Fallisce la Silicon Valley Bank, domina la risk aversion sui mercati

NB: LAMPI SALTA 2 USCITE E TORNA MERCOLEDì 15 MARZO

Alla fine, ieri sera, si è capito il motivo del crash delle banche USA. La Silicon Valley Bank, una banca di dimensioni medio piccole (220 bln di assets) è stata oggetto di una bank run, ovvero una corsa a ritirare depositi, cosa che la ha costretta a liquidare in perdita 21 bln di bonds in cui aveva investito la sua liquidità, realizzando una perdita di 1.8 bln. La banca ha tentato di lanciare una ricapitalizzazione da 1.25 bln e un finanziamento di 500 mln, ma ha perso il 60% (e ancora poi in aftermarket) affondando il settore. Vi anticipo subito che in giornata sia l’aumento di capitale che un tentativo di vendita della banca sono falliti, e questa è stata chiusa dalla FDIC, che ha già comunicato che lunedì la parte assicurata dei depositi (fino a 250.000$) verrà resa disponibile per i depositanti. In altre parole, la banca è fallita.
Quali sono le ramificazioni di quest’evento?
Quelle dirette sono ridotte. La banca non ha dimensioni tali da renderla sistemica. Nel suo fallimento vi è una buona dose di imperizia, a quanto pare, nella gestione della liquidità, che è stata investita in titoli a lunga scadenza a rendimenti bassi , che hanno causato perdite latenti, quando i tassi sono saliti. Questo ha creato un disallineamento tra asset e liabilities che è deflagrato quando la banca ha dovuto far fronte alle richieste di ritiro dei depositi. Queste hanno brutalmente accelerato quando si è sparso il timore che non ci fossero asset per far fronte ai rimborsi
Caratteristica peculiare della Silicon Valley Bank è di avere rapporti con Venture Capital, e quindi startup companies principalmente del settore tech. E questo forse spiega  cosa ha fatto partire il ritiro dei depositi: queste aziende, trovandosi all’inizio della loro storia, tipicamente bruciano parecchio cash, non producendo ancora utili, e quindi sono molto impattate dai costi di finanziamento. Inoltre molte saranno state lanciate gli scorsi anni, con costi di finanziamento bassissimi e multipli molto elevati. Ma il cambio di regime avrà reso per loro molto più difficile reperire capitale, in particolare alle vecchie valutazioni, o finanziamenti (per non parlare di quotarsi). Da qui la maggior necessità di ricorrere alle proprie riserve finanziarie, ritirando i depositi.
La conclusione è che SVB è saltata perchè 1) titolare di un business con aziende dal profilo finanziario vulnerabile (venture capital, startup, tech crypto) oggetto di una fase di boom (2020-2021) e poi burst (2022) e 2) protagonista di una gestione sconsiderata delle sue risorse, avendo investito raccolta a vista in strumenti con lunga duration, a rendimenti bassi.
Si tratterebbe quindi di una situazione specifica, e non generalizzabile. Un problema “idiosincratico” quindi, non “sistemico”.
Ciò detto, personalmente ritengo che l’emergere di questa situazione contribuisca a esporre all’attenzione generale alcuni rischi legati al tightening delle politiche monetarie, rischi che finora sono stati ignorati dal consenso:
1) Detto che la bank run a SVB ha motivi specifici, è un fatto che i depositi bancari in questa fase subiscono una concorrenza crescente da parte di altri strumenti di investimento (Es i T-Bill, e i fondi monetari e i rendimenti offerti dall’obbligazionario, vedi US MONEY MARKET FUND ASSETS SURGE TO ALL-TIME HIGH AS SHORT TERM RATES SOAR – BOFA) nonchè l’aumento delle necessità finanziarie di aziende e consumatori, alle prese con l’aumento del costo del denaro e del capitale. Questo implica per gli istituti una maggior competizione e quindi un calo del margine di interesse, oltre che la necessità di inasprire ulteriormente le condizioni di erogazione del credito. E’ un fenomeno che, a tendere, può interessare anche le banche europee, che finora hanno fatto affari d’oro remunerando con le briciole i depositi, mentre incrementavano i tassi degli impieghi.
2) Chiarito che il problema di mismatch asset liabilities di SVB è specifico, è probabile che in misura più ridotta e controllabile, questo tipo di fenomeno sia diffuso. Non a caso, è la seconda volta in pochi mesi che un problema del genere si presenta. Prima erano stati i fondi pensione UK. Ora SVB. Forse il problema dell’impatto dei rialzo dei rendimenti sulla valutazione dei portafogli obbligazionari di banche e assicurazioni è stato sottovalutato
3) La bank run di SVB rischia di accendere i riflettori sul settore del private equity e degli asset illiquidi, un settore cresciuto enormemente negli ultimi anni. Sotto un paio di grafici presi da uno studio di Deutsche Bank di qualche mese fa, dove si mostra la crescita esplosiva degli asset illiquidi e la percentuale di tech.

Gran parte di questi business è stato finanziato, approfittando dei tassi a zero e del QE, a condizioni estremamente vantaggiose e valutazioni elevate. Ma il rialzo dei rendimenti e il repricing occorso in particolare al tech (si pensi ai ridimensionamenti di aziende solide e profittevoli come Netflix, Paypal, Meta, e perfino Microsoft e Amazon) rendono difficile rispettare gli obiettivi di quotazione e rifinanziare molte di queste realtà. Le difficoltà della clientela di SVB sembrano costituire un sintomo di un possibile credit crunch per questo tipo di business, i cui effetti non sono da sottovalutare viste le dimensioni degli ammontari.

Quindi, in conclusione, le ramificazioni dirette di questo default sono trascurabili. Ma mi pare di poter affermare che rappresenta un sintomo di un impatto dell’inasprimento della politica monetaria sull’economia che si sta verificando. Ed è ironico che questo segnale giunga in una fase in cui si stava affermando la convinzione che il rialzo dei tassi avesse un effetto inferiore alle attese sulle economie. Infine, mostra che non tutti gli effeti del rialzo dei tassi sono positivi per le banche.

Con queste premesse, la chiusura di Wall Street ieri sera è stata pesante, con l’S&P 500 in calo dell’1.85% e il Nasdaq 100 in calo dell 1.8%. Malissimo le small caps con il Russel 2000 giù del 2.8% e terribili le banche ( -6.57%). Corposa discesa dei rendimenti a coronare il quadro di risk aversion.

Naturalmente stanotte in Asia gli indici hanno riflettuto abbondantemente questo stato d’animo con solo Vietnam e Indonesia in grado di cedere meno dell’1%. Coperta dalla volatilià legata alla SVB, la Bank of Japan ha lasciato tutto invariato all’ultimo meeting presieduto da Kuroda. Dal prossimo avremo Ueda.
In compenso, gli aggregati monetari e di credito cinesi hanno nuovamente sorpreso al rialzo, a mostrare una potenziale ripresa dell’attività che per il momento sui mercati non si vede. Ma è anche vero che i numeri sono usciti a mercati locali chiusi.

Tra l’altro la sorpresa è principalmente dovuta al loans ai consumatori tra credito al consumo e mutui. Vediamo se i dati macro del mese, in uscita mercoledì prossimo, mostrano l’aumento dei consumi e degli investimenti immobiliari.

La mattinata europea ha visto gli indici prendere atto delle novità di ieri sera, con robuste perdite e il settore bancario a sottoperformare con decisione. Marcati i cali dei rendimenti in simpatia con gli USA, mentre l’€ ha recuperato gradualmente contro Dollaro, spinto dal calare del differenziale tassi e dalla circostanza che l’epicentro della crisi è negli USA. Sul fronte macro c’era poco che potesse distrarre gli investitori in mattinata, con solo il PPI italiano di gennaio in fortissimo calo (-9.9% da +3.8% e anno su anno +11.6 da precedente +39.2%).

E veniamo da quello che avrebbe dovuto essere il market mover del giorno, ed è stato spodestato dalle vicende di SVB.

Il labour market report USA ha un tono misto. I nuovi occupati hanno nuovamente sorpreso in positivo di parecchio, superando i 300.000. Le revisioni però tolgono qualcosa, e inoltre se si guarda ai numeri di occupati privati sono meno entusiasmanti. In calo gli occupati nel manifatturiero, nel tech e nei servizi finanziari ma non ancora quelli nelle costruzioni (vedi il pezzo di ieri). In generale gli occupati sono saliti nel 56% dei settori, un valore basso e ai minimi dal 2020.
La household survey è meno brillante, con solo 177.000 nuovi occupati e un rialzo di 0.2% della disoccupazione dovuto a un balzo della forza lavoro di 450.000 unità. Più bassi delle attese i salari orati e in calo le ore lavorate, a indicare meno pressioni salariali e minor produttività. In generale un report ancora positivo, ma che mostra i segni di un incipiente rilassamento del mercato del lavoro. Direi che messo insieme con gli ultimi eventi, lascia intendere che la Fed farà 25 bps il 22 marzo, se non esce un CPI monstre.
Con queste premesse, Wall Street ha provato ad andare in positivo. Ma poi è arrivata la notizia della chiusura di SVB da parte della FDIC ( link ) e quella che il Tesoro USA starebbe monitorando “alcune banche molto attentamente” ( link Yellen Says Treasury Is Monitoring ‘a Few’ Banks Amid SVB Fallout). Wall Street è tornata a calare pesantemente.
La chiusura europea vede gli indici cedere significativamente, ma la campana è venuta a tagliare quelle che sarebbero al momento perdite anche più pesanti, perchè l’azionario USA poi ha proseguito al ribasso.
Clamorosi i cali dei rendimenti a fine seduta europea. Discese a 2 cifre quasi ovunque, ad eccezione della curva italiana (vedi schema)

Sui cambi, il Dollaro si è ripreso un po’ nel finale, mentre tra le commodities rimbaozo dei preziosi e dell’oil mentre calano i metalli industriali