Lampi di Colore – 29 Giugno 2015

La vicenda greca conserva una tendenza preoccupante a volgere al peggio, spesso proprio quando il buonsenso indicherebbe che ci si è incanalati verso una soluzione, per lo meno temporanea.
L’abbandono del tavolo delle trattative e la convocazione di un referendum nazionale sull’accettazione dell’ultima proposta EU da parte di Tsipras getta il paese e il continente in acque inesplorate.
Sulla consistenza morale di un leader e di un partito che, dopo aver allettato l’elettorato con la prospettiva di una permanenza nell’€ liberi da debito e austerity, lo gravano della responsabilità di decidere, in appena una settimana, a quale dei 2 pilastri della piattaforma elettorale rinunciare, soprassediamo. 
Resta da capire cosa hanno in mente i nostri eroi, avendo gettato, con una mossa che sa di premeditato, il loro paese nel caos. Già, perchè, com’era prevedibile (almeno questo) i leaders EU e l’ECB non hanno aderito alle richieste di parte greca di tenere aperto il programma fino a dopo il referendum, e dare alle banche greche la liquidità necessaria per restare aperte. L’aver dato corda alla tattica dilatoria di Tsipras e Varoufakis gli è già costato un incremento dell’esposizione di 40/50 miliardi (attraverso l’aumento dell’ELA).
E’ bastato un tetto all’ Emergency Liquidity Assistance a causare la chiusura delle banche (apparentemente fino al 6 ma poi dipende dagli sviluppi) e l’istituzione di controlli sui capitali. E’ evidente che l’impatto sul morale della popolazione e sull’economia di questi provvedimenti sarà devastante. Niente stipendi, pensioni razionate, prelievi razionati, stagione turistica con ogni probabilità distrutta solo per citare alcuni degli effetti.

Conscio che applicare il buonsenso a questa situazione si è dimostrato fin qui assai  poco remunerativo (appena la settimana scorsa davo un  80% di probabilità ad un accordo, convinto che Tsipras volesse evitare proprio ciò che sta scatenando), mi azzardo a fare un paio di ipotesi:

  1. Tsipras sta cercando di salvarsi politicamente, facendo scegliere al popolo di accettare la proposta, in modo da poter dire che lui avrebbe seguito il suo programma ma ha preferito di far trionfare la democrazia. Come ha osservato lo stesso Varoufakis all’Eurogruppo, un accettazione dell’accordo avrebbe avuto vita dura in parlamento. Ma se è il volere del popolo, non c’è parlamento che tenga. In altre parole Tsipras chiede al popolo di legittimarlo a violare la sua piattaforma elettorale.
  2. Tsipras  vuole effettivamente attribuire all’EU la responsabilità di un default greco, ed eventuale uscita dall’€. Una versione ancora più suggestiva di questa teoria vuole che Tsipras abbia avuto fin dall’inizio l’intenzione di far uscire la Grecia dall’€, ma conoscendo l’orientamento dell’elettorato si è fatto eleggere promettendo la permanenza nella divisa unica, salvo poi mettere il paese di fronte alla scelta, invitandolo a respingere la tirannia, e facendosi scudo del fatto che, secondo lui, non è in ballo la permanenza nell’€.

Ritengo il caso 2 leggermente meno probabile del caso 1, ma a questo punto non mi meraviglio più di nulla. Spettacolare la faccia tosta con cui il Premier Greco ha detto alla popolazione che i depositi non corrono alcun rischio.

A questo punto cosa ci aspetta? Domani con ogni probabilità avremo un non pagamento all’EFSF, che metterà l’ECB in condizione di chiudere l’ELA.
Lo faranno? non credo. Dopo aver rifiutato la proroga e indotto la bank holiday e i controlli di capitali, si tratterebbe di un atteggiamento eccessivo, che gli inimicherebbe ulteriormente la popolazione. Tanto ormai l’esposizione è quella, e non può più salire.
A breve avremo i primi sondaggi di opinione. Ovviamente Syriza si affanna a dire che NON si tratta di un referendum sulla permanenza nell’€, ma solo sull’accettazione delle proposte, mentre l’opposizione e i leaders europei gridano a squarciagola che è in gioco la prima.
Cosa farà la popolazione? Con le banche chiuse, con ogni probabilità senza stipendi (come fanno le aziende private – ma anche quelle pubbliche – a pagarli? come fanno loro a prelevarli?). Con il cash razionato a 60 € al giorno (anche le pensioni,contrariamente alle indicazioni di stamattina) e il rischio che anche questo rivolo si esaurisca, una volta finite le riserve delle banche (2 miliardi secondo i media locali). Con la prospettiva di vedere devastata una delle poche risorse nazionali (la stagione turistica agli inizi). Con il rischio di una deriva fuori dall’€ che veda il paese pricipitare in una depressione.
La mia impressione è che la paura dovrebbe far premio sull’orgoglio e i “si” dovrebbero vincere. A settembre scorso, in una situazione assai meno stressata, il peso dell’incertezza e la campagna terroristica del governo inglese hanno fatto optare la popolazione scozzese per la non scissione, nonostante alcuni sondaggi avessero assegnato la vittoria del si qualche giorno prima.
Va detto che diversi commentatori di origine greca stanno invitando alla cautela. Il ragionamento retrostante questo pessimismo è in sostanza che larghe parti del popolo greco versano in uno stato di pressochè totale indigenza e disperazione, e non hanno nulla da perdere. Oltre a ciò, tra austerity e una recessione praticamente certa da un lato , e il default dall’altra, manca loro una prospettiva rosea a cui aggrapparsi, per non cedere al risentimento, che Syriza sta cavalcando. Non si tratta di uno scenario da escludere purtroppo.

Per cui, pur ritenendo più probabile un “SI”, attendo i primi sondaggi e resto in generale cauto.
Molto dipenderà da come l’EU e l’opposizione interna si muoveranno. Spetta a loro di bilanciare l’informazione sul significato del referendum. Sinceramente, mi attenderei che l’EU si adoperi per fornire all’opposizione qualcosa con cui scardinare l’impianto di Tsipras. Una promessa di piani di investimento, di un tavolo di trattative sul debito, qualcosa con cui dare speranza. Me lo auguro anche per il popolo greco, che affronta una punizione tremenda. Vedremo cosa sapranno fare.

Ovviamente, una vittoria del “si” lascia aperti vari problemi:

  • Chi tratterà con l’EU e si impegnerà a ottemperare agli impegni? Non certo Tsipras la cui affidabilità è completamente compromessa. Serviranno altri interlocutori, il che implica una caduta del governo (il che apre anche la questione se il popolo greco vorrà sfiduciare nei fatti Tsipras a favore dei vecchi volponi dell’opposizione o di un governo di unità nazionale o di natura tecnica).
  • Quante delle misure istituite potranno essere smantellate in tempi brevi? Togliere i capital controls potrebbe implicare, dopo lo spavento, la volatilizzazione di tutti i depositi restanti.

Insomma questa mossa inattesa ha peggiorato significativamente le prospettive della crisi.

Veniamo alla reazione dei mercati. Personalmente non la definirei scomposta, ma nemmeno cosi flemmatica come la definisce qualcuno.
In Asia la sopresa ha deragliato gli sforzi della PBOC per supportare Shanghai. La Banca Centrale Cinese ha tagliato tassi e riserva obbligatoria per alcune banche nel week end, ma le borse locali hanno perso oltre il 3% dopo una seduta estremamente volatile. Quasi lo stesso ha fatto Tokyo, che ha sofferto anche un balzo dello Yen, storico termometro della risk adversion. Intorno al -2% gli altri indici dell’area, a eccezione di Mumbay (-0.75%):
Comprensibilmente da brivido le aperture europee, col BTP Future sospeso e l’azionario in calo del 6%. Buono il recupero dei bond periferici dai minimi di seduta, ma l’allargamento dello spread BTP è comunque robusto (+36 bps a 158) grazie anche ad un discreto calo del rendimento del benchmark tedesco (-12 bp a 0.79%). L’azionario si è issato su fino a -2.7% per poi perdere nuovamente terreno nel pomeriggio (Eurostoxx -4.2% in chiusura). Pesante Milano (-5.2%) gravata dalle banche. In generale non lo definirei panico, ma nemmeno una performance tranquilla, essendo solo al primo giorno. La discreta tenuta dei bonds si deve alla presenza della rete di sicurezza ECB.
E l’€, dopo aver esordito sotto 1.10 contro, con grande soddisfazione dei vari strategist impegnati a mettere target al ribasso, ha invertito la marcia per chiudere in rialzo (1.125 mentre scrivo) mostrando per l’ennesima volta che la risk adversion genera vendite di $, largamente presente sui portafogli, e acquisti di €, di cui gli investitori continuano ad essere scarichi.
La tenuta della divisa unica, insieme con la compostezza della price action e il disinteresse per l’oro, dimostra a mio parere che al momento non si percepisce rischio sistemico, e quindi non vi è fuga dall’€ e verso i safe heavens (anche il rafforzamento del franco svizzero è modesto, appena uno 0.2%). Quello che si nota è una robusta riduzione dei rischi di portafoglio.

Chiudo con 2 rapide considerazioni.

  1. Anche nello scenario peggiore, concordo con chi dice che il contagio sarà ridotto. Avremo volatilità, ma nulla che si possa paragonare a 2009 e 2011. Certo, il consenso ha preso sottogamba questa crisi, e se avremo evoluzioni ulteriormente negative, vi saranno tensioni. Ma L’EU e l’ECB hanno i mezzi per contrastarle, e la direzione del ciclo è opposta ai 2 periodi citati.
  2. Al momento lo scenario prevede il referendum, ma i colpi di scena in questa crisi sono stati frequenti e rilevanti. Chissà che altro ci aspetta nei prossimi giorni: riaperture delle trattative, crisi di governo (Su alcune testate si ipotizzano manovre per spodestare Tsipras). Intanto domani avremo, se non erro, una manifestazione a favore del “si” organizzata da New Democracy. Vediamo che successo riscuote.