcato calo (per il tipo di report). A deprimere l’indice generale,  il canale estero (new export order 48 da 49.4). E’ evidente l’impatto della trade war  con gli USA. Un quadro confermato da PMI manifatturiero Markit (50 da 50.6) ai minimi dal maggio 2017. In miglioramento il PMi non manufacturing ufficiale (54.9 da prec 54.2 vs attese per 54) grazie alla stabilità  del settore servizi (53.4) e ad un balzo di 4.4 punti di quello costruzioni (63.4) che conta per il 20% del dato aggregato. Appare evidente in quale settore stanno apparendo i primi effetti dello stimolo erogato negli scorsi mesi

Sempre nel week end, si è appreso che USA, Canada e Messico hanno raggiunto un accordo per un nuovo trattato commerciale,  accordo che dovrebbe essere ratificato a Novembre. E’ una buona notizia, perchè contribuisce a ridurre le frizioni commerciali globali, fornisce una traccia per la soluzione di altre dispute, e offre un immagine meno bellicosa dell’US Trade Representative, visto che, nella bozza, clausole considerate non-negoziabili dagli Americani (come i limiti di competizione per aziende canadesi e messicane sui contratti col Governo USA) non sembrano essere presenti.

Non a caso, l’apertura dei mercati ha visto i future su Wall Street guadagnare mezzo punto, il che ha offerto supporto ad una seduta asiatica a scartamento ridotto, in quando Shanghai è chiusa per tutta la settimana, mentre Hong Kong solo oggi. Il sentiment positivo ha concesso al Nikkei di segnare il record da 27 anni, nonostante una Tankan survey per il terzo trimestre poco brillante, in particolare da  parte delle grosse aziende manifatturiere (ancora il canale estero). Meglio i servizi, in particolare nelle aziende medio piccole.
Tra gli altri indici in buon recupero Mumbai, mentre Seul è rimasta al palo e Sydney è scesa.

Dopo qualche titubanza iniziale, i mercati europei hanno preso la  via del rialzo, in avvio. Se le schermaglie del week end tra Mattarella (che ha ricordato gli obblighi costituzionali in tema di bilancio) e i 2 vicepremier (che hanno sostanzialmente snobbato i suoi rilievi) aveva causato un gap down per i BTP, l’intervista di Tria al Sole, in cui il Ministro delle Finanze ha cercato di giustificare i numeri e di stemperare il suo dissenso col Governo, ha forse offerto un temporaneo supporto.
Anche il PMI manifatturiero italiano di settembre può aver contribuito alla pausa nelle vendite. Il dato è uscito a 50 (ovvero sulla soglia tra espansione e contrazione) e ai minimi dall’agosto 2016, ma il temuto deterioramento da agosto non vi è stato. Questa stabilità  spicca, a fronte del marcato calo del settore manifatturiero europeo, confermato dalla revisione odierna al dato flash (da 54.6 di agosto a 53.2), e di quello spagnolo (a 51.4 da 53).
Il canale estero continua a essere il  principale driver della debolezza del manifstturiero continentale, con il sottoindice general export orders  indicato da Markit “ai minimi da 63 mesi”. Per questo motivo i mercati continueranno ad essere estremamente sensibili a news positive sul trade come quella odierna.

In tema di PMI, la revisione di quello USA manifatturiero di settembre lo lascia inalterato a 55.6,  ma il  più seguito ISM manufacturing settembre ha segnato un moderato calo (59.8 da 61.3 e vs attese per 60) che lo lascia su livelli estremamente elevati. La  survey mostra però un elevato livello di preoccupazione delle aziende per l’impatto dei dazi.
La partenza di Wall Street ha sostanzialmente mantenuto le attese, con l’S&P su a tratti di oltre 0.7%. A quel punto però, la  schizofrenia dei mercati si è accentuata. Infatti, sui BTP, che avevano visto il loro momento migliore in tarda mattinata,  le  vendite si sono intensificate, con particolare focus sulla parte breve- media della curva (3-5 anni), e i rendimenti hanno preso a salire rapidamente.
Non so quanto abbia senso indicare un driver preciso, in una situazione cosi complessa, ma è un fatto che il newsflow è diventato più opaco:
** Il Commissario Moscovici ha dichiarato che la manovra italiana costituisce una deviazione “molto  significativa” dagli impegni presi. Di Maio lo ha accusato  apertamente di aizzare i mercati.
** Il Vicepresidente della Commissione Dombrovskis ha dichiarato che i target non sembrano compatibili con i vincoli EU.
** Tria ha comunicato che sarebbe rientrato a Roma in serata per “lavorare sui dettagli finali della nota di aggiornamento”, saltando di conseguenza l’Ecofin di domani.
** Sono circolate indiscrezioni secondo cui Tria avrebbe ammesso coi colleghi europei che sta ancora trattando  con il  Governo sui dettagli della manovra.
In generale, la risposta di Bruxelles non sembra delle più morbide, mentre il Ministro delle Finanze italiano appare stretto tra 2 fuochi, e di fronte ad una quadratura del cerchio.
Cosi lo spread chiude la giornata in marcato allargamento, su livelli visti venerdi nella fase peggiore (280 sul 10 anni), con il nuovo massimo di rendimento per il 2018 da parte del BTP decennale (3.29%) e con la  curva che mostra una preoccupante tendenza ad appiattirsi (il  2y fa +30 bp a 1.29%).
Assai rapido il contagio su Piazza Affari, e sul settore bancario italiano ed Europeo protagonisti di un altra giornata da dimenticare (rispettivamente – 3% e -1.2%). L’accanimento sulla carta italiana e sulle banche ha effettivamente sottratto brillantezza agli indici europei, senza tuttavia mandarli in passivo, il che costituisce un altro discreto segnale di resilience dell’azionario continentale, sebbene mi paia difficile che ulteriori significativi allargamenti possano continuare a sortire impatti cosi modesti. Modersto impatto anche sull’€, che chiude a 1.175.

Aspettiamo di vedere i dettagli finali sulla spesa, ma a prima vista, l’impressione personale è che i livelli di crescita necessari a mantenere al ribasso il rapporto debito/pil – come ha dichiarato Tria – di un punto all’anno, siano decisamente  ambiziosi. Implicano infatti l’applicazione di un moltiplicatore assai elevato all’espansione fiscale programmata, e non sembrano prevedere alcun impatto dallo spread sul ciclo. In altre parole, sembrano raggiungibili solo con un robusto aiuto esterno al ciclo, il che rende il quadro di finanza pubblica italiana ancora più vulnerabile ad un eventuale rallentamento globale. E questo senza considerare le varie sfide che attendono il Governo (Commissione EU, Agenzie di Rating) e la perdita di peso del Ministero delle Finanze, come garante del rigore dei conti. Il rischio è che i passaggi in aula causino ulteriori modifiche alla manovra.

Il resto della settimana propone dati rilevanti:
** Domani pochi dati ma parlerà  powell
** Mercoledi abbiamo i PMI servizi e composite globali, e l’ISM non manufacturing US e l’ADP di settembre
** Venerdi chiudiamo in bellezza con il labour market report US di settembre.