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Giornata assai opaca, quella odierna sui mercati, di quelle che rendono estremamente arduo scrivere commenti coerenti. Proviamoci lo stesso.
Le minute FOMC, ieri sera, si sono rivelate prive di spunti interessanti. Nella discussione hanno trovato spazio sia aspetti positivi (il momentum dell’economia) che rischi (trade), nonchè la solita discussione sull’appiattimento della curva come segnale di recessione. In realtà un rialzo dei tassi a settembre resta una quasi certezza. Dovremmo ottenere maggiori informazioni dagli interventi a Jackson Hole (Domani abbiamo Powell, la Mester e Bullard, più il Governatore della Bank of Canada Poloz).
Wall Street ha chiuso pressochè invariata, e la seduta asiatica non ha a sua volta trovato una direzione convincente. Uno spunto finale ha permesso a Shanghai di chiudere marginalmente in positivo, ma questa volta sono state le “H” shares ad andare in controtendenza. Non ha aiutato uno Yuan per la prima volta in calo dopo 5 sedute in recupero, un eventuale reminder a Trump di quali sono le armi in mano alla Cina, mentre sono in pieno svolgimento gli incontri tra gli Sherpa delle 2 amministrazioni a Washington. Oggi tra l’altro entravano in vigore i dazi sui restanti 16 bln di beni cinesi, e relativa rappresaglia. Per il momento le indiscrezioni segnalano che la probabilità di un qualche risultato concreto è trascurabile, ma nessuno si aspettava granchè.
Moderatamente positivi gli altri principali indici ad eccezione di Sydney, frenata dalla crisi politica in cui versa il Governo. Moderato recupero per il PMI flash manifatturiero giapponese (52.5 da 52.3).
L’apertura europea è avvenuta con un tono incerto, e lo sguardo rivolto ai PMI flash Eurozone.
Il dato composite europeo è uscito in marginale rialzo (54.5 da 54.3 e vs attese per 54.5). A frenare il dato aggregato, il comparto manifatturiero (54.6 da prec 55.1 e vs attese per 55.2) che risente maggiormente del calo della domanda estera, un effetto delle frizioni sul trade. Meglio il settore servizi (54.4 da 54.2 in linea con stime) dalle caratteristiche più endogene. L’impatto degli scontri sul global trade è ben riflesso dall’indice delle aspettative sul business a 6 mesi, che staziona ai minimi da quasi 2 anni (e da 34 mesi per il manifatturiero).
Dal punto di vista geografico, per quel che si può vedere in questa prima release, ha performato bene la Francia (55.1 da 54.4) con accelerazione sia su manifatturiero che servizi. Positivo il consuntivo anche in Germania (55.7 da 55) anche se qua il manifatturiero ha continuato a rallentare e sono stati i servizi a fungere da traino. Confrontando questi numeri col dato Eurozone si evince che nel resto d’Europa è continuato l’indebolimento. Markit osserva che il dato resta coerente con una crescita intorno allo 0.4% trimestre su trimestre, ma sottolinea anche i rischi derivanti dall’outlook per i mesi a venire.
Non che gli asset europei vi abbiano fatto caso più di tanto. Azionario, tassi e divisa unica hanno continuato il loro trading erratico senza prestare particolare attenzione alle news. L’unico sviluppo degno di nota è stato l’evaporazione del rimbalzo dei btp, i quali, avendo esordito coi rendimenti in calo, hanno bruscamente invertito la marcia in tarda mattinata. Nessuno motivo particolare dietro al movimento, al di la della continua comparsa, sui media finanziari, di nuovi pezzi che sottolineano il percorso accidentato della legge di stabilità, e i fondamentali deboli del paese.
News macro non troppo ispirate anche negli USA oggi. Se le richieste di sussidi alla disoccupazione continuano a stazionare sui minimi dagli anni ’70, il PMI di agosto è sceso (55 da 55.7) grazie ad un calo sia del manifatturiero (54.5 da 55.3) che dei servizi (55.2 da 56). Il report resta coerente con una crescita attorno al 2.5% annualizzato. Il quadro è completato dal “miss” delle new home sales di luglio (anche se giugno è stato rivisto al rialzo), e dalla moderazione del Kansas Fed di agosto (14 da 23 di luglio). In generale, segnali che l’economia US sta decelerando dal ritmo frenetico di questa primavera – inizio estate.
Anche qui la reazione del mercato è stata modesta ed effimera: un breve ritracciamento del dollaro, una buona apertura di Wall Street, che può essere eventualmente ascritta alla speranza che l’attenuarsi nella forza dei dati renda Powell più accomodante sabato al Jackson Hole. E’ durata poco, e gli indici si sono reinseriti nel range delle ultime ore (meno di mezzo punto di range per S&P 500 ed Eurostoxx 50 tra ieri e oggi). Uno degli aforismi della finanza recita “never sell a dull market”. Chissà se in questa occasione si rivelerà valido.
Scarsa la reazione anche dei tassi, pressochè stabili sia in US, che in Eurozone core, mentre tra i periferici si fa notare solo il moderato allargamento dello spread btp, contenuto da un tenue recupero finale della carta italiana.
Un po’ di movimento in più sui cambi, ma, ironicamente, non nella direzione indicata dai dati. Il Dollar index ha preso a salire a metà pomeriggio europeo. Coerentemente, gli emergenti, che avevano figurato similmente ali indici dei paesi industializzati fino a quel momento, hanno perso marcatamente terreno (MSCI EMG future -1.3% mentre scrivo).
Personalmente, non mi aspetto particolari fuochi artificiali da Powell al Jackson Hole domani, ma l’impressione è che il mercato sia innervosito dall’incombere di quest’appuntamento. Vedremo.
Sul fronte tecnico, con le small cap che hanno già segnato nuovi massimi in settimana e l’S&P 500 che dopo averli fatti nel durante martedi, accumula sotto la resistenza costituita dalla chiusura del 26 gennaio (2873 punti circa), mi pare interessante il quadro presentato dal Nasdaq 100 (al momento in lieve controtendenza). L’indice, dopo avere fatto nuovi massimi a luglio, si è incuneato in un consolidamento a triangolo, dal quale sembra sul punto di evadere. Con l’indice che scambia sopra tutte le medie mobili, e il supporto della trendline da aprile scorso, il quadro esprime una preferenza per una rottura rialzista. Stiamo a vedere.