Al via il s econdo round di Dazi USA e rappresaglia cinese, ma il sentiment tiene.

Tanto tuono’ che piovve.
A conclusione di una lunga serie di indiscrezioni sui media e di tweet, ieri sera Trump ha dichiarato che a mercati chiusi ci sarebbe stato un annuncio in materia di dazi. La faccenda è costata a Wall Street una chiusura in calo di poco più di mezzo punto,  con il  Nasdaq a fare da battistrada (-1.5%).
Le misure, rese note dopo la campana, hanno grossomodo  ricalcato le attese. I beni colpiti ammontano (nonostante alcune esclusioni dell’ultimo minuto) a “circa 200 bln”, e le aliquote, elevate dal 24 di settembre, sono del 10%, ma diventeranno del 25% da Gennaio, nel caso non si facciano passi avanti seri sul fronte negoziazioni. Il comunicato ha chiarito che l’Amministrazione US resta aperta a negoziazioni e spera di incontrare la delegazione cinese la prossima settimana. I dazi hanno il  solo scopo  di ottenere dalla Cina un cambio di atteggiamento, ma finora Pechino non si è dedicata seriamente al compito secondo l’USTR. Trump ha aggiunto che, se la Cina reagirà, darà immediatamente ordine di elaborare dazi sui restanti 267 bln di beni non ancora tassati.

La reazione cinese (dettagliata nel  primo pomeriggio europeo) è stata, in una certa misura, meno aspra delle attese. Le autorità hanno dichiarato di non aver altra scelta che reagire, e a stretto giro sono stati confermati i dazi su 60 bln di importazioni USA. La minor aggressività fa riferimento alle seguenti circostanze:
** Le aliquote, che partono in corrispondenza di quelle US, sono del 5-10% (vs il  5-25% annunciato in agosto), quindi più miti del previsto, e di quelle  US.
** Apparentemente, la partecipazione al  Summit con gli USA non è stata cancellata,  anche se circola  l’ipotesi che verrà mandato  il Vicesegretario al commercio e non il  Vice-Premier Liu.
** Il Ministero del Commercio ha dichiarato che la Cooperazione è l’unica scelta  giusta.

Dal lato USA,  l’impressione che ho è che sia evidente il  tentativo di spingere i Cinesi a cedere qualcosa in tempi brevi,  in altre parole  prima delle  Midterm elections. Infatti la  messa in atto di queste misure è stata assai rapida (diversamente da quelle implementate a luglio che entrarono in vigore oltre 6 settimane dopo  la fine del  dibattimento pubblico). Inoltre, nel provvedimento è già previsto uno step  up in caso di assenza di progressi (anche se alcuni analisti sostengono che li 3 mesi di tariffe più  basse servono a permettere ad aziende e consumatori USA di trovare alternative, vista l’elevata share di beni di consumo). La reazione cinese,per contro, mi sembra volta a salvare la  faccia,  cercando di compromettere il meno possibile la ripresa delle negoziazioni.
Un eventuale  segnale  di buona volontà dell’amministrazione Trump sarebbe che il  Presidente evitasse di istruire il processo per tassare i restanti 267 bln di beni (cosa che procurerebbe non pochi problemi all’USTR e alle Multinazionali USA  come Apple). Ma  anche se quest’ordine partisse (lo sapremo presto) difficilmente il processo terminerà  prima di novembre inoltrato,  e viste le citate  difficoltà,  il varo dovrebbe avvenire a scaglioni, a partire  dal  2019. Da parte cinese,  sarebbe significativo, partecipazione ai meeting a parte, mantenere invariato lo yuan.

La reazione dei mercati asiatici alle news sul trade non è stata quella attesa dai più. L’azionario cinese non ha mai dato  l’impressione di voler passare significativamente in negativo,  e nella seconda  parte di seduta ha messo a segno un poderoso  rimbalzo, che vede lo  Shanghai Composite chiudere ai massimi da 6 sedute. Meno spumeggianti, ma comunque marcatamente positive le “H” shares. Significativa anche la sostanziale tenuta dello Yuan,  fissato dalla PBOC a poca distanza dal livello di ieri.

La forza inattesa delle “A” shares dipende a  mio  modo  di vedere da un concorso di fattori:
** Sui livelli attuali, l’azionario cinese prezza uno scenario assai pessimistico
** la lunga attesa del varo  dei dazi,  con la connessa incertezza, ha prodotto un sentiment estremamente negativo ed un positioning alquanto difensivo
** La misurata reazione cinese e alcune dichiarazioni di parte USA (*ROSS: GOAL IS TO HAVE CONSTRUCTIVE TALKS WITH CHINA) lasciano intendere che la trattativa non è ostacolata più di tanto da azione e rappresaglia.
** Alcuni pezzi sui media hanno alimentato  aspettative di ulteriore stimolo fiscale, sotto forma di spesa in infrastrutture (successivamente confermate dal comunicato dello State Council), per controbilanciare l’impatto dei dazi.

Le altre  piazze asiatiche sono state prese un po’ alla sprovvista dalla forza di Shanghai e  hanno terminato  in ordine sparso. Oltre le previsioni la forza di Tokyo,  gratificata dalla debolezza del cambio e proiettata al rialzo dalla rottura della resistenza orizzontale indicata giovedi scorso. Il  quadro resta promettente, con il prossimo target a 24.000 circa, massimo di gennaio scorso. Positiva anche Seul, mentre Mumbai e Sydney hanno corretto.

L’azionario europeo ha aperto con un tono comprensibilmente incerto, ma a sua volta non ha mai dato l’impressione di voler correggere con convinzione. In una mattinata povera di dati macro (brutti fatturato e ordinativi all’industria italiana di luglio) l’attenzione è rimasta focalizzata sul newsflow sul trade. Un po’ di attenzione ha catturato l’indiscrezione comparsa sulla Stampa secondo cui Di Maio avrebbe dichiarato che “se Tria continua cosi, può anche andare a casa”, ma  la debolezza del  BTP è stata appena accennata.
Con un sussulto del risk appetite in occasione della formalizzazione della reazione cinese, si è  giunti all’apertura di Wall Street,  e  qui la  reazione positiva del mercato ha ottenuto la  conferma finale,  quando l’azionario  USA si è dedicato a recuperare  le perdite di ieri (impresa che a 2 ore dalla campana ha esito positivo).  La forza di Wall Stree ha contribuito a far chiudere gli indici europei con moderati guadagni (ad eccezione di Londra, forse nervosa  per il Summit EU di Salisburgo).
Degni di nota gli sviluppi sui bonds:
** Negli USA le news sul  trade sembrano aver dato ai rendimenti USA la forza di superare il 3% sul 10 anni. La lettura generale  è stata che si teme l’impatto  dei dazi sull’inflazione e quindi sulla politica monetaria. In realtà  la mossa sui dazi era attesa (come si nota dalla reazione dell’azionario) mentre al rialzo dei rendimenti nominali contribuiscono in egual misura breakeven inflation e tassi reali. Per cui i dazi mi sembrano più  un catalyst che un vero motivo, mentre l’impatto  sulla crescita  al momento non viene preso in considerazione
** La cosa è ancora più evidente sui tassi europei, dove i breakeven inflation sono stabili e il rialzo del rendimento del Bund (0.48% massimo da metà giugno) è interamente dovuto ai tassi reali. Qui un ruolo lo ha sicuramente l’issuance pesante in settimana, ma forse vi possiamo leggere anche un moderato recupero delle attese di crescita, eventualmente anche alla base della maggior resilience dell’azionario continentale
**  brusco cambio di marcia anche da parte dei BTP nel pomeriggio. Alla forza può aver contribuito in parte la smentita da  parte di Di Maio delle  indiscrezioni della Stampa ( ++ Di Maio, mai chiesto dimissioni Tria ma trovi risorse ++ ), ma in realtà ad alcuni operatori è  sembrato che una robusta stop loss su una posizione corta (25.000 lotti in acquisto secondo alcune fonti) sia transitata sul mercato. A 230 lo spread è  ai minimi da  inizio agosto.

Dalle mosse delle prossime ore (conferma del summit vs contro rappresaglia di Trump) dipende almeno in parte la  tenuta del sentiment odierno. Se i colloqui vengono confermati,  il newsflow sul trade potrebbe smettere nel breve di essere un ostacolo, e  i fondamentali potrebbero riprendere il sopravvento.

Sul fronte tecnico, l’Eurostoxx future ha avuto ragione della resistenza in area 3340-50,  e sopra questo livello sembra ben impostato per continuare il  recupero.