Continuano le prese di beneficio a livello globale… Dollaro in recupero…

Lampi di Colore 909

NB: Lampi salta 2 giorni e torna Lunedi 11 

E due. Per la seconda seduta questa settimana,  ieri sera Wall Street non è riuscita a conservare i guadagni iniziali, ed ha chiuso sui minimi di seduta. Si tratta di un evento alquanto raro di questi tempi.
Se lunedi l’euforia iniziale post approvazione misure fiscali al Senato era stata travolta dalle prese di beneficio sul Nasdaq, ieri non abbiamo nemmeno questa scusa. Certo, in molti avranno notato la sberla  presa dal rame (-4.5%), generalmente considerato un termometro della crescita globale, e in particolare del  ciclo cinese. A parte ciò, abbiamo avuto modeste delusioni dall’ISM non manufacturing di novembre (57.4 da 60.1 vs attese per 59), e un aumento del deficit commerciale US di ottobre. Circa il primo, si può  dire che resta su livelli elevati,  e che il calo, presente anche nei sottoindici, riflette soprattutto la fine delle distorsioni dovute agli uragani. Sul secondo, dovuto ad un accelerazione delle importazioni, si può ipotizzare un modesto impatto negativo sul  GDP del trimestre.
Anche l’ultimo focolaio geopolitico nato intorno allo spostamento dell’ambasciata USA a Gerusalemme non ha forse aiutato  il risk appetite. In generale, l’azionario US aveva recepito molto bene il newsflow sui progressi del fiscal bill al Senato e un po’ di “sell the fact” in questo contesto non è particolarmente sorprendente.

L’Asia recentemente aveva già mostrato di trascinare i piedi quando Wall Street tirava, e, coerentemente, ha reagito alle sue crescenti difficoltà con un tonfo. Tokyo ha salutato con la peggior seduta da 8 mesi l’apprezzamento dello Yen. Ma non è che la parte emergente dell’area abbia fatto molto meglio. Perdite oltre il 2% per Hong Kong e HSCEI, mentre Shanghai ha contenuto le perdite a frazioni di punto grazie ad uno dei suoi soliti misteriosi recuperi finali (SHCOMP ha recuperato l’1.2% nell’ultima ora) che fanno sospettare interventi dei veicoli statali (o magari avvengono proprio in virtù di questa aspettativa, frutto di qualche rumour infondato).

Relativamente alla debolezza degli emergenti (in particolare asiatici ma non solo) si possono fare 2 osservazioni:

1) parte del nervosismo del mercato si può far risalire all’importante serie di dati macro cinesi che inizia domani con il dato sulle riserve valutarie di novembre (utili per valutare l’eventuale ripresa di fughe di capitali e/o necessità di sostenere la divisa). Venerdi abbiamo la bilancia commerciale novembre, sabato  il CPI, seguiti la settimana prossima da aggregati monetari e di credito e produzione industriale, retail sales e investimenti. Vista l’aria che tira sul macro cinese da qualche settimana (vedi anche crollo rame) il nervosismo è giustificato.
2) Gli emergenti sono la terza classe di asset a vedere prese di beneficio nell’ultimo periodo, tra quelle che hanno estremamente ben figurato nel 2017. Abbiamo visto gli investitori passare all’incasso prima su Tokyo prima metà novembre, e poi Nasdaq e azionario emergente a più riprese negli  ultimi giorni.

L’azionario europeo non poteva, per caratteristiche sue tipiche (è restato tra i mercati più volatili) schivare la risk aversion, e  infatti l’apertura è stata pesante,  anche a causa del necessario catch up con Wall Street, scesa ieri dopo la chiusura.
A gravare sul sentiment  la difficoltà  di alcuni tecnologici (Infineon, STM) e le nuove difficoltà sul fronte Brexit. Dopo i “volemose bene” con cui i leaders si sono lasciati lunedi, la  soluzione della questione dei confini irlandesi si fa evanescente, vista la  linea dura mostrata dal DUP.
E poi,  la   compressione dei rendimenti causata dalla risk aversion generale ha il consueto effetto sulle banche.
Detto questo, l’azionario continentale sembra poter contare su un insperato aiuto dal cambio. Già, perchè se sull’equity US vediamo prese di beneficio dopo le news fiscali, il dollaro sembra, infine, giovarsene un po’. Lo si è notato anche ieri quando il dollar index è marginalmente salito nonostante i dati US un po’ sotto attese, e lo si è visto nuovamente oggi, quando il biglietto verde non è arretrato nonostante la risk aversion e il generale  calo dei tassi US (solo lo Yen fa meglio tra le  principali divise).
E poi, a impedire la consueta underperformance dell’Europa nelle fasi di volatilità, c’è il fattore “mean reversion”, ovvero il potenziale riassorbimento di almeno parte della performance relativa vs US illustrata giorni fa.

Cosi gli indici europei, pur largamente negativi per tutta la giornata, hanno performato meglio di quanto ci si sarebbe attesi in queste circostanze, e hanno recuperato parecchio terreno quando Wall Street ha si è  issata marginalmente in positivo, il Dollaro ha dato ulteriori segnali di ripresa, e l’€ è tornato sotto la soglia di 1.18. Qualche aiuto può  essere venuto dalle aperture dell’EU (*EU OFFICIAL: JUNCKER SUPPORTING MAY TO HELP AVOID GOVT COLLAPSE,) ad una May sempre più in ambasce per l’assenza di progressi a fronte di una deadline in avvicinamento  (14-15 dicembre -Summit EU).
Dove la risk aversion ha fatto sentire il suo morso è sui tassi, con i rendimenti core ancora in significativo calo, e gli spread periferici in allargamento.
Oltre ai citati dati in Cina,  la settimana si chiude con il labour market US di novembre in uscita venerdi, con attese di 195.000 nuovi occupati (oggi ADP in linea a 190.000) e 4.1% stabile di disoccupazione. Attenzione ai salari orari.