Chiusura moderatamente positiva ieri sera (lunedì) per Wall Street, con l’ S&P 500 in progresso dello 0.27%. Il nasdaq 100 ha chiuso invariato, mentre il Russell 2000 Small Cap è rimbalzato dell’1.63%,recuperando buona parte dell’underperformance recente. Ancora in salita i rendimenti USA, complici delle aste treasury caratterizzate da domanda debole. Non succede spesso di vedere rendimenti in rialzo con il petrolio in calo del 6%. Nemmeno un refunding trimestrale rivisto al ribasso dal tesoro USA è riuscito ad arginare il movimento, col 10 anni che ha toccato i massimi dal primo agosto ( link US Treasury Trims Borrowing Estimate to $546 Billion for Quarter – Bloomberg) .
Ma in questo particolare periodo entra in scena il “Trump effect”. La probabilità di una vittoria dell’ex presidente, e di un Republican Clean Sweep al Congresso, dopo una pausa venerdì, ha continuato a crescere, e quindi il Trump trade continua ad avanzare. Il rialzo dei rendimenti del treasury ne è un pezzo importante: il rationale ha 2 pilastri: l’impatto del protezionismo (dazi) sull’inflazione e quello dello stimolo fiscale, sia esso tagli alle tasse o spesa pubblica, sulle finanze pubbliche e quindi sull’ammontare di debito da rifinanziare. Non a caso, i rendimenti USA nell’ultimo periodo hanno ricalcato abbastanza bene il movimento delle probabilità di elezione di Trump stimato dalle quote dei bookmakers, come si vede dal grafico sotto.
Non sarà stato solo quello, ovviamente. E’ noto che i dati macro negli USA sono migliorati parecchio nell’ultimo mese, come testimonia il Citi Surprise index passato da -43 del 22 agosto al +14 di ieri. Ma la correlazione dei tassi con le quote di Trump è evidente, mentre quella tra tassi e petrolio è scomparsa come si nota dal grafico sotto.
Del resto anche il calo dell’oil, pur recentemente legato ad un percepito rientro delle tensioni Israele-Iran, ha, almeno in parte, a che vedere con l’aumento delle probabilità di vittoria di Trump: è noto che l’ex presidente è poco favorevole alle energie alternative, e invece favorevole alle trivellazioni. Ergo il mercato sconta un aumento della produzione USA, e una maggior probabilità che l’Arabia Saudita opti, infine, per una guerra dei prezzi. Se l’azionario USA nelle ultime sedute ha tenuto, ma non ha progredito granchè, una dimostrazione plastica del impatto sull’equity delle quote dei bookmakers è la performance del Trump Media & Technology Group,ieri +21% e +60% nelle ultime 6 sedute. Dal 23 di settembre +290%.
L’impressione è sempre di più che il mercato si stia giocando una vittoria di Trump in anticipo. Certo, la cosa ha senso. Ora, perfino il modello del sito Fivethirghtyeight da a Trump il 54% di probabilità di vincere. Ma la media delel quote dei bookmakers gli da quasi il 63% vs il 36% alla Harris. E poi, Trump ha momentum. Come si nota dal grafico di Realclear Politics, che mostra l’evoluzione delle probabilità dei bookmakers, dal 52-46 per la Harris del 21 settembre al 62 – 36 attuale.
Così, il mercato si è messo in trend, e il trump Trade dilaga, da azionario, a tassi, a petrolio a criptocurrencies.
Detto questo, il vantaggio di Trump nei sondaggi degli swing state è ancora sotto il margine di errore, senza contare la possibilità che margini di vantaggio troppo esigui in alcuni stati possano portare a contestazioni e richieste di riconteggio. E poi, non bisogna dimenticare un fattore. Quando pensa ad una possibile vittoria di Trump, la comunità degli investitori ha negli occhi la reazione alla sua elezione nel 2016, con la partenza di un rally durato ininterrottamente o quasi fino a inizio 2018.
Ma nel 2016
1) Trump era significativamente sfavorito dai sondaggi, e comunque il suo impatto sulla borsa non era giudicato così positivamente.
2) a fine ottobre 2016 Wall Street era in progresso del 2% da inizio anno, e cedeva il 5% da agosto.
Oggi Trump è visto come favorito, e il suo impatto positivo è dato per scontato. E l’S&P 500 è in progresso del 22% da inizio anno, i migliori 10 mesi dal ’97 se non erro. Su queste basi direi che il mercato sconta parecchio, e, in assenza di una fase correttiva pre elezioni, per la quale ormai il tempo stringe, potremmo avere un “sell the news” in caso di elezione di Trump e problemi maggiori in caso di Harris o risultato rinviato.
La seduta asiatica ha avuto un tono contrastato. A progredire Tokyo, Hang Seng, HSCEI, Vietnam, Sydney, Mumbai e Seul. In calo, per contro, Shenzen, Shanghai, Taiwan e Jakarta. Come si vede, la fiammata dei titoli e veicoli di investimento cinesi di ieri pomeriggio non ha avuto molto seguito, con le “A” shares che addirittura calano, anche se questo forse riguardava più il tech quotato a Wall Street e Hong Kong. Dopo la chiusura dei mercati, è comparso su Reuters un pezzo esclusivo in cui si riferisce che in Cina stanno pensando di emettere nei prossimi anni bonds per 10 trilioni di Yuan da destinare allo stimolo fiscale. Quest’importo potrebbe salire se verrà eletto Trump ( link Exclusive: China considers over $1.4 trillion in extra debt over next few years) Siamo sempre sul generico, in particolare se non si sa su quanti anni è distribuito l’importo, ma quest’importo continua a crescere. La prossima settimana, entro l’8 Novembre, lo Standing Committee of the National People’s Congress approverà i 6 trilioni di emissioni in 3 anni. Si è fatto sentire anche il Presidente Xi. Il Fatto che ci stia mettendo la faccia è uno degli aspetti più positivi di questa svolta sullo stimolo: diciamo che non può fallire.
** CHINA‘S PRESIDENT XI: TO ENFORCE A RANGE OF CURRENT AND ADDITIONAL POLICIES.
** XI URGES DILIGENT EFFORTS IN UPCOMING MONTHS TO MEET ANNUAL ECONOMIC AND SOCIAL DEVELOPMENT GOALS.
Sul fronte macro, in Giappone sono usciti dati positivi sul fronte occupazionale con la disoccupazione di settembre calata al 2.4% da 2.5% vs attese per invariato e il job to applicant ratio salito a 1.24 da 1.23.
L’Europa ha provato a fattorizzare la chiusura positiva di Wall Street ieri sera, insieme con una GFK consumer confidence tedesca che ha battuto un colpo questo mese (-18.3 da -21 vs attese per -20.5). L’Eurostoxx 50 e le altre piazze hanno accumulato un po’ di progressi nella prima parte della mattinata, per fare un picco alle 10.00 e poi calare progressivamente, passando in negativo a metà giornata. I rendimenti hanno fatto catch up con quelli USA di ieri sera, mentre l’€ ha un po’ ricalcato la price action dell’azionario, salendo inizialmente per poi calare sotto 1.08 vs $.
Diversamente dall’Europa, in cui non vi sono state pubblicazioni, negli USA erano previsti un buon numero di report.
L’advance goods trade balance di settembre ha mostrato un deficit superiore alle attese, causato da maggior import e minor export, cosa che va a impattare negativamente sul GDP del terzo trimestre (di cui la prima stima esce domani). La cosa è un po’ bilanciata dalle scorte (revisioni comprese) che impattano positivamente (ma poi le devi smaltire).
I prezzi delle case di agosto (una media di giugno luglio e agosto) hanno sorpreso al rialzo. Però proprio ieri i tassi dei mutui sono tornati al 7% e in assenza di un inversione di tendenza, sospetto che la domanda e i prezzi ne risentiranno nei prossimi mesi.
I Job openings di settembre sono usciti orribili, con offerte di lavoro in forte calo, dimissioni volontarie sotto il 2% e solo le assunzioni in rimbalzo. Un dato totalmente in antitesi con il labour market report USA di ottobre, che era stato fortissimo. Quindi un report assai debole, ma molto strano. Purtroppo, il labour market report di ottobre non farà molta chiarezza, perche uragani e scioperi lo avranno impattato, tanto è vero che il consenso di Bloomberg vede appena 75.000 nuovi occupati.
Infine la consumer confidence di ottobre ha visto tutte le sue componenti salire bene. Sembra quasi che la survey, di recente, risponda a sua volta all’aumento delle probabilità di elezione di Trump, quasi che il capione sia politicizzato. Questo spiegherebbe perchè le expectations sono state così basse in questi anni di crescita abbastanza decente, cosa che si è riflessa invece nella “present situation”. Anche la componente percezione del mercato del lavoro è rimbalzata di ben 5 punti, dopo la bellezza di 8 mesi di calo consecutivi.
Wall Street è partita in negativo, ma ha faticosamente recuperato e al momento ha accumulato 3 decimi di progresso, trainata dalle solite big cap (media e semiconduttori) mentre i settori rate sensitive (utilities) e oil (energy) faticano. I rendimenti correggono di appena 1 o 2 bps dai massimi trimestrali toccati ieri.
Le piazze europee avevano accusato l’indebolimento dei futures USA e non hanno seguito il rimbalzo, e così si confrontano con chiusure ancora moderatamente negative, che riflettono forse in parte il reciproco del Trump trade, visto che la sua elezione non è percepita affatto come un positive per il vecchio continente. Oggi in rialzo i rendimenti EU, forse in parte un catch up con il balzo di quelli USA ieri. Un ruolo può averlo avuto l’issuance odierna (bund) e di domani (BTP 5 anni e 10 anni e CCT per totali 9 bln €). L€ si e arrampicato sopra 1.08 nel pomeriggio, mentre tra le commodity, l’oil non riesce a recuperare nulla ma salgono forte i preziosi, con l’oro agli ennesimi nuovi massimi, nonostante la salita dei tassi reali, quella dei tassi nominali, la forza del Dollaro, e le news che il retail cinese ha comprato meno oro fisico. Tutto compensato dalle banche centrali, con gli investitori occidentali che rincorrono il rally, a quanto pare.
Le Goldminers sono rimaste un po’ indietro su quest’ ultimo movimento, perchè la più grossa di tutte, Newmont corp, ha dimostrato di non aver messo bene a frutto il rialzo del metallo, avendo missato sia su sales che su EPS giorni fa (ma i ricavi sono saliti comunque dell’85% anno su anno). Credo che nel comparto continui ad esserci valore
** Newmont Adjusted EPS 81c, estimate 85c (Bloomberg Consensus)
** Newmont Sales $4.61 billion, +85% y/y, estimate $4.69 billion
** Newmont Attributable gold production 1.67 million oz, +29% y/y, estimate 1.66 million
Stasera, in aftermarket, riporta Alphabet, la prima di 5 big cap del tech: domani abbiamo Microsoft e Meta, seguite da Apple e Amazon mercoledì. Dopo Tesla, e relativa reazione, direi che le aspettative dovrebbero essere abbastanza euforiche, e la barra per sorprendere al rialzo piuttosto elevata. Anche perchè l’indice delle Magnificent 7 mostra un progresso del 47% da inizio anno e del 73% a 12 mesi. Possiamo aggiungere al gruppo degli earnings rilevanti anche Caterpillar (domani), per l’impatto che tradizionalmente ha sulla percezione del ciclo.
Trimestrali a parte, abbiamo Giovedi il PCE Core di settembre, ultimo dato sui prezzi del mese scorso, e venerdì il Labour market Report di ottobre, sia pure distorto da scioperi e uragani. Seguono poi le Presidenziali martedì notte e il FOMC mercoledì sera. Per giovedì prossimo avremo digerito un bel po’ di novità riguardanti i prossimi mesi/trimestri.