I dettagli della manovra non convincono i mercati. Continua la salita dei tassi USA.

Non è granchè piaciuta, agli investitori, la nota di aggiornamento del Def uscita ieri sera, anche se  è difficile scindere, nel BTP, la debolezza intrinseca, da quella causata dalla volatilità sui tassi US, e dal sentiment generalmente opaco. Certo, il balzo di 17 BPS dei rendimenti a 3 anni, a fronte del  singolo bps dell’omologo tedesco e della stabilità  degli altri periferici, ci dice che il mood generale c’entra fino a un certo punto.

Molti dei numeri contenuti nella nota erano già noti. Il Deficit al 2.4% del GDP nel 2019, seguito dal 2.1% nel 2020, e dall’  1.8% nel 2021. Le  stime di crescita al 1.5% nel 2019, 1.6% nel 2020, 1.4% nel 2021, e il calo del debt GDP al 130% l’anno prossimo, e 128.1 e 126.7 nei 2 anni successivi. Le principali voci si spesa saranno i 9 bln per il reddito di cittadinanza, 7 bln per l’eliminazione della Fornero, e 2 bln per la flat tax, più 1.5 bln per gli obbligazionisti frodati.
L’effetto di queste misure espansive sulla domanda dovrebbe produrre un accelerazione della crescita tale da centrare le stime.
Tra le assunzioni forti, a mio modo di vedere, oltre ai moltiplicatori elevati applicati all’espansione fiscale, abbiamo:
** l’inflazione attesa, con i deflattori (tra l’1.6% e l’1.9%) in grado di portare la  crescita nominale sopra il  3% in tutti e 3 gli anni (3.1%, 3.5% e 3.1%). Mica male partendo da sotto l’1%.
** L’aumento della spesa per interessi, appena 0.3% del GDP (dal 3.6% di quest’anno al 3.9% nel 2021) . Un target ambizioso, visto il recente allargamento dello spread, ma anche il trend sui tassi globali.

In generale, pur prendendo per buono il contributo della manovra al Pil, questi numeri non offrono alcun margine d’errore a  fronte  di
** un eventuale rallentamento globale,  tradizionalmente avvertito in maniera significativa dall’economia nazionale. In realtà tassi di crescita nominale sopra il  3% presuppongono, un supporto da parte del  ciclo globale.
** l’impatto su investimenti e ciclo della volatilità sugli asset italiani, volatilità presumibilmente destinata a durare, viste le  frizioni con l’ EU e l’incombere dei giudizi delle agenzie di rating.

Ne è garantito che le recenti modifiche rendano la  manovra accettabile  per l’EU, che potrebbe rigettarla  e aprire una procedura di infrazione. Tutte vicende che vanno ad incrementare un clima di incertezza che sta già, a  mio avviso, imponendo un dazio al  ciclo italiano (sotto forma di freeze degli investimenti e presumibile deflusso di capitali) prima ancora che le misure possano iniziare a supportare la  domanda.
Considerazioni simili a queste hanno presumibilmente gravato sulla carta italiana oggi.

Non che, come accennato sopra, il  sentiment abbia aiutato. Ieri sera, Wall Street ha recuperato nel finale, chiudendo poco distante dai livelli osservati alla chiusura europea. Ma a un ora e mezza dalla chiusura le pressioni sui tassi avevano spedito l’S&P 500 giù di oltre l’1.4%.
Stamattina in Asia è stata un altra seduta pesante, in attesa febbrile dei payrolls. Se Tokyo è restata composta, e le “H” shares hanno mostrato un minimo di resilienza dopo il -4% cumulativo  delle  ultime 3 sedute (Shanghai riapre lunedi), delle altre piazze si salva solo Sydney, al  solito, mentre Mumbai e Taiwan sono affondate e Seul ha segnato la  quinta discesa a fila.

L’Europa ha aperto con una calma apparente, ma con l’avvicinarsi dell’orario di pubblicazione dell’atteso report il nervosismo si è  fatto gradualmente strada. Come al  solito,  la comparsa dei venditori sui BTP ha danneggiato i settori bancari Italiano ed Europeo, con l’inevitabile effetto  sugli indici generali. Snobbati i buoni factory orders tedeschi di agosto, usciti assai sopra stime (+2% vs + 0.8% atteso). Si poteva eventualmente contare su un po’ di supporto dalla debolezza dell’€, ma notizie inaspettatamente positive sul  fronte Brexit hanno dato forza alla Sterlina, contagiando l’€, e annullando l’effetto della debolezza degli asset italiani (EU BREXIT NEGOTIATORS SEE U.K. DIVORCE DEAL AS VERY CLOSE: RTRS)

Alle 14.30, effettivamente il labour market report ha creato  un po’ di movimento.
** I nuovi occupati hanno parecchio deluso (134.000  a fronte dei 185.000 attesi, e dell’ ADP  di mercoledi a 230.000) ma secondo il  BLS l’uragano Florence è responsabile  praticamente dell’intero “miss” , e i mesi precedenti sono stati rivisti al rialzo di 87.000 unità (69.000 a agosto, per un torale di 270.000).
** La household survey per contro è risultata forte, con 420.000 nuovi occupati, per una disoccupazione calata al 3.7, minimo dal dicembre  1969!
** Robusti, ma in linea con le attese i temutissimi salari orari (+0.3%, anno su anno 2.8% in calo di 0.1% grazie a effetti base).

In generale  un dato robusto, che conferma quanto si dice sul mercato del laforo USA, ovvero che è sostanzialmente in piena occupazione, e con moderate ma percettibili pressioni salariali.
Il mercato dei tassi era posizionato per un dato forte, per cui li per li l’effetto è  stato effimero, e di conseguenza quello sull’equity modesto. Ma, successivamente, il movimento di rialzo è ripreso, e l’azionario USA ha preso a calare marcatamente. A guidare il movimento, il Nasdaq, appesantito dalle Fang stocks, che forse patiscono più di altri la salita dei tassi, viaggiando su multipli più elevati, e dai chipmakers, ancora penalizzati dallo scandalo della presunta spy story cinese.

Cosi, l’azionario europeo archivia un’altra  seduta negativa,  giungendo a cancellare più della metà del  rimbalzo di settembre. Sul fronte tassi, il BTP ha allargato moderatamente contro un Bund che soffre il rialzo dei rendimenti del treasury. D’altronde il differenziale di rendimento tra il benchmark USA  e quello tedesco è ai massimi storici (266 bps) il che rende difficile per  il  Bund reggere alla  pressione.  Sui cambi, ulteriori headlines positive sulla Brexit hanno accentuato il  supporto della sterlina all’€ (EU Is Said Ready to Offer U.K. ‘Super-Charged’ Free-Trade Deal) mentre lo Yen continua a recuperare grazie alla risk aversion.

Sul fronte tecnico, l’attesa correzione USA sembra in corso. Il quadro è più  evidente sul Nasdaq, che mostra un doppio massimo, il cui target sembra in un intorno della media mobile a 200 giorni (3/4% di ribasso ulteriore).

Meno chiaro il quadro sull’S&P 500 che proprio ora appoggia sul supporto costituito dal massimo di gennaio, e dalla media mobile a 20 giorni, e in caso di rottura (probabile se il Nasdaq prosegue, ha un altro forte supporto in area 2800 (2.5% di calo).

Pensavo che l’Europa potesse outperformare gli USA in uno scenario di correzione/consolidamento moderati, ma le vicende italiane, con le  ricadute sulle banche etc, ne hanno fiaccato  la resistenza. Resta secondo me un mercato attraente, ma  gli ostacoli stanno aumentando.

Sul fronte tassi, un analisi basata sulla precedente rottura rialzista (questi tassi non si vedevano dal 2011) indica che il rendimento del 10  anni dovrebbe entrare in una fase correttiva al massimo in area 3.40-45%. Considerando quanto corto speculativo  c’è  su tasso, forse anche prima.